UE, economia circolare e riduzione rifiuti

Nell’Unione europea si producono ogni anno più di 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti e la UE sta aggiornando la legislazione sulla gestione dei rifiuti per promuovere la transizione verso un’economia circolare entro il 2050, in alternativa all’attuale modello economico lineare. L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo e riutilizzando i materiali nel ciclo produttivo.

Nel voto del 9 febbraio 2021, il PE ha richiesto norme più severe sul riciclo con obiettivi vincolanti da raggiungere entro il 2030 per l’uso e il consumo di materiali e l’impronta ecologica dei materiali. Il pacchetto stabilisce due obiettivi comuni per l’Union europea. Il primo è il riciclo di almeno il 55% dei rifiuti urbani entro il 2025. Questa quota è destinata a salire al 60% entro il 2030 e al 65% entro il 2035. Il secondo obiettivo è il riciclo del 65% dei rifiuti di imballaggi entro il 2025 (70% entro il 2030) con obiettivi diversificati per materiale. Attualmente viene riciclato solo l’1-5% dei metalli rari utilizzati nell’industria dei telefoni cellulari, come tungsteno, cobalto, grafite e indio. L’80% dell’inquinamento ambientale e il 90% dei costi di produzione sono il risultato di decisioni prese nello stadio di progettazione del prodotto.

Basti pensare al settore tessile, che la fast fashion (moda veloce), consente sì una disponibilità costante di nuovi stili a prezzi molto bassi, ma ha portato a un forte aumento della quantità di indumenti prodotti, utilizzati e poi scartati. La produzione tessile usa molta acqua, senza contare l’impiego dei terreni adibiti alla coltivazione del cotone e di altre fibre, globalmente 79 miliardi di metri cubi di acqua nel 2015, mentre nel 2017 il fabbisogno dell’intera economia dell’UE ammontava a 266 miliardi di metri cubi. Alcune stime indicano che per fabbricare una sola maglietta di cotone occorrano 2.700 litri di acqua dolce, un volume pari a quanto una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo.

L’economia circolare passa attraverso una drastica riduzione dei rifiuti a favore di una transizione ecologica nell’ambito del green deal. Il PE ha già promosso la strategia europea per la plastica nell’economia circolare, con l’eliminazione graduale delle microplastiche. I rifiuti dell’industria dell’imballaggio in Europa hanno raggiunto un livello record nel 2017. Le nuove regole mirano a garantire che tutti gli imballaggi del mercato UE siano economicamente riutilizzabili o riciclabili entro il 2030. I rifiuti urbani rappresentano il 10% delle 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno nell’Unione europea, nel periodo 2005-2018 la quantità media totale dei rifiuti urbani pro capite nell’UE è diminuita. Tuttavia, con variazioni di tendenza tra i paesi membri: in alcuni la quantità media totale dei rifiuti urbani pro-capite è aumentata (Cechia, Danimarca, Germania, Grecia, Malta), mentre altri paesi hanno registrato delle diminuzioni (Bulgaria, Paesi Bassi, Romania, Spagna e Ungheria). L’Italia produce 499 kg. di rifiuti a testa mediamente, con un conferimento in discarica del 26% del totale dei rifiuti prodotti. Lo smaltimento in discarica è quasi inesistente nei paesi del nord-ovest dell’UE (Belgio, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Germania, Austria, Finlandia), che gestiscono i rifiuti urbani soprattutto attraverso l’utilizzo di inceneritori e metodi di riciclo. La Germania e l’Austria sono in cima alla classifica dei paesi che riciclano di più. Nei paesi dell’est e sud Europa l’utilizzo delle discariche rappresenta ancora il metodo principale per la gestione dei rifiuti. Per Malta, Cipro e Grecia più dell’80% dei rifiuti finisce in discarica; per Bulgaria, Croazia, Slovacchia e Romania più del 60%; per Spagna e Portogallo circa il 50%). Altri stati membri (Estonia, Lussemburgo, Francia, Irlanda, Slovenia, Italia, Lettonia, Lituania) smaltiscono circa un terzo dei rifiuti nelle discariche, ma usano anche gli inceneritori e riciclano più del 40% dei rifiuti domestici (escluse Estonia e Lettonia). Tra il 2006 e il 2017 l’uso delle discariche è diminuito notevolmente in Estonia (60 punti percentuali), Finlandia (57), Lettonia (64), Lituania (65), Slovenia (69).

La lotta ai rifiuti passa attraverso la lotta all’attuale sistema di obsolescenza programmata, la mancanza dei pezzi di ricambio spinge le persone ad acquistare nuovi prodotti piuttosto che ripararli. Il 59% dei consumatori non è a conoscenza del fatto che il periodo di garanzia legale nell’UE è di almeno 2 anni. Secondo un sondaggio dell’Eurobarometro il 77% dei cittadini UE prova a riparare i propri oggetti prima di comprarne di nuovi. Uno smartphone dura fra uno e due anni. Secondo una relazione del Servizio di ricerca del Parlamento europeo anche i piccoli elettrodomestici, i giocattoli e i vestiti hanno vita altrettanto breve. I computer portatili invece, le biciclette e gli indumenti sportivi non vanno molto meglio e solitamente vengono sostituiti dopo tre o quattro anni. I rifiuti elettronici sono la categoria di rifiuti che cresce più velocemente nell’UE e di cui si ricicla meno del 40%. I grandi elettrodomestici, come le lavatrici e le stufe elettriche, sono tra i rifiuti più raccolti e rappresentano oltre la metà di tutti i rifiuti elettrici ed elettronici raccolti. Seguono le apparecchiature informatiche e di telecomunicazione (computer portatili, stampanti), le apparecchiature di consumo (videocamere, lampade fluorescenti) e i pannelli fotovoltaici nonché i piccoli elettrodomestici (aspirapolvere, tostapane). Tutte le altre categorie, come gli attrezzi elettrici e i dispositivi medici, rappresentano in totale il 7,2% dei rifiuti elettronici ed elettrici raccolti.

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