Camera di Consiglio
NESSO CAUSALE E DANNO RISARCIBILE DA PARTE DI UN PRIVATO – Il caso in esame trae origine da una pronuncia di Primo Grado, confermata in Appello, con la quale veniva respinta la richiesta di una donna, volta a richiedere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, come conseguenti a una caduta a terra, occorsa mentre stava camminando lungo il bordo di una piscina situata all’interno dello stabilimento termale gestito da una società.
Secondi i Giudici investiti della richiesta, alla donna non potevano essere riconosciuti i danni poiché la stessa aveva percorso a piedi nudi il bordo della piscina dello stabilimento, bordo che era prevedibilmente e normalmente scivoloso, tanto più in quanto all’aperto, e, pertanto, era stata imprudente in misura tale da escludere il nesso causale astrattamente riferibile al bene di proprietà della società predetta.
La donna ricorreva per Cassazione al fine di vedersi riconosciuta la propria pretesa. La Suprema Corte, riprendendo costante e granitica giurisprudenza, riteneva il ricorso inammissibile. Invero, sanciva la Corte, qualora il comportamento del danneggiato sia incauto, come nel caso di specie, lo stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa gestita così come custodita, o dal comportamento della stessa vittima, oppure ancora se vi sia stato concorso causale tra i due fattori, costituisce una “valutazione di merito da compiere sul piano del nesso causale, sottendendo un bilanciamento con i doveri di precauzione e cautela”.
Sebbene ex lege vi sia un dovere di custodia dei propri beni e chi ne ha la custodia debba rispondere dei danni derivanti dai beni stessi, tale principio va contemperato con il dovere di diligenza e cautela del danneggiato.
In casi del genere, dunque, quando la condotta del danneggiato consista in una causa autonomamente sopravvenuta dell’evento di danno, viene meno il nesso causale con il bene. E ciò accade anche nel caso in cui la condotta del danneggiato possa ritenersi astrattamente prevedibile, ma deve nel contempo essere esclusa e considerata quale “evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale”.
Nel caso di specie, la condotta della donna andava ritenuta imprudente, poiché nel Nostro Ordinamento vige un dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione. L’aver camminato a bordo bagnato di una piscina all’aperto consiste, dunque, in una condotta imprudente che esclude la responsabilità del proprietario del bene.
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