Antagonisti (dell’ordine)
«Ci risiamo. Periodicamente scendono i vandali a saccheggiare Roma. Stavolta niente oche però, lo sapevamo già tutti. Questo perché è ormai palese che le manifestazioni su temi caldi sono per la città un girone dell’inferno di Dante.
Ormai c’è un copione rodato: un gruppo di persone normali che credono che ancora sia importante venire in pullman nella città eterna, armati di panini al salame e mezze minerali lisce, per gridare le proprie ragioni. Importante lo è sicuramente per quegli altri gruppi che, come le zecche nei cani, aspettano le loro schiene pelose per esser trasportati a fare danni: menano e sputano addosso, divelgono tutto quello che incontrano sulla strada, vengono seguiti da fotoreporter e televisioni e nel mezzo del fumo non si capisce più chi è cosa, chi porta cosa. Poi, all’improvviso, il braccio alzato di un uomo con il volto coperto che lancia qualcosa, decide la linea immaginaria tra buoni e cattivi. Questa volta un manifestante ha avuto la mano spappolata da un petardo esploso troppo presto, nel momento del lancio. Il tipo ora vivrà con il moncherino di Capitan Uncino, ma non entrerà nella leggenda; forse la madre diventerà senatore o deputato, chi lo sa. I poliziotti armati di manganello inseguono, i cattivi scappano, poi si fermano e qualche scalmanato lancia. Tutto già visto, tutto già ripetuto.
Io, nella mia veste di cittadina romana chiedo che le manifestazioni siano proibite. E chissenefrega della democrazia. Questa non è democrazia, è licenza di uccidere, non mi state a raccontare di principi e diritti. Io in questo caso voglio sia esercitato il diritto della persona normale alla sua vita normale. Basta con queste manifestazioni di violenza che lasciano a terra gente e danni per milioni.
Certo il governo e la polizia si renderebbero impopolari, ma impopolari per chi? Facciamo un referendum per spostare le manifestazioni in zone decentrate, tipo dove facevano i raduni dei papà boy. In aperta campagna, dove, in compagnia delle pecore potrebbero fare il chiasso che vogliono. Ma forse lì la battaglia non sarebbe abbastanza seguita.
Penso che non sia la nostra democrazia in pericolo, ma solo la nostra vita, il nostro diritto di uscire di casa senza temere una manganellata sulla testa. Sono tempi duri; alcuni ragazzi seguono una nuova moda, quella di picchiare il primo che incontrano e di farsi filmare mentre lo fanno. Ecco. Visto che non è facile difendersi da questa improvvisa follia alimentata dai video giochi e dal desiderio di testimoniare la propria misera esistenza, almeno che lo Stato ci salvi dai vandali esterni, impedendo loro di protestare in quel modo.
Siamo ostaggi di gente che usa la violenza come noi usiamo la cortesia: persone che non hanno principi se non il “tutto e subito” e l’arroganza di perseguirlo a piacere loro. Un fenomeno in crescendo che ci porterà, come nei film americani degli anni ottanta, in una città dove i buoni vivono nelle fogne e i cattivi nei grattacieli.
Forse è ora di fare qualcosa, prima che sia troppo tardi.»
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