UE, i candidati ai tre ruoli di vertice

I leader dell’Unione europea si sono accordati sui principali incarichi: Ursula von der Leyen per la Commissione europea, António Costa per il Consiglio europeo e Kaja Kallas come Alto rappresentante degli Affari esteri; le nomine di von der Leyen e Kallas dovranno essere confermate dal Parlamento europeo. Costa, ex primo ministro del Portogallo, sarà in carica per due anni e mezzo alla guida del Consiglio. Durante l’ultimo Consiglio europeo, i 27 Capi di Stato e di governo hanno anche approvato l’Agenda strategica, un documento che fissa le priorità dell’Unione per i prossimi cinque anni.

La riconferma della Von der Leyen fa nuovamente saltare il principio dello spitzenkandidat, ovvero il candidato del partito che raccoglie più voti, in questo l’indicazione del PPE era per Manfred Weber; fondamentale in questa virata strategica è stata l’opera di Emmanuel Macron.  La nomina della Von der Leyen presuppone la conferma del green deal, punto forte della sua presidenza passata, ma che avrà certamente notevoli annacquamenti alla luce dei numerosi punti critici emersi e della diversa sensibilità espressa dal nuovo parlamento europeo.

Kaja Kallas (Mrs. PESC, Alto Rappresentante per la Politica Estera) è la prima esponente liberale a ricoprire il ruolo di Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, dopo aver scritto una pagina di storia politica nazionale diventando, nel 2021, la prima donna a ricoprire il ruolo di primo ministro. Estone, 47 anni, è figlia d’arte. Suo padre, Siim, è stato commissario europeo per i Trasporti nella seconda Commissione Barroso, dopo essere stato capo del governo. Decide di seguire le orme del padre, che nel 1994 fonda il Partito riformatore estone (Re), di cui Kaja diventa leader nel 2018.

Alla presidenza del Consiglio Europeo va il socialista Antonio Costa, 62 anni, ha già ricoperto varie cariche politiche, deputato, eurodeputato, sindaco, Ministro della giustizia (1999-2002), ministro degli Interni (2005-2007), e poi primo ministro (2014-2024). A livello europeo è stato membro e vicepresidente nel biennio 2004-2005.

Non sono mancati i distinguo in merito i nomi prescelti, con candidati proposti, e respinti, da Romani e Ungheria, non per niente il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che aveva definito l’accordo “vergognoso“, ha supportato solo l’elezione di Costa, astenendosi su quella di Kallas e votando contro Ursula von der Leyen.

Da sottolineare l’ennesimo fallimento della politica europea del governo italiano in carica, il cui andamento ondivago e spesso in contrasto con le regole europee, basti ricordare la mancata ratifica del MES  e la non applicazione della direttiva Bolkenstein. La presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni si è astenuta nel voto su von der Leyen e ha votato contro le nomine di Costa e Kallas. Meloni ha ribadito la propria contrarietà al metodo seguito nella scelta da parte dei negoziatori di popolari, socialisti e liberali, che avevano preventivamente concordato il pacchetto delle tre nomine il 25 giugno: “Ho contestato la proposta formulata da popolari, socialisti e liberali per i nuovi vertici europei nel metodo e nel merito.”.

Ulteriore aumento della marginalità dell’Italia nei processi unionali, una centralità che esiste solo nella presunzione della premier Giorgia Meloni, ma che non trova applicazione pratica. L’approvazione del governo italiano non era necessaria, le nomine vengono decise a maggioranza qualificata, ma è un’occasione persa con cui si poteva, viceversa, stringere rapporti di comunanza con gli altri grandi attori europei. Se si fosse tenuto conto che per le nomine era necessario ‘solo’ il voto qualificato di 15 Stati su 27 con almeno il 65% della popolazione complessiva, si sarebbe compreso come la decisione presa fosse solo un inutile dimostrazione muscolare, senza averne gli attributi.

Rispetto la posizione del leader della Lega Matteo Salvini non c’era da aspettarsi nulla di diverso da quanto dichiarato dallo stesso: “È un colpo di Stato europeo, e la democrazia ci impone di reagire con tutti i mezzi possibili: come Lega stiamo lavorando per un grande gruppo alternativo che porti nei palazzi di Bruxelles la voglia di cambiamento voluta da milioni di europei. Ennesimo gesto di arroganza e mancanza di rispetto per i cittadini che hanno chiesto il cambiamento da parte di Bruxelles, mentre i burocrati europei hanno riconfermato Ursula von der Leyen in una squadra con la sinistra e i socialisti che hanno fatto tanti danni in questi 5 anni.“. Posizioni che testimoniano sempre di più l’irrilevanza politica della Lega nei contesti europei e spesso nazionali, che si traducono in roboanti dichiarazioni di lotta, cui non seguono mai fatti concreti. Resta da chiedersi fino a quando, e il motivo, per cui gli altri maggiorenti della Lega continuino a farsi guidare da chi ha portato il partito dal 33% al 9%, sulla strada per essere superato anche da una Forza Italia che dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi veniva data per spacciata.

Kaja Kallas ha dichiarato: “Sono onorata del sostegno del Consiglio europeo, questa è un’enorme responsabilità in questo momento di tensioni geopolitiche. La guerra in Europa, la crescente instabilità nel nostro vicinato e a livello globale sono le principali sfide per la politica estera europea. Il mio obiettivo sarà quello di lavorare per raggiungere l’unità dell’Ue, proteggere gli interessi e i valori dell’Ue nel mutato contesto geopolitico e costruire partenariati globali“.

Antonio Costa ha aggiunto: “Dal primo dicembre, come presidente del Consiglio europeo, mi impegnerò pienamente a promuovere l’unità tra i 27 Stati membri e mi concentrerò sull’attuazione dell’agenda Strategica, che il Vertice Ue che guiderà l’Unione europea nei prossimi cinque anni anni. È con un grande senso di missione che assumerò la responsabilità di essere il prossimo presidente del Consiglio europeo”.

Donald Tusk, premier polacco, prima del voto in Consiglio ha postato su X: “Kaja, Ursula e Antonio accettati. Piani di difesa approvati. Soddisfazione. Per la Polonia e per l’Europa. Nessuno rispetta la premier Giorgia Meloni e l’Italia più di me. C’è stata un’incomprensione. Qualche volte servono piattaforme politiche per semplificare il processo. La posizione comune dei tre grandi gruppi nel Consiglio europeo, in cui abbiamo completato i negoziati, è solo per facilitare il processo. La decisione spetta a Meloni e agli altri leader durante la riunione del Consiglio europeo“.

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