L’inutile strage

Dopo tredici giorni di stragi, il conflitto tra Hamas e Israele si è formalmente concluso con un cessate-il-fuoco, che lascia dietro di sé morti e distruzioni, e nessuna soluzione di fondo. Israele è riuscito certo a distruggere parte della forza militare dell’avversario, a colpire il sistema di tunnel sotterranei ed ucciso alcuni capi di Hamas, perciò Netanyahu può fingersi soddisfatto. Hamas, per parte sua, può considerarsi anch’esso soddisfatto,per essere riuscito a ottenere una tregua negli attacchi di Israele.

Da quello che si può capire, il cessate-il-fuoco è stato deciso a Tel Aviv a seguito di un fermo intervento del Presidente USA Biden, che ha rotto il preoccupante stallo della diplomazia manifesto all’inizio. Se è così, bene per Biden, che ha mostrato di muoversi con moderazione ma con autorità, agendo da pompiere, non da incendiario, come avrebbe fatto Trump. Ma il problema di fondo resta intatto, tutt’al più Israele ha guadagnato qualche anno di sicurezza in più. Le ragioni di odio tra estremisti israeliani e palestinesi restano vive, almeno finché il governo di Tel Aviv (se il capo dell’opposizione, Lapid, riuscirà a formarlo) adotterà una linea meno provocatoria e se la Corte Suprema opererà con saggezza. Hamas resterà in controllo di Ghaza, anche se indebolita e, con l’aiuto dell’Iran, ricostruirà poco a poco le sue forze.

Secondo una sentimento diffuso tanto tra palestinesi che fra gli israeliani, si tratta solamente di una pausa, un rinvio, in attesa di un nuovo motivo di conflitto. Questa triste meccanica, priva di qualsiasi prospettiva politica di lungo termine, continuerà a riprodursi, in assenza di un’iniziativa veramente seria della Comunità internazionale (cioè, a chiare lettere, di Stati Uniti ed Europa) diretta a costruire una situazione, se non perfetta, almeno un po’ più stabile.

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