Matteo Forte (PI): non c’è Europa se non Popolare

Crisi ucraina, guerra in Siria, rischi per la sicurezza energetica internazionale, guerra dollaro-euro-yuan, crollo dei mercati interni, disoccupazione alle stelle: serve un’Europa forte, ma riuscirà l’Unione a superare il suo mero profilo monetario per dare compimento politico al progetto comunitario sul quale è stata fondata? E su quali basi, ideali prima che politiche, è possibile dare concretezza al ruolo dell’Europa sullo scenario internazionale? Lo abbiamo chiesto a Matteo Forte, 29 anni, insegnante, sposato e padre di due bambini, Consigliere comunale di Milano e candidato al Parlamento europeo per i  Popolari per l’Italia con NCD e UDC nella Circoscrizione Nord Ovest.

Consigliere, la crisi internazionale ha evidenziato la debolezza del sistema economico europeo, non fondato su una idea politica forte e quindi orientato a difendere la moneta piuttosto che l’economia reale, la produzione, i mercati interni, il lavoro. Per questo hanno buon gioco i populismi: è possibile rispondere alla disaffezione degli elettori con un progetto politico forte? Quali sono le cose da fare per ‘riscoprire’ e finalmente costruire la forza politica dell’Europa?

La crisi, che è in primo luogo economica, ha rivelato un’Europa molto debole e a sua volta immersa in una crisi profonda, non causata dalla situazione recente. La crisi politica dell’Europa esisteva già:  con la crisi economica è soltanto emersa. La soluzione politica alla crisi europea è nel rilancio del Popolarismo, e nella lista unitaria che si richiama al Ppe. Per un’Europa forte è necessaria un’Europa popolare. ‘Popolare’ è infatti la matrice politica di chi ha costruito l’Europa due volte: De Gasperi, Adenauer e Schuman nel Secondo Dopoguerra e Kohl, Havel e Walesa poi.  Oggi l’Europa deve ‘rinascere’ ancora. Ma non sarà Europa se non sarà ‘popolare’.

La crisi economica è anche crisi della spesa pubblica dei paesi europei. La soluzione popolare per imprese, famiglie, scuole, è nel rilancio delle attività che innervano lavoro e servizi, svolte dalle associazioni non profit. Per fare questo è necessario rivedere le linee dell’intervento pubblico, per privilegiare tutte le forme associative orientate al sostegno dei cittadini. In due parole, attuare il sistema dell’economia sociale di mercato ed il principio di sussidiarietà. Bisogna decidere: più spesa pubblica o, invece, sostegno alle realtà sociali che sono in prima linea nella lotta agli effetti della crisi economica?

Quali sono i problemi concreti, reali, vissuti dalla gente, ai quali un’Europa forte deve fin da subito trovare soluzione?

In primo luogo c’è un problema di democrazia: non si può parlare di crescita solo in termini economici e monetari. Se non generiamo di più, non abbiamo fiducia nel futuro e non ci saranno lavoratori. In un’Europa ‘anziana’ l’Italia è tra i paesi più anziani. Questo accade perché politiche di reale sostegno alla famiglia, come quelle di Francia e Germania, noi ce le sogniamo. Per questo una delle prime cose da fare in Europa è far circolare le buone pratiche di politiche familiari e mettere le risorse del Fondo Sociale Europeo a disposizione dei Paesi che intendono adottarli per realizzare politiche a favore della famiglia. Nella realizzazione di questa fondamentale esigenza della persona si trova la soluzione ad un problema centrale di mancata realizzazione della democrazia in Europa. Poi c’è la questione lavoro: da questo punto di vista bisogna proseguire con la ‘strategia Lisbona 2000’, cioè con la costruzione dell’ ‘economia della conoscenza’, puntando su formazione, qualifica dei giovani e dei lavoratori. Anche qui propongo di incentivare politiche di formazione continua, incentivando imprese e istituzioni formative e accademiche a qualificare sempre di più i propri dipendenti.

Qual è il contributo che il Popolarismo, che è alla base della costruzione europea, può dare alla costruzione di un’Europa politicamente ed economicamente solida?

Essere Popolari vuol dire non perdere tempo in fumose discussioni ideologiche. Essere Popolari vuol dire sostenere chi oggi ha il coraggio di avere figli in un’Europa che ha cinquecentosette milioni abitanti, dei quali solo settanta sotto i ventiquattro  anni.

Non c’è Europa se non Popolare. Chi ha fatto nascere e rinascere l’Europa sono stati i Popolari. Per farla rinascere ancora ci vuole la famiglia popolare, che faccia intuire quanto dello spirito originario dei padri fondatori è ancora valido, in particolar modo nella costruzione delle istituzioni politiche legittimate democraticamente, nella convinzione che la cessione di quote ragionevoli di sovranità nazionali coincida ancora oggi con un rinnovato interesse nazionale.

In una recente intervista a Futuro Europa, il Presidente dei Popolari per l’Italia Mario Mauro ha affermato che “in vista delle Europee occorre una presa di coscienza comune fra tutti i popolari, un raccordo anche a livello regionale con tutte le forze che si ritrovano su questi valori. Un’ iniziativa tutt’altro che confessionale: sarebbe anzi il segno di una piena maturità di laici impegnati.” Consigliere, crede che il contributo della componente popolare possa rilanciare, in Italia ed in Europa, i contenuti  che segnano positivamente il rapporto fra i cittadini, la politica e le istituzioni, in particolare la forza unificante nel  principio di sussidiarietà?

Con la presenza come Popolari nella lista unitaria con NCD e UDC, Mario Mauro ed io diamo credito al tentativo di costruire il Partito Popolare anche nel nostro Paese. Lo ripeto: abbiamo la convinzione che o c’è una proposta che si qualifica come Popolare, alternativa alla sinistra socialista, oppure, semplicemente, una proposta non c’è: e allora il vuoto viene riempito dai populisti di turno.

©Futuro Europa®

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