Iran, graziato in extremis
Il giornale britannico “The Guardian” ha pubblicato online, lo scorso 16 Aprile, una straordinaria foto firmata Arash Khamooshi, dell’Agenzia iraniana Isna: vi si vede immortalato un giovane iraniano, condannato all’ impiccagione per omicidio, gli occhi bendati, la corda già intorno al collo, salvato in extremis dalla madre della sua vittima.
Quest’ultima ha semplicemente schiaffeggiato il ragazzo prima di concedergli la sua grazia, come lo permette la legge iraniana. Il marito gli ha tolto la corda dal collo. Alla scena ha partecipato una grande folla venuta ad assistere all’esecuzione, com’è abitudine in Iran. Nel 2007, Balal, il ventenne condannato a morte, aveva pugnalato Abdollah Hosseinzadeh nel corso di una lite avvenuta tra le stradine della piccola città di Royan nella Provincia Nord di Mazandaran. Secondo la Sharia, la famiglia della vittima partecipa all’esecuzione del condannato e arriva fino a spingere la sedia sulla quale quest’ultimo è posto, la corda al collo, prima di essere impiccato. E’ quindi lei che gli dà materialmente la morte. Ma in questo caso preciso, non è questa la scena alla quale si è assistito. La madre della vittima, in lacrime, ha stretto a sé quella dell’accusato, anch’essa preda di un pianto ininterrotto. La folla in quel momento ha applaudito con grande trasporto l’atteggiamento della famiglia. L’evento è ancora più significativo se si pensa che la madre di Abdollah aveva già perso un figlio, più giovane, ucciso in un incidente di moto quando aveva 11 anni.
Apparentemente la famiglia della vittima non era a favore della pena capitale. Secondo il padre della vittima, Balal “era un ingenuo senza esperienza”, che, durante la rissa avrebbe tirato fuori un coltello, senza neanche sapersene servire. Ha anche precisato che recentemente sua moglie aveva fatto un sogno nel quale Abdollah “gli diceva che lui e suo fratello si trovavano in un luogo sicuro e che non si doveva vendicare”. La pratica dell’utilizzo dei sogni per “giustificare” certe decisioni è abbastanza diffusa in Medio Oriente. Il caso aveva anche sollevato un movimento d’opinione. Numerosi iraniani, tra i quali diverse celebrità, si erano mobilitate soprattutto via Facebook per ottenere la grazia. Negli ultimi tempi, molte campagne sono state organizzate per salvare dei condannati a morte, grazie all’emergere di una classe media attenta ai Diritti Umani e che si esprime soprattutto attraverso i social network. Agli inizi di Aprile, il regista Mostafa Kiaei aveva organizzato a Teheran la proiezione del suo ultimo film “Linea Speciale” per raccogliere fondi e pagare il “prezzo del sangue” e salvare un giovane sconosciuto condannato a morte.
Alcuni elementi gettano però un’ombra su questo gesto di clemenza. Per prima cosa la famiglia avrebbe accettato di graziare il condannato in cambio di 350milioni di toman (87mila euro). La condizione posta era che quest’ultimo non sapesse nulla dell’accordo e che si sentisse “vicino alla morte” prima di essere perdonato. Il denaro è stato raccolto attraverso diverse sottoscrizioni. La famiglia della vittima ha fatto sapere che lo avrebbe utilizzato per aprire una scuola in memoria del giovane Abdollah. Se così fosse, il gesto riacquisterebbe tutto il suo valore. Ma da parte sua, anche se graziato, Balal potrebbe non essere liberato. Secondo la legge iraniana, la famiglia della vittima ha l’ultima parola sull’esecuzione di un condannato, non sulla sua condanna in carcere. Inoltre ricordiamo che con 369 esecuzioni nel 2013, rese note da Amnesty International, la Repubblica Islamica ha ottenuto il record mondiale per quanto riguarda l’esecuzione delle pene capitali, insieme alla Cina e all’Irak, anche se secondo l’ONG, la cifra più verosimile si avvicinerebbe a 700. Centinaia di persone verrebbero uccise in segreto.
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