Sottosegretario Rossi: Crimea, tra interessi strategici e alleanze
La “questione Crimea” e il riposizionamento eurocentrico dell’Ucraina dopo il decennio di Yanukovyc tiene sulle spine le cancellerie di mezza Europa. La Russia, con un intervento unilaterale, ha “blindato” militarmente gli aeroporti di Sinferopoli, la capitale della Crimea, e ha dato il via ad un processo di modifica dell’assetto istituzionale della penisola. Terra di grandi Trattati internazionali e di importanti interessi strategici, la Crimea batte sui tavoli delle istituzioni europee e dalla Casa Bianca sono pronti a capitanare le sanzioni.
“Futuro Europa” ne ha parlato con l’On. Domenico Rossi (già Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata), Sottosegretario alla Difesa nel Governo Renzi e tra i fondatori con Mario Mauro dei “Popolari per l’Italia”.
Sottosegretario, pochi giorni fa il Parlamento di Crimea ha votato l’indipendenza dall’Ucraina. Contestualmente la NATO ha dispiegato aerei da ricognizione Awacs in Polonia e Romania. Turcinov e l’Ucraina non intendono considerare l’intervento militare. Come vede la questione in Crimea e crede possibile l’intervento militare?
La questione tra Russia e Ucraina per il controllo della Crimea, come vede, segue un percorso turbolento e accidentato. Il susseguirsi molto rapido degli eventi porta l’Italia a mantenere alto il livello di attenzione e i continui aggiornamenti sul fronte politico-parlamentare, sia nella regione che in tutta Europa, ci spingono a valutare un quadro geopolitico in continua evoluzione. Francamente non credo che gli eventi sfoceranno in escalation militari. Il referendum del 16 marzo servirà all’opinione internazionale un esito abbastanza scontato. La Crimea conta il 60% di popolazione russofona, donne e uomini per cui la Russia è comunque la Madre Russia. Il referendum porterà alla luce una condizione di fatto, e cioè che la Crimea tornerà ad essere una regione russa. Questo esito scoraggerà da una parte l’intervento militare e dall’altra gli scontri di realpolitick degli stati europei nella regione.
Certo, un intervento anglo-americano non è verosimile. Ma la Turchia come si comporterà? Ricordiamo che il 12% della popolazione è di origine turca e di religione musulmana.
Il ruolo della Turchia in questa partita è importante. L’azione politica del gigante asiatico in Crimea è da commisurare alla dimensione dell’impegno politico che USA e UE decideranno di mettere in campo. Tanto più l’America imprimerà azioni forti e persuasive verso la Russia tanto meno la Turchia sarà chiamata all’intervento diretto. Quanto all’Europa, non ha perso occasione per farsi trovare impreparata. Non c’è una posizione comune e nemmeno una linea unitaria in politica estera. L’Europa è molto debole e Putin, in questa fase, parla solo con la Merkel.
Il presidente pro tempore ucraino, Sergei Turcinov, è volato a Washington da Obama. Il Congresso USA ha votato le sanzioni alla Russia e l’Unione Europea sta preparando un “Piano Marshal” da 1 miliardo per l’Ucraina. Crede che la Russia utilizzerà la leva delle forniture di gas contro i Paesi che voteranno le sanzioni?
Quella dell’esercizio politico e strategico delle fonti energetiche contro i Paesi importatori netti (come l’Italia, ad esempio) è una lama a doppio taglio per la Russia, che Putin dovrebbe valutare con attenzione. La tutela degli impianti e delle pipeline del gas russo in Ucraina è sicuramente un tema all’attenzione del Cremlino. Tuttavia non credo che Gazprom ridurrà le erogazioni. Meno erogazioni significa anche meno fatturato e per un colosso come Gazprom meno fatturato significa riduzione del peso strategico nel mercato di riferimento. Ok l’inasprimento dei rapporti tra Gazprom e Naftogaz [la compagnia nazionale del petrolio e del gas dell’Ucraina, NdR], ma un irrigidimento dei rapporti commerciali con l’UE, alla Russia non conviene proprio.
Parigi e Londra hanno già dichiarato illegittime le votazioni in Crimea. La Germania è volata nel Baltico per rassicurare le repubbliche ex-sovietiche. L’Italia come si sta muovendo?
La posizione del Governo italiano sulla questione della Crimea è ferma al momento antecedente il voto del Parlamento per l’indipendenza. Fino a quel punto l’Italia considerava la propria politica estera in Crimea come volta ad accentuare i principi di sovranità dell’Ucraina sul territorio di Crimea, di inclusività del territorio nella propria competenza e di tutela del rispetto delle minoranze etniche e religiose della penisola. Oggi il quadro è cambiato, la linea va discussa e il Governo vive momenti di grande intensità.
Onorevole Rossi, noi siamo grandi importatori di gas dall’est Europa e usciamo da un ventennio di grande amicizia con Putin. Per lo più, siamo buoni fornitori dell’Ucraina e da essa importiamo più di 2 miliardi di beni siderurgici e agricoli. Crede che lo spostamento di Renzi sull’asse filo-atlantico possa inficiare gli interessi nazionali?
Guardi, su questo le darò una risposta diplomatica. E’ chiaro che in ogni azione politica il Governo tiene ben presente l’entità e il peso degli interessi nazionali. Noi siamo grandi importatori di gas, è vero. E abbiamo anche buoni rapporti commerciali con i Paesi dell’area. Ma allo stesso modo siamo anche partner geo-strategici dei Paesi che oggi si oppongono alla Russia. Muoversi su questo scacchiere non è facile. Ma il Governo, mi lasci dire, in questa fase, sta giocando una partita diplomatica molto delicata. Da una parte, interviene a tutela degli interessi strategici del Paese nella regione eurasiatica; dall’altra, rafforza i rapporti che l’Italia ha con la NATO e le alleanze che da tempo il Paese intesse con i Paesi dell’asse atlantico. Ma come le dicevo, in Crimea, le cose stanno succedendo molto rapidamente.
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