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Da Gutenberg a Wikipedia
Il 23 febbraio 1455, la Bibbia a stampa di Johannes Gutenberg fece il suo debutto e con essa l’inizio di una rivoluzione che, sebbene poco festeggiata da chi lo scrive, segnò la nascita dell’era della stampa e della diffusione di massa della conoscenza.
Prima di Gutenberg, la conoscenza era qualcosa che si tramandava lentamente, come una segreta ricetta di famiglia, custodita gelosamente tra pochi privilegiati. Ma con l’invenzione della stampa, improvvisamente il mondo si riempì di parole, come un fiume che esonda e travolge tutto ciò che trova lungo il suo cammino. Finalmente, l’uomo aveva a disposizione un potente strumento per cambiare il mondo. A quei tempi, si pensava che la conoscenza, una volta distribuita in modo efficiente, avrebbe sollevato l’umanità. E infatti, in gran parte, lo ha fatto.
Precisiamo. La conoscenza era in mano a chi era in grado di leggere e scrivere e a chi aveva risorse sufficienti da utilizzare nell’acquisto di libri e non solo in generi di sussistenza; ma la possibilità di conoscere era intanto nata. E si è pian piano sviluppata fino a quando è degenerata.
Infatti, è arrivato Internet. O meglio, come lo chiamiamo oggi: la “piattaforma globale della saggezza”. Qui, l’umanità ha avuto l’opportunità di superare ogni limite di informazione, di accedere a tutto ciò che è mai stato scritto, pensato, o sognato fino a dare ad ognuno di noi la possibilità di divulgare senza limiti né controlli il proprio pensiero.
Siamo entrati nell’era dei social media, dove chiunque, dal più grande genio al più mediocre dei critici culinari, ha la possibilità di fare la propria dichiarazione di saggezza a un pubblico globale. E chi lo avrebbe detto che, dopo secoli di tentativi di costruire una biblioteca del sapere, la vera rivoluzione sarebbe stata la possibilità di cliccare “mi piace” su qualsiasi opinione, anche quella più abissale?
Il mondo dell’informazione si è arricchito, certo, ma come spesso accade con ogni grande invenzione, c’è sempre un lato oscuro. Dove una volta ci si sforzava di diffondere la cultura e il pensiero critico, oggi siamo alle prese con un bombardamento incessante di meme, video di gattini, e auto-proclamati esperti di ogni sorta, pronti a spiegare l’universo con una didascalia di 140 caratteri o una storia su Instagram. In qualche modo, la potenza della stampa ha raggiunto il suo apice, ma non nel modo che Gutenberg aveva immaginato. L’era della conoscenza universale, quella che avrebbe dovuto elevarci, ci ha condotto all’abisso della superficialità.
E così, mentre il buon Johannes faceva il suo lavoro, con mani che componevano pagine con una precisione mai vista, oggi noi, in meno di un minuto, possiamo “stampare” qualsiasi idiozia e vederla diventare virale. Forse è il destino della conoscenza: un ciclo senza fine che, partendo da un’invenzione geniale, ci porta a creare mondi paralleli di vuote affermazioni e infiniti rimandi.
La cultura si è democratizzata, ma forse ci sarebbe piaciuto che fosse rimasta un po’ più elitaria, almeno per non dover assistere a un video di danza sulle note di “What is Love?” come se fosse un’opera d’arte.
La verità è che, come spesso accade quando la tecnologia ci offre nuove opportunità, finiamo per sprecare le nostre chance, trasformando la potenza della conoscenza in un mercato di chiacchiere senza fine. In fondo, Gutenberg ci ha dato la possibilità di leggere, scrivere, pensare. Noi, invece, abbiamo deciso di scrollare.
E se mentre prima avevamo una cultura per persone quantomeno letterate, oggi la sua democratizzazione permette ad ogni analfabeta, funzionale o di ritorno di pontificare dalla sua pagina dove, ahinoi, non si limita a voler sostituire il Commissario tecnico della nazionale, ma offre anche consigli su come curare il cancro con limonata e caffè.
Quanto sarebbe bello tornare a Gutenberg.
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