Diritto all’oblio online: Corte europea vs Google

C’è un caso destinato a fare giurisprudenza. La Corte di Giustizia europea ha, infatti, sancito il cosiddetto diritto all’oblio, pronunciandosi a favore di un cittadino spagnolo che richiedeva la rimozione di un contenuto relativo ai suoi burrascosi trascorsi finanziari. La sentenza con cui è stato ribaltato il precedente pronunciamento sostanzialmente obbliga Google e similari ad eliminare dai suoi risultati di ricerca le informazioni personali per cui si richiede la cancellazione, anche se in possesso di terze parti.

Prima di entrare nel merito della sentenza, occorre fare qualche passo indietro e risalire ai motivi che hanno portato la Corte ad esprimersi in tal senso. Antefatto: nel 2009 un avvocato spagnolo, tale Mario Costeja, si accorge che fra i risultati di ricerca associati alla sua persona compare una nota legale pubblicata sul sito del quotidiano “La Vanguardia”, in cui vengono elencati i suoi debiti. Costeja si mobilita, quindi, per contattare la testata e richiedere la rimozione dei contenuti diffamanti. Al rifiuto del giornale, l’avvocato si rivolge all’Agenzia spagnola di protezione dati, che in virtù dei suoi poteri impone a Google di cancellare il link oggetto della diatriba. A questo punto la palla passa alla Corte, che viene interpellata da Google visto il carattere evidentemente extra-nazionale della vicenda.

A distanza di un anno dal primo pronunciamento, quando l’avvocato generale della Corte aveva dato ragione a Google, è arrivato nei giorni scorsi l’inatteso “ribaltone” che ha stupito tutti e in primis proprio l’azienda di Mountain View che si è detta “delusa e stupita”. Sebbene non sia vincolante, si tratta di un parere molto significativo che si muove nella direzione di una maggiore tutela della privacy, ma al contempo anche verso una dura limitazione dell’attività di “motori di ricerca ed editori online” – come fa giustamente notare un portavoce dell’azienda.

Nello specifico, la Corte europea ha stabilito che gli oltre 500 milioni di cittadini residenti nei 28 Paesi EU possono disporre la cancellazione dei link indicizzati da Google&Co., anche se i contenuti appartengono a terze parti e continuano a essere disponibili sui loro siti internet. Il diritto all’oblio online deve insomma essere garantito dai gestori dei motori di ricerca e non più (o comunque non solo) dagli editori e responsabili dei siti internet come sinora è sempre avvenuto.

Di fronte a questa responsabilità, sarà in pratica il motore di ricerca a dover scegliere se e in che termini accogliere le richieste che gli perverranno dai privati. Nel fare ciò, Google e simili saranno chiamati a dover bilanciare due esigenze importanti quanto delicate: da una parte il rispetto della privacy e il diritto alla protezione dei dati personali (sancito dagli ordinamenti nazionali oltre che a livello comunitario), dall’altra il carattere “pubblico” delle rete in virtù del quale la cancellazione di un link rischia di avere delle ripercussioni sul legittimo interesse degli utenti internet. In caso di mancata risposta, il richiedente avrà comunque la possibilità di ricorrere alla via giudiziaria.

La decisione della Corte rappresenta un’importante vittoria per la Commissaria alla Giustizia Viviane Reding, che in più occasioni non ha mancato di rimarcare la condotta “spregiudicata” delle Global Internet Companies (GIC).

©Futuro Europa®

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