La risposta atlantica alla Russia
Mercoledì scorso è stata consegnata al governo russo la risposta alle richieste di Putin sulla sicurezza europea. Il testo non è stato finora reso pubblico, ma a grandi linee il suo tenore è noto: si dichiara una disponibilità a discutere problemi specifici, come il ritiro dei missili dall’Europa e un nuovo accordo di disarmo, e la limitazione di esercitazioni militari NATO-Ucraina, ma si ripete il diniego di accettare l’esclusione in principio dell’Ucraina da una futura adesione all’Alleanza. Nello stesso senso si è espresso il Segretario Generale della NATO, Stoltenberg. Naturalmente, questa risposta non soddisferà il Cremlino, sarà anzi utilizzata da Mosca per indurire la propria posizione e rafforzare i preparativi militari.
A guardarla bene, la questione dell’entrata dell’Ucraina nell’Alleanza appare più una questione di principio che un problema reale. L’adesione di un nuovo Paese membro non è decisa a Washington, ma deve essere l’oggetto del consenso di tutti i 39 membri dell’Alleanza, e della ratifica dei rispettivi Parlamenti (lo stesso vale, tra parentesi, per l’entrata nell’UE) e non penso che paesi come la Germania, la Francia, la Spagna e, ritengo, l’Italia, sarebbero veramente favorevoli. Infatti, sono in corso a Parigi incontri fra rappresentanti francesi, tedeschi, ucraini e russi nel tentativo di districare l’imbroglio attuale. Ma le questioni di principio diventano questioni di puntiglio, di prestigio anche personale, per i leader in gioco, e il rischio sempre presente, è che la situazione sfugga di mano, per l’incapacità di fare un passo di dietro, di “mostrarsi deboli”. Chi ha in mente i giorni convulsi che portarono all’Accordo di Monaco sui Sudeti (un ottimo film di Netflix li ha riproposti) può rendersene conto.
I protagonisti, del resto, questa volta non hanno grandi opzioni disponibili: può Putin perdere la faccia? Può Biden mostrarsi esitante e debole? E d’altra parte, possono, l’uno e l’altro, mettere in conto la possibilità di un vera guerra? E gli europei sono davvero disposti a “morire per Kiev”?
Ciò aiuta a capire che, in questa dura, difficilissima partita, Putin ha in mano le carte più forti, quelle militari, innanzitutto, e quelle economiche: la Russia fornisce un terzo dei bisogni energetici europei, con il suo gas e il suo petrolio. La minaccia di un taglio alle forniture metterebbe l’Europa in una situazione assai difficile (e sta già aumentando a dismisura i prezzi dell’energia). Certo, anche la Russia soffrirebbe per la perdita di un’importante fonte d’ingresso. Ma basterà questa a farla riflettere?
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