Expo, il mondo a casa nostra

«Le Esposizioni Universali sono mostre espositive di portata internazionale ospitate ogni 5 anni da un paese nel mondo. Lo scopo delle esposizioni universali è quello di promuovere il progresso industriale e tecnologico a livello globale, mettendo in mostra le ultime innovazioni tecniche e scientifiche che in qualche modo possono migliorare le condizioni di vita sociale ed economica del pianeta. La città di Milano, sede della prossima Esposizione Universale del 2015, già nel 1906 ospitò una grande mostra di portata internazionale

Gli EXPO del diciannovesimo secolo facilitarono lo scambio culturale tra i diversi Paesi partecipanti; all’epoca non c’era né internet né la possibilità di muoversi con facilità e di comunicare in modo veloce. Quelle esposizioni furono sicuramente fondamentali per gli architetti perché rappresentarono l’occasione di vedere modelli costruttivi che sarebbero altrimenti solo stati visti su riviste specializzate o messi in mostra in seminari specifici di alcune università. Il tema della casa popolare, argomento d’interesse al primo EXPO di Londra del 1851, fu ben documentato e ci fu anche un settore specifico sulle case destinate agli operai; era la prima volta che una documentazione così circolava in uno scenario internazionale, descritta in modo dettagliato e amplificato.

L’Esposizione Universale di Milano 1906, nota  come la grande Expo del lavoro, nacque con l’intenzione di organizzare una grande mostra internazionale sui trasporti, per inaugurare il  tratto ferroviario Parigi-Milano, in occasione dell’allora appena completato Parco del Traforo Alpino del Sempione.

I temi degli Expo del passato sono sempre stati temi di progresso: le città erano in costruzione, le invenzioni miglioravano la qualità della vita degli abitanti. Poi però il progresso ha creato situazioni di disagio in certe fasce sociali, forse perché non attento alla crescita equilibrata.

Ora, si è dovuto pensare al cibo, perché ci si è “resi conto” di abitare un pianeta dove una metà degli abitanti ha troppo da mangiare, mentre l’altra metà ne ha troppo poca o addirittura muore di fame. Il tema di EXPO 2015 è il frutto del nostro tempo. Abbiamo raggiunto situazioni di grande benessere, viviamo più a lungo e abbiamo sconfitto tante malattie che in passato sono state micidiali; poi però non siamo riusciti ad andare tutti alla stessa velocità: come spesso succede nella storia dell’umanità, non c’è stata una crescita equa ed equilibrata.

Fino a una ventina di anni fa nessuno o quasi di noi si curava di cosa si mettesse in tavola; le etichette erano approssimative e la legislazione ancora farraginosa. Non ci importava nulla di sapere dove fosse stato prodotto il cibo, da che parte geografica arrivasse. E soprattutto chi lo cogliesse o altro. Adesso si analizza il prodotto con cura; il cibo per certi versi è diventato popolare: dappertutto ci sono spettacoli sulla cucina e alcuni chef sono diventati delle star.

Ma il cibo non è solo veicolo di nutrimento, ma anche di conoscenza, tradizioni, ricordi, contenuti affettivi, relazionali, spirituali, simbolici. Per questo l’educazione alimentare è importantissima e il futuro del pianeta deve obbligatoriamente passare attraverso una nuova alleanza fra cibo e cultura.

Sono convinta che in questo momento storico in cui la globalizzazione sta mostrando i suoi aspetti peggiori e più deleteri sia importante tornare a parlare di cultura non solo intesa come conoscenza interdisciplinare o come elemento di scambio e legame tra popolazioni, ma fondamentalmente come piacere delle idee, in un mondo che sembra volerne fare a meno.

Le donne sono coloro le quali hanno il compito naturale della cura del focolare e dell’accoglienza, quindi dell’attenzione al cibo e anche alla sua qualità; in più nella nostra veste di tutrici della famiglia e dell’educazione dei figli, abbiamo il dovere di insegnare loro quale dono prezioso sia l’acqua e il rispetto per essa; insegnare a non sprecare l’acqua è un dovere e cercare di avere culture agricole che siano in grado di crescere con il minimo di irrigazione possibile, è il futuro.

Questo viaggio di sei mesi che faremo attraverso i sapori e le tradizioni di tanti popoli, ci porterà a qualcosa di bello e condiviso; impareremo le une dalle altre e ci aiuteremo a vicenda a migliorarci. E’ questo il tempo di ripescare i buoni sani ingredienti della vita e cucinare il nostro cibo facendo attenzione a quello che metteremo in tavola per i nostri figli. E avremo la stessa cura quando metteremo in tavola per i nostri ospiti; allo stesso modo di quando si fa una torta con la ricetta di qualche vecchia zia o della nonna; tutto ben dosato, oppure tutto a memoria, ma in modo sano, con gesti che sanno di antico, con l’amore che si mette nel fare le cose più semplici ma più importanti. Con il buonsenso della tradizione e con l’orgoglio di accogliere in una terra baciata dalla fortuna, l’Italia, perché ci cresce il grano e l’olivo, di accogliere, dicevo, il mondo. A casa, a casa nostra.»

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