Un duro colpo per Trump
Il Senato USA ha evitato di condannarlo, ma l’ex Presidente sfuggirà meno facilmente dalle mani della Giustizia. La Corte Suprema (la “sua” Corte Suprema, che aveva riempito di “amici”) ha rigettato all’unanimità l’ultimo appello dei suoi legali, diretto a evitare “in extremis” l’obbligo di presentare alla Procura Generale di New York le dichiarazioni fiscali di Trump e altri documenti finanziari rilevanti degli ultimi 10 anni.
Si tratta di una lunga e sordida storia. Durante la campagna elettorale, Trump aveva promesso, se eletto, di rendere pubbliche le sue dichiarazioni fiscali, come avevano fatto tutti i suoi predecessori, da Carter in poi. Ma durante tutto il suo mandato si è invece pervicacemente rifiutato di farlo, anche di fronte a ingiunzioni giudiziarie, usando, con successo fino ad ora, tutte le manovre legali concepibili. Ora la Corte ha messo il punto finale alla storia e dichiarazioni fiscali e altra documentazione finanziaria dell’impero trumpiano dovranno essere sottoposti dai suoi contabili al Procuratore Generale di New York, Cyrus jr. Vance, per l’indagine penale che egli ha da tempo aperto per una serie di reati, dall’evasione fiscale alla frode, passando per le più dubbie e spericolate manovre finanziarie, il tutto per anni e anni, anche durante il periodo alla Casa Bianca.
L’indagine era partita originariamente dal pagamento fraudolento (attraverso false fatture di un suo legale) a due donne che avevano accusato Trump di violenza. Che questo personaggio avesse molto di sudicio da nascondere in vari campi, era chiaro dalla sua stessa resistenza a dare conto dei suoi affari, ma per quattro anni si è riparato dietro lo scudo della regola che vieta di perseguire penalmente un Presidente in carica. Ora questo scudo è caduto. La scusa accampata dai suoi legali era stata quella che la divulgazione delle sue faccende private avrebbe costituito un impedimento allo svolgimento delle sue funzioni presidenziali, ma questo argomento era stato rifiutato dalla Giustizia dopo che il New York Times aveva reso pubbliche decine di dichiarazioni fiscali e documenti finanziari di Trump, rivelando tutte le sue manovre, le sue porcherie, e anche la massa di debiti accumulati, rendendo così le sue vergogne private di dominio universale.
Ora il seguito è nelle mani della giustizia di New York. Va detto che ciò non augura bene per l’ex-presidente, perché è una città a prevalenza democratica e lo stesso Procuratore Generale è un democratico di pura fede, figlio di un ex Segretario di Stato di Jimmy Carter e certo pochissimo disposto a fare sconti a Trump. La macchina della giustizia americana è lenta, i “passaggi” che deve attraversare un procedimento, specie penale, sono vari e complessi. Sarebbe comunque giustizia se Donald Trump, dopo una vita passata a sfuggire alle conseguenze delle sue azioni – da ultimo, dopo lo scandalo del 6 gennaio scorso, per ragioni meramente politiche e di parte – fosse chiamato finalmente a pagare il conto.
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