Purché sia diversity

Ho visto l’Almanacco di Drusilla e l’ho trovato noioso. Drusilla la conoscevo prima del Festival di Sanremo, la seguivo e mi divertivo moltissimo con i suoi teatrini con Ornella o il giardiniere. Mi è sempre piaciuta; una persona di classe, bella e – uomo o donna che sia – una persona vera.

Adesso però è diventata un’icona per forza; qualsiasi battuta, qualsiasi cosa faccia è da mille milioni di like; anche cose banali che non fanno sorridere nemmeno Joker. Eppure, per essere cool ti deve piacere. Boh, e doppio boh. La televisione è al super trash, forse l’unica cosa bella ormai è Techetechetè che ci riporta a un passato un po’ ingenuo ma sicuramente pieno di talenti. Ma vogliamo parlare di Panelli? Va bene siamo nel Jurassico. Ma vogliamo parlare di Paolo Poli? Mi arrogo il diritto di essere una vecchia signora con ricordi belli.

Adesso il pianto. Sono tutte serie di medici o di poliziotti. Per fortuna hanno lasciato un solo prete sennò era da convertirsi al buddismo. Oppure vagonate di serie americane dove non fanno che rincorrersi con la macchina (fatelo un po’ sul muro torto a Roma nell’ora di punta) e si uccidono pim pum pam ogni dieci battute. Sono belli alcuni documentari e risentono del caldo estivo i talk show. Insomma, meglio leggere.

Comunque siamo al momento clou dei miti a casaccio; denominatore comune devo essere diversi, o perlomeno sembrare. Poi il talento se c’è meglio, se non c’è bene lo stesso. Penso a cantanti senza voce ma che con una strusciatina sul pacco eccitano orde di adolescenti. Oppure super tatuati che ormai dispensano pillole di saggezza seduti su vagonate di milioni. Ma va tutto bene, adesso è politicamente corretto. Tranne l’obesità, quella vera però. Non la finta della Incontrada che è in carne ma non certo obesa. L’obesità (non si dice) ma è brutta, non è televisivamente appagante; pochissime le cantanti XXL, appena appena accettate.

La società non è ancora pronta; accontentiamoci degli altri.

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