La guerra del gas

Tagliando le forniture di gas a Polonia e Bulgaria, Putin ha mosso una pedina importante nello scacchiere, mandando un messaggio ai maggiori Paesi europei perché accettino di pagare in Rubli. Farsi pagare nella propria moneta può sembrare, nel commercio internazionale, un controsenso, che nel caso presente si spiega con il bisogno di obbligare i compratori ad acquistare Rubli sul mercato, se ci riescono, ed aumentarne così il valore, caduto dopo l’imposizione delle sanzioni.

Polonia e Bulgaria sono compratori relativamente minori, e sono in grado di rifornirsi almeno in parte altrove. I grandi compratori sono Germania e Italia e, nonostante gli sforzi dei due governi e della Commissione Europea per trovare fonti alternative, liberarsi dalla dipendenza dalla Russia non sarà né facile né rapido.

Il despota del Cremlino punta ovviamente su questo, contando sull’abitudine degli europei a vivere bene. Per altro verso, però, si tratta di un boomerang. Tagliando le forniture ai maggiori clienti europei, Mosca si priverebbe di una fonte di grandi entrate, quelle che hanno permesso alla Russia di sviluppare la propria economia di consumo e ricostruire una potente macchina bellica. Insomma, una ripetizione della storia di Origene.

Bisogna chiedersi se, alla fine, non converrebbe a tutti trovare una soluzione accettabile sulla maniera di pagamento del gas, pur preparandocisi a sostituire in tempi non eterni il fornitore russo con altri, che pure esistono nel mondo.

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