Schulz e Charlie Brown

Il giorno che venne completata la cappella Sistina o quello in cui Leonardo portò a termine la Gioconda? La data di nascita di Picasso o Raffaello o quella della morte prematura di Caravaggio? Le date storiche dell’arte, qualsiasi tipo di arte, sono troppe per ricordarle tutte o, peggio ancora, per sceglierne una come simbolo.

Proviamo però a farlo e indichiamo il 2 ottobre 1950: esattamente settantadue anni fa, Charles M. Schulz, conosciuto dagli amici come “Sparky”, pubblicò su alcuni quotidiani statunitensi la prima striscia di Peanuts, con il suo protagonista Charlie Brown.

In quegli anni l’ultima pagina dei quotidiani era destinata ad argomenti leggeri e di svago e primeggiavano le strisce disegnate con personaggi che sono passati alla storia del fumetto e dell’arte oltre che del costume.

Dagli anni 30 esistevano le strip settimanali, e la tavola della domenica, di Dick Tracy, Superman, Braccio di Ferro. Supereroi come Buck Rogers e Batman. Avevamo Cino e Franco, uno dei pochi fumetti americani sopravvissuti sotto il regime fascista cambiando il nome dei protagonisti: Tim Tyler Spud. C’erano Mandrake e Flash Gordon e poi poi B.C., The Wizard of Id e Beetle Bailey. In Gran Bretagna Andy Capp (in Italia Carlo e Alice) e Bristow, l’equivalente inglese mai perdente di Fantozzi. Più receni Garfiel; Calvin e Hobbes e l’Argentina, Mafalda. Altro che Greta Thunberg.

Ma i Peanuts di Schulz hanno avuto un effetto e una portata dirompenti non solo per la durata e il successo globale, ma anche per le caratterizzazioni dei personaggi. Chi non è un po’ tira e molla come Charlie Brown e chi non ha, sotto forma diversa, la copertina di Linus a cui aggrapparsi nei momenti di bisogno? Una vera e propria scialuppa di salvataggio in un mare tempestoso. Il carattere bisbetico di Lucy o l’infantile ingenuità di Sally, la sorellina di Charlie Brown li ritroviamo in molti bambini di ieri come di oggi. E chi non si è mai innamorato di una bambina dai capelli rossi?

Schulz li ha cavalcati tutti seguendo normali vicende quotidiane, calandosi sempre nell’epoca del momento e facendo non crescere anagraficamente i suoi personaggi bensì umanamente. I Peanuts hanno attraversato mezzo secolo di guerra fredda, di movimenti politici e sociali, di cambiamenti che hanno visto il telefono di casa sostituito dal cellulare, ma sono sempre rimasti sé stessi, eterni bambini fuori ma adulti dentro.

L’ambientazione delle vicende di Charlie Brown, sempre citato con il suo nome e cognome, hanno portato Umberto Eco a sbilanciarsi sostenendo che “Il mondo dei Peanuts è un microcosmo, una piccola commedia umana sia per il lettore candido che per quello sofisticato.” Probabilmente un qualcosa che ha messo d’accordo tutti. Gli adulti? Ci sono; esistono. Ad iniziare dal papà di Charlie Brown, barbiere come quello di Schulz; Miss Othmar, l’insegnante di Linus di cui lui si innamora perdutamente.

Con gli anni i personaggi nuovi si affiancano ai vecchi e assume un ruolo di protagonista la supersportiva sempre vincente Patty Peppermint sempre a fianco dell’austera Marcie. Il piccolo indefinito uccelletto Woodstck ha sempre più spazio e lo ha accanto all’altro eroe della striscia: Snoopy.

Un cane che ha ben poco dell’amico fedele dell’uomo e molto di un essere umano ed è caratterizzato da una fantasia di cui vorremmo chiedere al suo autore la giustificazione. Dall’asso della Prima guerra mondiale a Joe Falchetto (Cool, il freddo) e autore di improbabili romanzi sempre rifiutati. Terrorizzato dal gatto dei vicini e sempre in attesa dell’ora di cena. Non vi ricorda qualche vostro conoscente?

Un tratto minimale ed essenziale ha caratterizzato una storia editoriale che dura fino alla morte di Schulz che si congedò dal suo pubblico lasciando alla macchina da scrivere di Snoopy, già in epoca di computer, il suo testamento a oltre trecento milioni di lettori e decidendo che nessuno avrebbe più scritto le “sue” storie.

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