Camera di Consiglio

VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE E DIRITTO DEL MINORE – Il caso in esame trae origine dalla condanna di un padre ritenuto colpevole del reato di cui all’ art. 570 bis c.p. (id est violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio), per essersi sottratto all’obbligo di corrispondere la somma mensile di Euro 900,00 a titolo di contributo al mantenimento per la figlia minore.

Emergeva dal quadro probatorio, infatti, come il padre si fosse reso sistematicamente inadempiente all’obbligo di mantenimento della minore imposto dall’autorità giudiziaria. Seguiva la condanna anche in grado d’Appello.

L’uomo, dunque, ricorreva per Cassazione sulla base di vari motivi di censura e, in particolare, assumeva la violazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo, rappresentando che il medesimo stava affrontando un periodo di ristrettezze economiche e che in ogni caso, a seguito della riconciliazione con la coniuge, aveva ripreso la convivenza ripianando i propri debiti.

La Suprema Corte riteneva il ricorso manifestamente infondato. Invero, la tesi secondo la quale non può attribuirsi il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare nei confronti di chi versa in ristrettezze economiche deve ritenersi assolutamente priva di pregio giuridico. Non a caso l’art. 570 bis c.p. fornisce tutela penale all’inadempimento dell’obbligo di natura economica imposto dal Giudice, e ciò a prescindere dalla condizione di bisogno e, ovviamente, dall’entità della somma dovuta.

All’uopo, la Suprema Corte richiamava il proprio costante orientamento, secondo il quale “in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’impossibilità assoluta dell’obbligato di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’art. 570 bis c.p., che esclude il dolo, non può essere assimilata all’indigenza totale, dovendosi valutare se, in una prospettiva di bilanciamento dei beni in conflitto, ferma restando la prevalenza dell’interesse dei minori e degli aventi diritto alle prestazioni, il soggetto avesse effettivamente la possibilità di assolvere ai propri obblighi senza rinunciare a condizioni di dignitosa sopravvivenza”.

Nel caso di specie, non emergeva dal quadro probatorio uno stato di indigenza assoluta tale da esimerlo dall’obbligo di contribuzione al mantenimento della figlia minore, così da farlo ritenere esente da colpa con riferimento all’elemento soggettivo del reato.

In ogni caso, il diritto del minore di essere mantenuto e curato da entrambi i genitori rimane sempre prevalente nel bilanciamento degli interessi in gioco.

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