Thailandia: destituita la Premier, divampa la violenza
Bangkok – Era nell’aria da settimane, si attendeva solo l’ufficializzazione, è cosi andata: la premier Yingluck Shinawatra è stata destituita dalla Corte Costituzionale thailandese per abuso di potere. A suo carico, l’accusa di aver rimosso nel 2011 Thawil Pliensri, ex capo della sicurezza nazionale, rimpiazzandolo con Priewpan Damapong, fratello dell’ex moglie di Thaksin Shinawatra. Naturalmente, Yingluck ha negato ogni evidenza, mentre al suo posto è stato nominato come interim PM il vice premier e ministro del commercio Niwattumrong Boonsongpaisan.
Com’era facile prevedere, i primi segnali di violenza nella capitale non hanno tardato a manifestarsi, con il lancio di una bomba contro l’abitazione di uno dei giudici che ha sentenziato l’espulsione della ex PM. Inoltre i pro-governativi (Red Shirts) hanno già annunciato battaglia per le strade di Bangkok, mentre l’opposizione si è affrettata a dichiarare illegittimo il nuovo governo a interim. Entrambe le fazioni sono pronte a marciare per le strade della capitale, con due grandi manifestazioni previste nei prossimi giorni, e dove con tutta probabilità si assisterà a nuovi atti di violenza.
Due sembrano essere gli scenari futuri plausibili. Il primo è che il PDRC (l’opposizione) riesca a persuadere i militari a intervenire per stanare la mobilitazione delle Red Shirts, in caso contrario si verificherà quasi certamente uno scontro tra i due gruppi che potrebbe sfociare in una vera e propria guerra civile. Il secondo scenario (il più inverosimile) è che la famiglia Shinawatra, in altre parole Thaksin, accetti il verdetto della Corte Costituzionale e rinunci a finanziare una “sanguinosa guerra” che metterebbe a soqquadro Bangkok, con altri focolai di rivolta pronti a esplodere nel resto del paese. In tal caso, si prospetterebbe una quantomeno improbabile quieta transizione verso le prossime elezioni previste a luglio.
In attesa di capire quali saranno i prossimi sviluppi, la comunità internazionale si è espressa chiaramente a favore di nuove elezioni, con il Dipartimento di Stato americano che attraverso la portavoce Jen Psaki ha invitato il governo tailandese a garantire una risoluzione democratica. Anche la comunità economica si auspica una transizione pacifica. Standard & Poor’s ha messo temporaneamente on hold il rating della Thailandia, sostenendo che la mossa della Corte Costituzionale rientrava nelle prospettive previste, ma avvertendo che un intervento militare o un ulteriore deteriorarsi della situazione politica potrebbe portare a un immediato downgrade.
Nel frattempo, gli incubi giudiziari della PM appena rimossa non terminano con l’espulsione dall’esecutivo, infatti, l’attende una nuova sentenza da parte della commissione anticorruzione che nelle prossime settimane dovrà giudicarla nel caso degli “schemi riso”, ovvero un programma governativo che è stato fonte di enormi perdite per le casse dello stato, e attraverso il quale Yingluck avrebbe “comprato” i voti dei contadini del Nord Est essenziali per il suo supporto elettorale. Insomma, la tela si fa sempre più intricata, e si spera in fondo che una soluzione pacifica, magari attraverso elezioni anticipate con nuovi termini, possa alla fine mettere d’accordo tutti.
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