Cronache dai Palazzi

Il Consiglio dei ministri vara il disegno di legge sulla giustizia del ministro Carlo Nordio, dal quale si evince l’obiettivo principale: “più garanzie per chi è indagato”. Otto articoli e varie modifiche a partire dall’abolizione del reato di abuso d’ufficio elogiata dagli amministratori locali mentre il presidente Anm, Giuseppe Santalucia, afferma che “cancellarlo è ingiustificabile” e parla di “piccola riforma”. Santalucia ha inoltre affermato: “Il ministro sembra dimenticare che dopo la riforma del 2020 il reato di abuso d’ufficio punisce la violazione dolosa della legge, fatta per avvantaggiare se stesso o i propri amici o danneggiare altri”.

Per Palazzo Chigi il suddetto disegno di legge segna invece una “svolta garantista” e, mettendo in evidenza lo “squilibrio” tra iscrizioni nel registro degli indagati e condanne, difende l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, per anni considerato un reato contro la Pa. Rimangono gli illeciti in materia di falso, di omissioni di atti d’ufficio, corruzione, peculato e concussione, e le aggravanti specifiche. Per l’articolo 2 il “pm non può appellare contro il proscioglimento per i reati di cui all’articolo 550”. Tale limitazione non può però riguardare i reati più gravi, tra cui quelli contro la persona che generano particolare allarme sociale.

Modificata in chiave restrittiva anche la normativa sulle intercettazioni, vietando la pubblicazione dei colloqui captati, a meno che le intercettazioni di indagati non siano “riprodotte dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzate in dibattimento” e, in ogni modo, sono vietate se interessano soggetti terzi che non sono coinvolti nelle indagini. I colloqui captati potranno essere resi noti solo se citati nella motivazione di un provvedimento e non può comunque esserne rilasciata alcuna copia a chi non è parte nel processo. Sarà in pratica applicato un controllo maggiore per tutelare terze persone non coinvolte. Inoltre, si “amplia l’obbligo di vigilanza del pm sulle modalità di redazione dei verbali delle operazioni, e il dovere del giudice di stralciare le intercettazioni”, definite non pubblicabili.

Il pubblico ministero dovrà in sostanza evitare che, in fase di indagine, diventino di dominio pubblico dati “relativi a soggetti diversi dalle parti”, a meno che non risultino rilevanti per le indagini e, anche giornalisticamente, salvo per una indispensabile e compiuta esposizione dei fatti. Su questo punto è intervenuto per l’appunto l’Ordine dei giornalisti, ribadendo che va “garantito il diritto all’informazione, in particolare sui fatti di interesse pubblico”.

“Nessun bavaglio. Ma l’esigenza di tutelare l’onorabilità”, è la replica del ministro della Giustizia la cui intenzione, e quella del governo, è “intervenire sulla tutela della dignità e l’onore delle persone che vengono coinvolte senza essere interessate alle indagini nelle intercettazioni”.

Modificato il reato di traffico di influenze giudicato “troppo elastico” dal governo. La mediazione è illecita qualora sia finalizzata a far compiere un reato ad un pubblico ufficiale. Punita come in precedenza la mediazione finalizzata alla costituzione di una provvista “in conto corruzione”. Mentre viene eliminata l’ipotesi della “millanteria”. Verranno in pratica puniti coloro che remunerano un pubblico ufficiale convincendolo a compiere atti contrari ai suoi doveri di ufficio, e la pena minima da un anno sale a un anno e sei mesi.

Compare inoltre una norma di interpretazione autentica per cui il requisito di 65 anni come età massima per i giudici popolari della Corte d’Assise vale solo al momento della nomina. In particolare per evitare che in procedimenti per reati molto gravi, come per mafia e terrorismo, siano ritenute nulle le sentenze pronunciate da Corti d’Assise nel quale un giudice popolare abbia superato i 65 anni durante il dibattimento.

