Spagna, 18 luglio 1936

Sono trascorsi esattamente ottantacinque anni: era infatti il 18 luglio del 1938 quando in Spagna un gruppo di ufficiali tentò un colpo di Stato che, invece di essere rapido come nell’intenzione degli autori, dette il via ad una guerra civile che andò ben oltre i confini iberici.

Il conflitto originariamente era tra una fazione nazionalista guidata da una giunta militare da una parte mentre dall’altra il governo eletto pochi mesi prima. La ribellione mosse dall’Africa: il piano operativo iniziò con la ribellione di parte dell’esercito di Stanza in Marocco e pian piano si allargò all’intero paese. Le forze repubblicane resistettero e, sulla carta, i due schieramenti si equivalevano. Il conflitto si protrasse fino al 1939, quando il comandante delle forze nazionaliste, il Generale Francisco Franco, entrò a Madrid. Da questo episodio iniziò una dittatura che terminò solo nel 1975 alla morte del Caudillo con la restaurazione della monarchia spagnola.

La dittatura di Franco aveva sicuramente molte caratteristiche in comune con quelle realizzate da Hitler e Mussolini rispettivamente in Germania e in Italia, pur tuttavia non scendendo in guerra al loro fianco nel secondo conflitto mondiale ma supportandole nella logistica. Chissà come sarebbe andato l’esito della guerra se Franco avesse fatto altre scelte.

Il regime fascista italiano e quello nazista, prendendo le mosse dall’assassinio del monarchico J. Calvo Sotelo intervennero prima in forma più riservata appoggiando i militari ribelli che aderirono al “pronunciamento” del generale Francisco Franco e, successivamente, in maniera diretta anche con l’invio di aerei che permisero ai rivoltosi di trasferire sulla penisola l’Esercito d’Africa; in questa maniera le truppe più efficienti, che iniziano ad avanzare verso Madrid.

Mussolini dette inoltre il suo supporto alla fazione di Franco durante la guerra civile, inviando un corpo di spedizione formato in gran parte da volontari sotto la guida del generale Mario Roatta. Questi, successivamente, fu oggetto di vicende giudiziarie connesse al suo ruolo nella difesa di Roma (venne condannato all’ergastolo in primo grado e prosciolto in Cassazione) e ne venne chiesta l’incriminazione in Slovenia per crimini di guerra, accusato tra l’altro della morte di 4.500 persone in un campo di concentramento.

In Spagna ebbe al suo comando fino a ventimila militari che trovarono sull’altro lato del fronte altri italiani che si erano uniti, anche loro volontari, alle forze repubblicane. Infatti, la Spagna, fino ad allora caratterizzatasi per un sostanziale isolazionismo dalle vicende politiche europee che la avevano portata alla neutralità durante la fine del primo conflitto mondiale, attirò l’attenzione di molti che, probabilmente, trovarono in quella guerra civile la prima opportunità per combattere attivamente i regimi autoritari dei loro paesi.

Dai dati che è possibile raccogliere sembra siano stati almeno quattromila gli italiani che imbracciarono le armi per difendere il governo legittimo con l’appoggio, tra gli altri, anche dell’Unione Sovietica. Il primo reparto italiano fu la Colonna Italiana, fondata, tra gli altri, da Emilio Lussi e Carlo Rosselli, poi vittima di un complotto fascista insieme al fratello, che coinvolse il futuro leader repubblicano Randolfo Pacciardi che già aveva ipotizzato la creazione di una brigata italiana non basata su ideologie politiche per combattere il fascismo. Fu lui il Comandante che caratterizzò l’attività della brigata Garibaldi in Spagna.

Il Partito Comunista fu presente con il ruolo attivo di Palmiro Togliatti, ma anche Luigi Longo, Pietro Nenni e Giuseppe Di Vittorio dettero il loro contributo. Anche molti anarchici si arruolarono per combattere contro le truppe guidate da Franco.

Seppur caratterizzato da un regime di armonia, nel fronte antifascista non mancarono contrasti e divergenze interne, specie tra comunisti e anarchici, che ne indebolirono l’azione. Inoltre, se la guerra civile spagnola segna una prima generale mobilitazione delle forze antifasciste in Europa, il patto di non aggressione tra Germania e Urss del 1939 ne determina una secca una battuta d’arresto per ordine dello stesso Stalin ai comunisti europei. L’azione comunista riprenderà solo dopo l’aggressione tedesca ai danni della stessa Unione Sovietica, e il successivo impegno di Stalin al fianco delle democrazie occidentali.

Si trovarono a combattere su fronti opposti quasi certamente sapendo che stavano sparando su dei connazionali. Sicuramente per molti una scelta dolorosa, ma che anticipò di pochi anni quella che, quasi tutti gli italiani, dovettero fare dopo l’otto settembre del 1943.

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