Intelligenza artificiale fra cinema e realtà
E’ di fine marzo la notizia che, insieme a due altri noti imprenditori (l’attore Astone Kutchner ed Elon Musk, amministratore delegato della Space Exploration Technologies Corporation nonché co-fondatore di PayPal), Facebook avrebbe investito 40 milioni di dollari in Vicarious, una società americana che si occupa di intelligenza artificiale.
La notizia non è isolata perché un altro gigante dell’IT del calibro di Google ha acquisito a inizio anno Deepmind, una startup inglese che come suggerisce il suo nome si pone l’ambizioso obiettivo di sviluppare macchine in grado di replicare in maniera fedele le tecniche e le tattiche di funzionamento del cervello umano. DeepMind ha realizzato le sue prime applicazioni nel campo dell’e-commerce e c’è già chi giura che dalla sua acquisizione, conclusasi alla cifra-record di oltre 500 milioni di dollari, Mountain View ne trarrà beneficio migliorando ulteriormente il suo motore di ricerca semantico e la sua interfaccia vocale.
Anche il mondo dei social networks che, pur disponendo di una grande quantità di informazioni, è interessato ad esplorare le infinite potenzialità dell’intelligenza artificiale, ma soprattutto a predire i comportamenti degli utenti. E così anche Pinterest ha acquisito la startup VisualGraph, nota per aver sviluppato una piattaforma di riconoscimento delle immagini, e LinkedIn che, avvalendosi dell’esperienza di Bright, intende facilitare la ricerca del lavoro ideale, proponendo offerte in linea con il profilo e le qualifiche dei suoi iscritti.
Tutte queste esperienze ci dicono che l’intelligenza artificiale non è più confinata ai laboratori, ma è molto più vicina di quello che sembrerebbe tanto da essere addirittura diventa materia cinematografica. E’, infatti, in arrivo nelle sale italiane il film “Transcendence”, che vede protagonista Johnny Deep nei panni di uno dei più importanti ricercatori d’intelligenza artificiale impegnato nello sviluppo di un super-cervellone senziente, il PINN (Physically Independent Neural Network). Con questa nuova generazione di macchine, lo studioso ha l’ambizioso progetto di cambiare il mondo, arrivando a conoscere tutto lo scibile umano e oltre. Il film s’interroga se sia giusto porre dei freni al progresso tecnico-scientifico prima che poi sia troppo tardi per pentirsene e imboccare una way back.
Il rapporto uomo-macchina è stato declinato in chiave meno fantascientifica nel film premio Oscar alla sceneggiatura originale “Her” (“Lei” in italiano). Ambientato in un futuro non troppo lontano dal nostro, il lungometraggio narra la storia di un uomo introverso tutto casa-lavoro, che si estranea dai dispiaceri della vita reale per finire d’innamorarsi perdutamente del suo sistema operativo, l’OS1. La figura di Samantha (così si fa chiamare il software) viene umanizzata a tal punto che, per rendere ancora più verosimile il rapporto, viene ingaggiata una “prostituta digitale”. Con questa trama dai risvolti amari, il capolavoro di Spike Jonze invita gli spettatori a riflettere sul peso crescente che una tecnologia sempre più evoluta – capace di progredire grazie all’apprendimento automatico e di emulare i meccanismi di funzionamento della mente umana, emozioni incluse – avrà nelle interazioni interpersonali.
Del resto, senza demonizzare l’intelligenza artificiale, già un secolo fa il grande Einstein metteva in guardia sulle implicazioni di un mondo iper-tecnologico, in cui la componente umana e relazionale rischia di essere sempre più latitante: “Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti”.
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