Cronache dai Palazzi

Manovra, fisco, salario minimo, rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale per cui servono almeno dieci miliardi. Nel frattempo, la polemica sugli extraprofitti delle banche arriva in Europa, Francoforte ritiene potenzialmente dannoso il provvedimento sia per l’economia sia per il credito, oltre che contestare il metodo adottato dal governo italiano. La decisione dell’8 agosto non comunicata alla Banca d’Italia sembra non sia stata oggetto di comunicazione nemmeno per la Bce. Il Trattato Ue stabilisce invece che la Banca centrale europea sia “consultata dalle autorità nazionali su ogni progetto di legge” negli ambiti di propria competenza. Fino ad ora la Bce non ha mai risparmiato un proprio giudizio a proposito dei vari progetti di tassazione straordinaria delle banche da parte dei diversi governi europei, più o meno comunicati alle autorità europee. La tassa sugli extraprofitti ha attirato critiche negative anche da parte della finanza internazionale oltre ad aver creato un certo caos in Borsa. Potrebbe inoltre aprirsi una frattura tra Roma e Francoforte. Secondo Salvini e Meloni sono stati i continui e “ingiustificati” aumenti dei tassi di interesse ufficiali decisi dalla Bce ad alimentare smisuratamente i margini delle banche, ai quali si è quindi pensato di dare un taglio. Il parere di Francoforte sul decreto extraprofitti, qualora venisse pronunciato, non dovrebbe comunque contenere indicazioni vincolanti per il governo. Rappresenterà però un ulteriore banco di prova per la maggioranza, all’interno della quale si manifestano pareri discordanti. Mentre Salvini ha rivendicato la norma come misura di “giustizia sociale” Tajani ha invece bocciato le modalità della decisione e, pur affermando di “aver capito le ragioni di Meloni”, si tiene le sue confermando degli emendamenti per apporre delle modifiche alla norma. In pratica “non tassare le banche di credito cooperativo, l’imposta sia comunque una tantum e deducibile”.

Altro nodo da sciogliere il calo della pressione fiscale e quindi la stabilizzazione del taglio del 7% del cuneo, oltre che detassare tredicesime, premi, domeniche e festivi. In definitiva Francoforte ritiene non sia corretto intervenire in maniera autoritaria sui margini di interesse delle banche, anche per non indebolire la loro capacità di reagire ad eventuali choc o comunque eventuali peggioramenti del quadro economico, non impossibili considerata la situazione economica attuale. Un’eventuale tassa per le banche dovrebbe al limite rendere più solidi gli schemi nazionali di garanzia sui depositi e sui fondi per le risoluzioni bancarie, come in Germania e in altri Paesi dell’Eurozona, più che tendere ad obiettivi generali di bilancio. Il decreto italiano si fonda su queste premesse e inizierà il proprio percorso in Parlamento nella seconda settimana di settembre; la Commissione Finanze, a sua volta, dovrebbe procedere a una serie di audizioni ascoltando tra gli altri Banca d’Italia e Abi.

Altra partita aperta è quella dell’Autonomia differenziata che il ministro Calderoli auspica si concluda entro il 2024. In questo contesto non mancano le polemiche delle opposizioni contro il ministro delle Infrastrutture che avrebbe deragliato alcuni fondi del Pnrr dal Sud verso il Nord. Pronta la replica del ministero: “Nessuna operazione cancellata, sono accuse ridicole”, ribadendo l’impegno del ministro Salvini per quanto riguarda il ponte sullo Stretto. Concordano gli azzurri ma, nello stesso tempo, dai vertici di Forza Italia rivendicano: “Noi siamo un partito nazionale, ben radicato al Sud, dove loro stanno sparendo. Abbiamo i nostri governatori, ai quali dobbiamo dare ascolto. Non accetteremo nulla che possa danneggiare alcune regioni per favorirne altre”, partendo dall’Autonomia. Le Europee, inoltre, rappresenteranno un altro terreno di scontro anche se manca ancora un po’. Mentre Forza Italia e Lega difendono il loro 8 per cento o poco più, il partito di Giorgia Meloni sfodera a sua volta il proprio 30 per cento, rivendicando di poter agire anche in solitudine, se necessario.

Per la politica e per il governo si prospetta in sostanza un autunno molto caldo e un rientro dalle ferie alquanto turbolento. “Il nostro primo obiettivo – afferma il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani – resta quello della protezione del potere d’acquisto delle famiglie, e questo significa che nella manovra confermeremo il taglio del cuneo fiscale e le misure di fiscalità agevolata per le tredicesime e per i benefit del welfare aziendale”.

