Cronache dai Palazzi
Il dramma dei migranti che si è consumato sulle spiagge di Cutro in Calabria spacca il panorama politico. L’immagine del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in silenzio, di fronte alle bare in fila nel Palazzetto dello Sport di Crotone racconta più di molte parole. Un gesto forte e silenzioso per l’appunto, perché in certe situazioni il silenzio è doveroso. È la presenza dello Stato lì e quando lo Stato deve esserci.
Il presidente Mattarella rappresenta un interesse nazionale che va (e dovrebbe andare) oltre le polemiche, alla ricerca di un simulacro di unità e con l’obiettivo di abbassare i toni, in quanto il naufragio di Cutro è un episodio che “non può lasciare nessuno indifferente”. Il capo dello Stato assicura “pieno sostegno” ai familiari delle vittime e sottolinea che “si occuperà della condizione degli afghani che sono richiedenti asilo”, definendo la situazione “prioritaria”.
È essenziale inoltre “un forte impegno della comunità internazionale per le cause alla base dei flussi dei migranti” e, nel contempo, è “indispensabile che l’Unione europea assuma finalmente in concreto la responsabilità di governare il fenomeno per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani”. Il gesto, l’azione, del capo dello Stato va di certo oltre la valenza simbolica per assumere una valenza politica e profondamente umana, tesa a sottolineare i valori fondamentali del vivere civile, animato da un profondo attaccamento alla reputazione del proprio Paese.
Nonostante le polemiche, a proposito dei soccorsi e riguardo alle parole del ministro dell’Interno Piantedosi, anche il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ribadito il “nostro dovere morale prima ancora che politico”, per evitare simili catastrofi. Infine, il Colle invita tutti al silenzio almeno nelle ore che corrispondono al lutto, e per rispetto delle vittime. Uscendo dal Palazzetto di Crotone al presidente Mattarella la folla chiede “giustizia”, oltre che dirgli “grazie”. Forse si tratta di una tragedia che “si poteva evitare” e al presidente viene richiesto di “fare qualcosa”.
Ma le polemiche non si fermano, rimbalzano da una parte all’altra e permeano l’intero sistema dei media. La Procura tenta di comprendere le responsabilità di ognuno nell’organizzazione i soccorsi, o meglio del mancato intervento in mare dopo l’avvistamento del barcone da parte dell’agenzia europea Frontex. In sostanza non sarebbe stata avviata alcuna operazione di soccorso, se non quando i tempi erano ormai scaduti. Occorrerà ora ragionare sul carteggio di Guardia Costiera e Guardia di Finanza – registrazioni audio, informazioni ricevute e date via radio, il resoconto delle telefonate partite dall’imbarcazione in mare e dai pescatori a riva – per poter ricostruire i maggiori dettagli dell’accaduto, e poter quindi trarre delle conclusioni. Tra i protagonisti della Guardia Costiera circola comunque la voce che con un intervento tempestivo il disastro si sarebbe potuto evitare.
Sarà ora compito dei carabinieri della Compagnia di Crotone ricostruire quanto accaduto fra le 23.03, quando l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) ha avvistato il caicco proveniente dalla Turchia, fino alle 4-4.10 del mattino quando la barca finisce contro la secca di Cutro aprendosi come un sandwich. Non ci sono comunque reati ipotizzabili anche se i più probabili sono omissione di soccorso e disastro colposo. Come si apprende dalla relazione della Guardia di Finanza, che ricostruisce i fatti dalle 22.26 – il minuto esatto quando Frontex avvista l’imbarcazione turca – fino alle 5.30, “giunti in loco e constatato il naufragio, i militari provvedevano a trarre in salvo i superstiti e recuperare i cadaveri”. Frontex, a sua volta, riguardo all’accaduto, anzi al pre-accaduto, afferma: “Come sempre in questi casi, abbiamo immediatamente informato dell’avvistamento il Centro di coordinamento internazionale e le autorità italiane competenti, fornendo la posizione dell’imbarcazione, la rotta e la velocità”. Secondo Frontex, che non lancia alcuna richiesta o allarme di soccorso, spettava quindi alle autorità “competenti” accertarsi di eventuali criticità. Di conseguenza nella propria relazione la Guardia di Finanza scrive di aver richiesto l’intervento di “unità navali” della Guardia Costiera senza però ottenere alcun riscontro; mentre nel rapporto della Guardia Costiera si legge che “concordavano sulla mancanza di elementi di criticità” con la Guardia di Finanza, e le proprie unità in quel momento (3.48) non “in attività operativa” sarebbero state “impiegate” qualora fosse stato “chiesto soccorso”. Cosa ben diversa dal non aver ricevuto alcun riscontro.
