Philippe Petit sulle Twin Towers

L’ultima moda diventata virale è quella di parlare in corsivo, vale a dire pronunciare parole strascicando alcune lettere. Sicuramente gli autori di quest’ultima genialata avranno il loro quarto d’ora di celebrità, di notorietà sui social, forse anche ritorno economico fino a quando non saranno sostituiti dalla nuova moda del momento.

Apparire, esibirsi, mettersi in mostra sono tutte attività che oggi vengono portate all’esasperazione: se non sei social non esisti, come dicono gli esperti e i consulenti di marketing e probabilmente è vero. Quella di internet è una società della visibilità e si deve fare di tutto per averla.

Chissà, invece, che cosa spinse – proprio quarantotto anni fa, il 7 agosto del 1974 – il francese Philippe Petit a compiere un gesto che, rivisto oggi, ha dell’incredibile ed emoziona ancora di più. È stato definito il più grande crimine artistico del secolo e probabilmente lo è, tenuto conto anche del tempo necessario a pianificarlo e, infine, realizzarlo.

Petit non aveva ancora compiuto venticinque anni, ma da almeno sei, quando le Torri Gemelle erano ancora in fase di costruzione, il suo sogno era quello di attraversarle camminando sospeso su un filo.

Nel 1973 le torri vennero inaugurate dopo sei anni di lavori e sui loro 498 metri caratterizzavano la skyline di Manhattan ed erano da subito diventate uno dei simboli caratteristici di New York.

Philip Petit, fino a quel momento era un artista di strada ma aveva già attraversato, camminando su un filo, la Cattedrale di Notre Dame a Parigi e il Sidney Harbour Bridge; probabilmente era ispirato dal suo conterraneo Charles Blondin che già nell’Ottocento aveva meravigliato il mondo attraversando su un filo le cascate del Niagara, ma di tutte le imprese quella di Petit sulle Torri gemelle resta nell’immaginario collettivo come una tra le più temerarie e, probabilmente, la più spettacolare.

Tutte le sue traversate erano, ovviamente tenute segrete fino all’ultimo per evitare problemi con la polizia e le autorità locali; quindi, possiamo essere certi che non era sicuro di avere il pubblico che oggi sarebbe garantito ad un influencer o un Tiktoker che annunciano con congruo anticipo il loro evento. Inoltre, le macchine fotografiche dell’epoca non erano certo quelle attuali che permettevano centinaia di fotografie o cambio del rollino; quindi, anche la visibilità della storia non poteva certo dirsi garantita.

Pianificazione, complici per portare all’interno il materiale con cui si aiutò e, infine, la mattina del 7 agosto 1974, un cavo in ferro di circa 42 metri venne agganciato tra le due torri e, aiutato solo da un’asta, Petit attraversò il percorso otto volte, senza misure di sicurezza o di protezione, fermandosi, dice una cronaca, solo quando iniziò a piovere e nonostante gli interventi della polizia che, anche in elicottero, cercava di bloccarlo. Venne ovviamente arrestato, ma non perseguito per la visibilità che aveva dato a New York e al suo nuovo simbolo.

Oggi quell’impresa non è ripetibile perché, come purtroppo sappiamo, le due torri sono state distrutte nell’attentato terrorista dell’undici settembre 2001, ma altre imprese possono essere realizzate. Petit ha attraversato le cascate del Niagara e si è esibito senza più bisogno di farlo senza permesso ed è stato chiamato in più inaugurazioni ed ha collaborato con altri artisti, tra cui Sting, Marcel Marceau, Robin Williams.

Non mancheranno artisti (o sedicenti e aspiranti tali) che organizzeranno i loro eventi e performance, ma possiamo essere certi che, prima di farlo, lo comunicheranno su tutti i loro canali social e con ogni altro mezzo possibile. Chissà se qualcuno avrà il coraggio di non farlo sapere all’umanità e vedere solo dopo se il suo gesto avrà riscontro.

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