Cronache dai Palazzi
Lo spread scende a 148 punti, il minimo da maggio 2011, ma l’esecutivo arranca. Con le elezioni Europee all’orizzonte tutto sembra ingigantirsi, come la riforma del Senato, che ora slitterà a giugno, e il decreto Lavoro che supera a fatica l’esame di Palazzo Madama, tra le proteste dei pentastellati e vari “no” arrivati da Forza Italia, Lega, Sel e M5S. In particolare i senatori grillini – che si sono ammanettati in Aula indossando una maglietta con la scritta “Schiavi mai” contro quello che hanno ribattezzato “Precari act” – hanno denunciato l’“abolizione della democrazia” e un “Parlamento espropriato di ogni funzione”.
Sembra di stare in trincea, con consultazioni notturne intraprese con l’opposizione berlusconiana che, pur appoggiando i provvedimenti del Governo (quasi non potendo fare altrimenti), minaccia guerriglia, anche se l’ex Cavaliere ha ben poco tempo per pensare al gioco degli scacchi impegnato a districarsi tra tribunali e Servizi sociali.
Renzi afferma di non essere preoccupato per lo spread – che potrebbe tornare ai livelli di un tempo – ma di un facile populismo, anche antieuropeista, che rischia di minacciare la democrazia. A Genova incontrando i ricercatori dell’Istituto italiano di tecnologia – ai quali chiede un Nobel – ribadisce che esiste “un’Italia molto più forte delle nostre paure e più forte dei nostri rancori”. Si tratta dell’Italia “che si alza e va a lavorare”, un’Italia che “non possiamo permetterci di rovinare”, ammonisce Matteo Renzi.
Sul settimanale Time il premier italiano scommette che “il governo andrà avanti fino al 2018, perché la gente sta con noi – afferma Renzi – e stiamo per cambiare davvero il sistema”. Convinto che la strada intrapresa per portare a termine le riforme sia quella giusta, Renzi non disconosce i patti con Berlusconi e lo invita a rispettare l’accordo del Nazareno, ma ribadisce l’assenza di “accordi segreti”, solo “accordi chiari che in altri Paesi sarebbero naturali, visto che è il capo del principale partito di opposizione”.
Nonostante l’ennesimo invito delle istituzioni europee a fare le riforme rispettando le regole di bilancio, Renzi ribadisce che la regola del tetto del 3% introdotta da Maastricht “è anacronistica, pensata 20 anni fa quando l’inflazione era da un altro livello, anche se l’Italia la rispetterà”. Il presidente della Bce, Mario Draghi, ricorda a sua volta all’Italia che nella riunione del consiglio direttivo, prevista per il prossimo 5 giugno, la Bce potrebbe mettere a punto il proprio piano di azione per contrastare gli effetti della bassa inflazione e per sostenere l’economia. “Siamo pronti ad agire la prossima volta – afferma Mario Draghi – dopo però aver visto le nuove previsioni economiche”; i governatori dell’eurosistema che per ora hanno lasciato i tassi invariati allo 0,25% “non sono rassegnati ad accettare l’attuale livello di inflazione”.
Il presidente della Banca centrale europea non è entrato nel merito delle misure straordinarie che potrebbero essere applicate dall’Eurotower – dal taglio dei tassi all’acquisto di titoli pubblici e privati ad una nuova immissione di liquidità destinata alle banche e finalizzata a dare prestiti al sistema delle imprese – ma Mario Draghi ha comunque lasciato intravedere una tempistica, soffermandosi inoltre sui problemi di bassa crescita di alcuni Paesi, Italia in testa. “Bisogna insistere sull’equilibrio dei conti e perseverare sulle riforme strutturali”, ha ammonito Draghi. Le riforme strutturali generano i loro frutti, “come dimostrano i casi di Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda che hanno fatto importanti riforme e vedono chiari segnali di ripresa”. I Paesi “in cui la ripresa è in stallo” devono quindi “perseverare con le riforme, che sono dolorose ma non c’è alternativa”.
Il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, assicura che le riforme strutturali improntate dall’attuale governo “avranno risultati positivi anche in Italia” e per quanto riguarda il rispetto dei patti europei Padoan sottolinea che il rinvio del pareggio di bilancio è stato chiesto a Bruxelles “per il peggioramento del ciclo economico e per poter pagare i debiti della Pubblica amministrazione”. A proposito di crescita, nel 2015 l’agenzia Moody’s stima addirittura una crescita del Pil in Italia fino al 2%, contrariamente al limite dell’1% previsto precedentemente.
In vista delle elezioni Europee, Mario Draghi insiste infine sul dibattito pro e contro la moneta unica che auspica – “Anche questa è democrazia”, afferma Draghi – ma sottolinea che la crisi attuale “sarebbe stata meno severa se ci fosse stata più integrazione”. Questa è la ragione per cui “non bisogna tornare indietro e rinazionalizzare le nostre economie”. L’integrazione portata avanti, “utile per l’efficienza” avrebbe penalizzato “la dimensione dell’equità”, che occorre necessariamente ripristinare.
“La nuova Europa dovrà creare crescita e lavoro” ma “assieme alla stabilità”, ammonisce il presidente dell’Eurotower che ricorda: “Minare la credibilità delle regole esistenti non è mai una buona politica che può generare crescita”. Padoan aggiunge che “un Paese come l’Italia deve ulteriormente dimostrare che è serio sulla strategia di riforma e sull’agenda strutturale”, anche perché il mese di giugno è vicino e in quella data la Commissione europea si pronuncerà definitivamente sulle richieste italiane, con le Europee alle spalle. Si passerà così dall’euforia della campagna elettorale al giudizio, altrettanto destabilizzante, delle istituzioni europee e dei mercati.
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