Grecia, perché non tornano i conti
Banca di Grecia contro Fondo Monetario Internazionale. Nei giorni in cui la troika torna ad Atene per valutare i progressi riformatori imposti dal memorandum, una nuova disputa con gli istituti di credito nel settore bancario e il governo greco è in atto. Il sistema finanziario ufficialmente chiede 6 miliardi di euro di nuovi capitali, mentre i creditori internazionali insistono sul fatto che avrà bisogno di almeno tre volte l’importo. Un’altra discrepanza tra numeri e trend che preoccupa non poco anche la grande stampa internazionale, con Financial Times e Frankfurther Allgemeigne Zeitung che si interrogano, perplessi, su quando ci sarà finalmente concordia tra esigenze reali del Paese e cure imposte dal triumvirato Fmi, Bce e Ue. Al netto di aiuti e politiche di austerità i numeri forniti da premier ellenico Antonis Samaras (avanzo di un miliardo e mezzo) cozzano con lo stato di salute effettivo del Paese, con i rilievi dell’Ocse e dell’istituto di statistica ellenico a lanciare chiari segnali di allarme: aumento della mortalità infantile, record dei bambini malnutriti nei Paesi di area Ocse, ritorno di patologie scomparse come tubercolosi e tifo, difficoltà nell’accesso ai farmaci, imprenditori nuovi poveri con un terzo dei titolari delle pmi che non hanno più accesso ai servizi sanitari di base, come dimostrano vari casi di malati tumorali che sono stati costretti a pagare di tasca propria le costose cure chemioterapiche.
Di contro l’importo di 6 miliardi stimato dalla Banca centrale di Grecia, dopo una analisi del fondo BlackRock e consegnato alla troika prima di arrivare ad Atene, si scontra con la certezza di Fmi, Ue e Bce che nemmeno la metà di riforme che ha promesso il governo greco sono state completate quando invece proprio nei giorni in cui si chiudeva il 2013 tutti gli annunci (governativi in Grecia e di “commissione” Bruxelles) erano orientati a evidenziare (oltremodo?) i progressi greci. Qualche giorni fa l’ormai quasi ex commissario europeo Olli Rehn intervistato dal Welt ha messo l’accento su alcuni errori che sarebbero stati commessi sul caso greco, senza specificare in quale direzione, ma presumibilmente sull’eccessiva fiducia con cui i creditori internazionali hanno proseguito nella strada del memorandum che, accanto all’austerità non ha previsto né politiche industriali di ripresa (valorizzazione delle risorse interne, sfruttamento degli idrocarburi, sviluppo infrastrutturale assumendo personale in loco) ma solo tagli verticali all’intera sfera di diritti. Oggi in Grecia si tassano finanche le auto a metano che nel resto del continente si incentivano, con il risultato che i consumi interni sono crollati e che l’unica speranza vera per il 2014 è che il comparto turistico pareggi i numeri da record dello scorso anno.
La polemica sulla ricapitalizzazione delle banche può aggiungere un altro punto di contesa tra le due parti, e giocherà un ruolo chiave nella prossima puntata di aiuti: sul tavolo i fatti c’è una fiches da 20 miliardi che potrebbe essere giocata o meno dagli attori protagonisti. Ma se da un lato il FT è certo che il fabbisogno di capitale delle banche sistemiche sia proprio di 20 miliardi, dall’altro il governatore della Banca di Grecia, Giorgios Provopoulos, ostenta fiducia nonostante i numeri forniti dal fondo Black Rock siano stati certificati da Ernst & Young e Rothschild. Quella stessa fiducia che nell’estate del 2011, un anno prima che deflagrasse l’eurocrisi, ha impedito che si predisponesse per tempo un piano di intervento che invece dodici mesi dopo è stato incredibilmente emergenziale. E con molti nei, come la chiusura indiscriminata in Grecia di tutte le banche agricole e di credito cooperativo.
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