Circa 23 ora prima dello schianto sulle coste calabresi, il Coordinamento Sar (ricerca e soccorso in mare) aveva lanciato un avvertimento chiedendo a tutte le unità di “fare attenzione” avendo segnalato la possibile presenza di un’imbarcazione in “distress”, ossia in difficoltà, nel Mar Jonio; un’informazione comunque senza coordinate precise. Informazione, tra l’altro, non ammessa dalla Guardia Costiera che, a sua volta, ha rimbalzato la palla alla Guardia di Finanza affermando: “Ci hanno chiesto se sapevamo della segnalazione precisando che si trattava di una attività di polizia marittima che per il momento l’attività la stavano gestendo loro”. L’indagine si dispiega alla fin fine su due binari: “polizia” o “attività di soccorso”.
Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, riferirà la prossima settimana, martedì 7 marzo a Montecitorio e mercoledì 8 marzo a Palazzo Madama. Le opposizioni hanno richiamato in Aula anche il ministro Matteo Salvini che dovrà riferire a proposito del ministero dei Trasporti. I due ministri coinvolti dovranno quindi dare “risposta, ciascuno per quanto di sua competenza”, in quanto “i cittadini italiani vogliono e devono sapere con urgenza l’esatta dinamica dei fatti”, ha affermato la capogruppo del Pd alla Camera, Debora Serracchiani. La Lega ribadisce a sua volta che “gli attacchi alla Guardia Costiera sono vergognosi e offensivi”. Per quanto riguarda il Viminale, inoltre, “sulla tragica vicenda di Crotone c’è totale fiducia nell’operato del ministro Piantedosi”, tagliano dal Carroccio. In definitiva la maggioranza fa quadrato e non prevede alcun rimpasto.
È comunque necessario “far luce su una tragedia immane”, ha affermato il presidente della Commissione Affari costituzionali al Senato, Alberto Balboni di Fratelli d’Italia. Erano coinvolti “bambini e persone che avevano diritto alla protezione internazionale. C’è di mezzo la credibilità dello Stato. Non ci possono essere ombre”, ammonisce Balboni intervistato dal Corriere della Sera e aggiunge che il ministro dell’Interno “sta mettendo in pratica ciò che il governo Meloni intendeva fare”, ossia “creare le condizioni perché in Italia si entri regolarmente con i corridoi umanitari. Già sta accadendo, in questi pochi mesi sono arrivate quasi 700 persone che ne avevano diritto”, ha affermato Balboni sottolineando che un “immigrazionismo indiscriminato finisce per favorire il traffico degli esseri umani e mettere a rischio le vite dei migranti”.
Nonostante le visioni contrastanti occorre comunque affrontare il fenomeno e di fronte all’ennesima strage degli innocenti non ci si può di certo voltare dall’altra parte, rispettando “un dovere morale prima ancora che politico” come affermato anche dalla premier Giorgia Meloni.
In visita in India, infine, il presidente del Consiglio sottoscrive un accordo strategico sulla difesa, che favorirà lo sviluppo di joint venture industriali, scambi di informazioni e corsi di formazione congiunti fra le Forze Armate. Ma il carattere della visita non ha assunto solo un carattere militare bensì anche geopolitico e commerciale. In campo vi sono la transizione energetica e le tecnologie di eccellenza; l’Italia aderirà all’Indo-Pacific Oceans Initiative lanciata dal primo ministro indiano, Narendra Modi, che ha accolto Meloni con il picchetto d’onore e la cavalleria della guardia presidenziale.
L’Italia si afferma quindi come pilastro scientifico e la relazione tra i due Stati viene definito “partenariato strategico”, in pratica un upgrading che sia in grado di favorire collaborazioni industriali nel settore della difesa, della transizione energetica, dello spazio, dell’agroalimentare, delle telecomunicazioni e anche nei settori della moda, delle infrastrutture e dei trasporti. Un accordo che assume un significato industriale, commerciale ma anche culturale e politico, che rafforza i rapporti tra i due Paesi dopo alcuni anni di comunicazioni non eccellenti e di incomprensioni anche a causa del caso dei Marò.
Portare la cooperazione ad un livello strategico è nell’interesse di entrambi. In questo contesto India e Italia si promettono collaborazione scientifica, universitaria, industriale, nella ricerca d’avanguardia e nel settore sensibilissimo della difesa. La repubblica indiana ha a sua volta annunciato di voler investire 200 miliardi di dollari in acquisti e produzione di armamenti, e chiede a Roma investimenti nei settori della sorveglianza militare aerea e marittima.
Ad oggi sono circa 600 le aziende italiane presenti in India e il loro fatturato è in continua espansione. In definitiva, la nostra diplomazia e Palazzo Chigi hanno raccolto i frutti di diversi mesi di intenso lavoro che, considerate le prospettive, è destinato ad intensificarsi nel medio e nel lungo periodo. Un futuro tutto da costruire sul piano scientifico e industriale, rispettando le regole di un’impresa che sia più sostenibile, in primo luogo dal punto di vista ambientale.
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