Resta evidente il rebus delle risorse, come reperire risorse strutturali per delle misure che l’esecutivo intende confermare e anche ampliare progressivamente nel corso della legislatura. I proventi che deriveranno dalla legge sugli extraprofitti degli istituti bancari sono inoltre risorse momentanee e passeggere, si riveleranno quindi necessari ulteriori tagli ad esempio al bilancio pubblico e in generale alla spesa considerata improduttiva. Nel marasma estivo, inoltre, Palazzo Chigi rivendica un calo dell’inflazione maggiore rispetto a quello avvertito in altri Paesi dell’Eurozona, una crescita contenuta e ridotta ma non annullata come in Germania, un prezzo della benzina e in generale del carburante che, al di là delle innumerevoli polemiche in particolare di questi giorni, “è il più basso dell’Ue, almeno nella componente industriale”.

Dopo l’estate il Parlamento tornerà a scontrarsi su temi scottanti per la legislatura, non solo l’Autonomia differenziata ma anche il ddl Nordio sulla giustizia incardinato in Commissione a Palazzo Madama. Occorrerà anche affrontare la questione Mes e il salario minimo che tornerà a Montecitorio a fine settembre, quando entrerà in gioco anche il Cnel al quale Palazzo Chigi ha affidato la partita. Il ministro del Lavoro Elvira Calderone sottolinea che “anche la Commissione Ue negli ultimi giorni ha ribadito che l’obiettivo della sua direttiva” non è imporre un salario minimo per legge. Per la maggioranza, in sostanza, la vera necessità è “rafforzare la contrattazione” collettiva e quindi occorre avere “chiara la necessità di non attivare rischi diretti e indiretti che scaturirebbero da una norma. Senza una visione complessiva si rischiano più danni che benefici”, ammonisce Calderone. Nel frattempo, i promotori del salario minimo rendono noto che la raccolta firme a sostegno della proposta ha raggiunto “le 250mila firme” e l’obiettivo è un milione di firme.

“Sarebbe un modo per limitare il potere eccessivo dei datori di lavoro nei confronti dei lavoratori più vulnerabili: giovani, donne e immigrati, che spesso non conoscono bene i loro diritti e pensano di non aver opportunità di lavoro alternative”, afferma l’economista Tito Boeri, già presidente dell’Inps (2014-19). Al contrario del parere del governo, secondo Boeri il salario minimo “rafforzerebbe la contrattazione, che oggi mostra falle vistose: non riesce a raggiungere un numero crescente di lavoratori e anche dove lo fa non sempre garantisce livelli adeguati”. Per quanto riguarda la soglia del salario minimo, invece, “per stabilire la soglia adeguata bisogna incrociare le banche dati Inps, ministero del Lavoro, Istat e Agenzia delle entrate” e non “sparare ora numeri a casaccio”, afferma Boeri intervistato dal Corriere della Sera, sottolineando che il Cnel “potrebbe utilizzare i 60 giorni previsti dal governo per fare l’approfondimento sul livello da fissare”. La questione salariale in Italia è il risultato di “fattori” diversi “che si trascinano da tempo”, tra i quali “i difetti di una contrattazione collettiva che copre sempre meno lavoratori ed è troppo centralizzata in un Paese dove ci sono invece fortissime differenze di produttività”. Ed ancora, il “peso eccessivo del cuneo fiscale” e “la precarietà dei rapporti di lavoro per i giovani e le donne”. A proposito delle donne, in particolare, “c’è un circolo vizioso di basso potere contrattuale delle donne sul lavoro e in famiglia che si autoalimenta. Il salario può contribuire a spezzarlo. Assieme a politiche di conciliazione tra lavoro e responsabilità familiari”. Nello specifico “se si vuole che davvero il Pnrr aumenti in modo significativo l’offerta di asili nido bisogna non solo spendere bene i soldi del Piano, ma anche trovare finanziamenti duraturi per le spese di gestione degli asili”. Per Boeri, infine, il governo sembra procedere nella “direzione giusta” per quanto riguarda il taglio del cuneo fiscale “anche se è modesto perché compensa solo un terzo della perdita di potere d’acquisto dei salari da agosto 2021 e non è strutturale”. Tito Boeri definisce invece “pessime” le decisioni a proposito del Reddito di Cittadinanza. Si preannuncia comunque un autunno di lotta in quanto le opposizioni hanno apertamente dichiarato battaglia a Palazzo Chigi sul tema della retribuzione minima a 9 euro l’ora. Dopo diversi mesi le opposizioni si ritrovano unite sotto un’unica bandiera, tranne Italia viva. Nello specifico i dem puntando sul salario minimo ma anche su sanità e scuola pubblica mirando a costruire il cosiddetto “campo largo” che l’ex segretario Enrico Letta aveva cercato di realizzare. Però “le alleanze non si fanno a tavolino, ma si costruiscono sui programmi”, ammonisce il leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte.