Più garanzie, inoltre, a proposito di custodia cautelare. Non si potrà procedere all’arresto in carcere senza prima aver ascoltato l’indagato, applicando quindi il cosiddetto contradditorio preventivo. Ciò sarà possibile se il giudice ritiene che non esista il pericolo di fuga o di inquinamento probatorio, salvo quindi casi di urgenza o ragioni ostative. A decidere l’arresto sarà un collegio composto da tre giudici e non più un giudice monocratico. Un’altra modifica riguarda l’appello per cui il pubblico ministero ritendendo ingiusta una sentenza di assoluzione non potrà più ricorrere in Appello. Palazzo Chigi specifica che si tratta di una norma diversa dall’inappellabilità stabilita per legge.

“Poche ma non buone modifiche”, ha commentato il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, esponendo delle critiche anche nei confronti dell’abolizione dell’Appello contro le tre assoluzioni, oltre al “vuoto di tutela” per l’abolizione dell’abuso di ufficio. “Non sono ammesse interferenze”, è la replica del Guardasigilli Carlo Nordio, che definisce “patologico” il fatto che molto spesso il mondo della politica “abbia ceduto alle pressioni della magistratura”. Per il presidente dell’Anm, sono “parole inaccettabili” e, comprimendo ad esempio il ruolo del pubblico ministero, “si va incontro a una nuova pronuncia di incostituzionalità”. Nordio a sua volta afferma: “Cambieremo anche la Costituzione con l’obiettivo di attuare la riforma Vassalli”.

“La cosiddetta consapevolezza di codesta funzione fa parte del patrimonio etico della nostra nazione”, ha affermato il capo dello Stato, Sergio Mattarella, accogliendo al Quirinale i magistrati ordinari in tirocinio nominati con decreto ministeriale del 23 novembre 2022.

Indispensabile ispirarsi alla Carta costituzionale per rimanere nel giusto evitando il pericoloso pendolo tra giustizialismo e subordinazione delle toghe. È questo il messaggio sostanziale che il presidente Mattarella ha lanciato ai nuovi magistrati in tirocinio. “L’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario da ogni altro potere sono presìdi irrinunciabili e indiscutibili attraverso i quali la giurisdizione può assicurare, senza condizionamenti, l’imparziale applicazione della legge”, ha affermato a chiare lettere il capo dello Stato rinnovando l’invito alla “assoluta sobrietà” nell’esercizio della professione, evitando qualsiasi forma di deragliamento deontologico.

Entrando nel vivo della professione del magistrato, il presidente Mattarella ha affermato: “Dovrete prendere decisioni che incidono sulla vita delle persone, talvolta in maniera drammatica” e, in questa prospettiva, “occorre che questa consapevolezza, accompagnata da un senso di responsabilità, vi guidi sempre”, con la certezza che “la saggezza del diritto” viene sempre in soccorso.

In questo contesto è essenziale operare con assoluta serenità, senza “nessun timore di possibili reazioni di pubblica opinione o di interessi coinvolti”, ovviamente rifuggendo “da ricostruzioni normative arbitrarie, dettate da impropri desideri di originalità o, peggio, di individualismo giudiziario”. Altro fattore fondamentale è la collegialità e quindi “la decisione rilevante è quella che l’autorità giudiziaria nel suo complesso sarà in grado di offrire, non solo quella del singolo attore”, dato che il ruolo del magistrato si svolge “nell’ambito di un sistema ordinamentale e si giova di continue occasioni di confronto dialettico tra gli uffici giudiziari”.

Questa è la prospettiva all’interno della quale operare e che “deve aiutare da un lato a non personalizzare la decisione – mai accanimento per sostenere tesi precostituite – e deve indurre, dall’altro lato, a un’approfondita valutazione del caso concreto per fornire alla decisione un’elevata forza di resistenza nei vari gradi di giudizio”. Tutto ciò alla luce delle contraddizioni che negli ultimi anni hanno attraversato diverse sentenze relative a processi importanti, determinando delle pesanti ripercussioni sulla credibilità del sistema.

Infine, “siate disponibili all’ascolto”, raccomanda il presidente Mattarella ai magistrati della Repubblica, “per poter ponderare la decisione. Coltivando il dubbio anche sulle proprie iniziali certezze, si adottano infatti le decisioni migliori”.

La norma entrerà in vigore tra due anni e nel 2024 è previsto un concorso per l’entrata in servizio di 250 nuovi magistrati.

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