Esteri

Quale credito dare a Trump

Donald Trump, dopo poco più di due settimane alla Casa Bianca, ha immaginato proposte che vanno ben oltre l’immaginabile rispetto a quello che è l’assetto internazionale e le libertà fondamentali come concepite dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

L’ultima trovata, quella di trasformare le macerie causate dai bombardamenti israeliani in una Gaza-a-Lago, è stata suggerita come l’Aga Khan avrebbe potuto parlare sessant’anni fa della Costa Smeralda. Benché Trump sia stato dalle origini un immobilista, ora è alla guida della più grande potenza militare ed economica del mondo e applicare soluzioni semplicemente imprenditoriali a una tragedia come quella decennale del conflitto arabo-israeliano è una dimostrazione almeno di ingenuità se non di disconnessione dalla realtà. Lo dimostra quando ha affermato anche che tutti ritengono che sia un’eccellente idea.

Su questa premessa quello che ci potremmo aspettare in un quadriennio non è confortante perché bisogna anche tenere conto che, nel suo egocentrismo, Trump non avrà neppure la remora del giudizio dell’elettorato visto che non può essere rieletto per un terzo mandato e che dello stesso Partito repubblicano che lo sostiene non ha grande considerazione.

Questa situazione, tuttavia, non si può imputare ad un solo uomo. L’America profonda lo sostiene e nel caso di alcune sue idee “estroverse” (come quella di deportare nelle carceri del Salvador i detenuti statunitensi più pericolosi; per non parlare della deportazione – non si sa dove – di milioni di Palestinesi) lo può anche apprezzare tradendo principi di cardinali della cittadinanza o dell’autodeterminazione dei popoli che verranno invocati a ragione in qualunque tribunale o Corte internazionale. Tutto a riprova del senso di smarrimento e debolezza che sconcerta il popolo americano che non trova la giustificazione alla sua supremazia tanto da calpestare i fondamenti della morale.

Cominceremo ad ammettere che quel faro guida verso la democrazia e la libertà che per il mondo occidentale è stata l’America, si sta spegnendo. Prima lo capiremo, soprattutto in Europa, meglio affronteremo le sfide del futuro. Non dobbiamo patire il complesso dell’abbandono. Il percorso compiuto dall’Unione Europea e il consolidamento delle nostre economie ci devono dare sufficiente senso di autostima per confrontarci alla pari con tutti i più autorevoli protagonisti della scena internazionale.

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