Luci e ombre, infine, sulla manovra 2024 per la quale si dovrà lavorare in autunno. Attraverso la Nota di aggiornamento al Def il governo dovrà definire il perimetro entro il quale verrà scritta, entro il 20 ottobre, la legge di Bilancio 2024. Il debito pubblico italiano, inoltre, continua crescere, a giugno ha sfiorato la cifra record di 2843,1 miliardi. Nel Def di aprile il governo ha comunque previsto per quest’anno un ulteriore +1% per il Pil e un’inflazione al 5,7%.

Nel frattempo, il governo mira a raggiungere entro settembre il patto antinflazione con l’intera filiera dalla produzione alla distribuzione dei beni di largo consumo, con l’obiettivo di far scattare dal primo ottobre il listino dei prodotti con prezzi calmierati, che sarà reso noto attraverso una specifica campagna di comunicazione. Ancora manca però l’accordo con le industrie produttrici. “Le stesse – ha affermato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso – che invece in Francia hanno firmato il patto. Mi aspetto che lo facciano anche in Italia”, ha ammonito Urso sottolineando che “questo governo non accetta ricatti di lobby né di multinazionali: il far west è finito”. In questo contesto sono stati rafforzati i poteri di “Mister prezzi”, in sostanza il Garante presso lo stesso ministero il quale “può convocare il comitato di allarme rapido ogni volta che si verificano crescite anomale dei prezzi e, se necessario, può attivare la Guardia di Finanza e l’Antitrust”, come è accaduto con i distributori che vendevano la benzina a 2,7 euro al litro, anche grazie alle segnalazioni (foto) dei cittadini pervenute sul sito del ministero. Dallo scorso primo agosto, infatti, i distributori sono tenuti ad esporre il cartello con il prezzo medio dei carburanti.

In questo momento i prezzi dei carburanti alle stelle e l’inflazione del cosiddetto carrello della spesa ancora sopra il 10% sono di certo elementi a svantaggio di famiglie e imprese, anche se significano maggiori entrate in termini di Iva e accise, ma si tratta comunque di entrate insufficienti rispetto alle risorse necessarie per sostenere tutte le misure della manovra. Rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale sulle retribuzioni fino a 35 mila euro lordi è tra le azioni più urgenti, se non proprio il segno distintivo, mediaticamente consolidato, della prossima legge di Bilancio e, per attuare il quale, sarebbero necessari circa 10 miliardi. Altri 5-6 miliardi servirebbero per la riforma del fisco con la riduzione a tre delle aliquote Irpef, in aggiunta la detassazione delle tredicesime, dei premi aziendali e degli straordinari. Ed ancora: rifinanziamento del fondo sanitario, trasferimento ai Comuni e primi stanziamenti per il Ponte sullo Stretto per cui sarebbero indispensabili altri 7 miliardi. Senza contare le promesse elettorali in termini di pensioni e misure a sostegno della natalità. Per ora si tratta di calcoli senza calcolatrice, in quanto occorrerà studiare a tavolino le singole manovre tra cui i tagli alla spesa, la spending review e potrebbero entrare in campo anche dei tagli a proposito di detrazioni, deduzioni e altre agevolazioni fiscali (tax expenditure).

L’agenzia FitchRatings dà comunque credito all’Italia, per cui il rialzo della stima sarebbe determinato da un trend migliore per gli investimenti. Si tratterebbe di un segnale di tenuta dell’economia italiana. Nei primi sei mesi dell’anno, inoltre, il gettito delle tasse è salito di circa 13,5 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, registrando circa 3,6 punti percentuali in più. Secondo le tabelle rese pubbliche da via XX Settembre ad incrementare le entrate dello Stato hanno contribuito in primo luogo le imposte sui redditi, sia quelle delle persone fisiche sia quelle delle imprese. Nello specifico il gettito dell’Irpef, con circa 6 miliardi in più, ha fatto registrare un incremento pari al 6,6% rispetto ad un anno fa, mentre l’Ires, l’imposta a carico delle imprese, ha registrato un incremento di quasi un miliardo, in sostanza il 6,9% in più rispetto al mese di giugno del 2022. Anche il gettito relativo all’Imposta sul Valore Aggiunto ha registrato due miliardi in più ma meno delle imposte dirette in termini percentuali (solo tre punti). In calo invece le entrate da accertamento e controllo per quanto riguarda il recupero dell’evasione fiscale.

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