I Pandora Papers

Qualche anno fa, il mondo della politica e delle finanze fu scosso dai “Panama Papers”, una serie di documenti che provavano l’esistenza di centinaia di società “off-shore” create per occultare grandi patrimoni e sfuggire al fisco di molti Paesi. Le rivelazioni, opera di un gruppo di giornalisti investigativi indipendenti, fu una specie di terremoto che mise in pericolo, tra l’altro, varie carriere politiche anche di primo piano. Poi, come sempre succede, il rumore a poco a poco si spense, grazie anche a batterie dei migliori avvocati e al fatto che, in generale, avere società e conti “off-shore” non è di per sé un reato, ma tutt’al più solleva problemi di ordine fiscale.

Ora, una nuova ondata di rivelazioni è stata resa pubblica dallo stesso gruppo di giornalisti, con il nome di “Pandora Papers”. Le società “off-shore” appaiono spesso legate a transazioni di dubbia legalità. Le liste complete degli interessati non credo siano state pubblicate, ma molti nomi sono filtrati: soprattutto grandi uomini di affari inglesi, russi e argentini (c’è anche un membro del governo di Londra, nella cui sontuosa villa di Marbella è stato ospite Boris Johnson). Il nome più grosso è però quello del Presidente cileno Piñeira, accusato tra l’altro di illeciti commessi nella vendita di una sua azienda. Di italiani, apparentemente ci sono per lo più allenatori e altri personaggi dello sport, che guadagnano somme, a mio avviso, scandalosamente esagerate.

Di tutto questo non c’è, purtroppo, da meravigliarsi: a nessuno fa piacere pagare le tasse, e i veri ricchi conoscono il mezzo per sottrarsi, o almeno limitare, la rapacità del fisco.

Logico immaginare che anche questo scandalo prima o poi si estinguerà: Piñeira termina il suo mandato presidenziale in novembre e non è, costituzionalmente, rieleggibile. Qualcuno lascerà qualche penna. Ma la maggioranza riuscirà ancora una volta a tirarsi fuori, protetta dalla solita batteria di avvocati ed esperti contabili.

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