Gattopardi si nasce

«Roma ladrona Roma puttana, Roma vecchia meretrice e anche Roma cocainomane. Insomma ce l’ha tutte. Un terreno fertile per i vizi, per i falliti che vogliono apparire non falliti, per i quasi famosi, i portatori sani di comparsata televisiva, i tronisti rintronati.

E adesso, dopo “La grande bellezza”, tutto questo è stato ancor più sottolineato. Sembra quasi che Sorrentino abbia girato il film seguendo una sceneggiatura scritta da Dagospia. E, naturalmente, gli americani hanno goduto. Perché questo è quello che accade di noi. Le cose peggiori ci connotano, dalla mafia in giù. E il caro Sorrentino Paolo ci ha messo il carico.

A me non è piaciuto per nulla il film. Mi hanno fatto pena tutti i personaggi, non nego che a Roma giri gente del genere, donne con i canotti al posto della bocca ancora in cuor loro disperatamente giovani e malamente cornute in cerca dell’uomo che le mantenga. Conosco finte bionde che convivono da tempo con uomini che disprezzano ma che sono portatrici sane della sua carta di credito. Ho incontrato alcune persone della categoria quasi famosi che, forti di 5000 amici su Facebook, pontificano e diventano per la cerchia di fan di terza classe idoli da seguire. Ho visto, in posti dove mi vergogno di essere andata, tronisti all’opera in cerca di vecchie signore, pardon diversamente giovani signore danarose.

Insomma una parte di Roma è così. Ma non è tutta. E invece si esce dalla visione del film e si comincia a scorrere la rubrica del telefono per rassicurarsi e vedere i nomi delle tante persone normali che si conosce: il direttore di un giornale perbene, la professionista perbene, la notaia perbene, la cantante perbene, declinati al maschile e al femminile. Se non vuoi incontrare i puttanoni e i marchettari, basta non frequentare certa gente, che, chissà come mai, ruota sempre intorno al business del cinema.

E poi, ho letto con orrore che qualcuno ha fatto il paragone con Fellini e lì mi si sono agitati i cromosomi. Fellini era Fellini. Anche lui amava i fenomeni da baraccone e dipingeva nei suoi film nani e ballerini; ma lui aveva qualcosa che Sorrentino non ha: la misericordia, l’occhio benevolo che guarda e non giudica, che accetta l’essere diverso anche all’eccesso. E, altra differenza importante, Fellini amava Roma, sul serio. Sorrentino non mi sembra proprio.

Ma ora tutto il mondo di Fellini è passato, dopo i Gattopardi sapete bene quali animali sono arrivati. E non ci resta che rivedere Amarcord e piangere.»

©Futuro Europa®

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