Europopulismo
Parafrasando Marie-Jeanne Roland de la Platière, potremmo dire «Oh Populismo (Libertà in originale), quanti delitti si commettono in tuo nome!». Gli ambiti cui si applica il termine sono variegati, dall’arte alla letteratura, ma sicuramente il campo in cui viene più frequentemente usato è quello della politica. Cosa si intende esattamente? Come definirlo con precisione? Etimologicamente prende vita da un movimento politico russo del XIX secolo, poi ripreso dal People’s Party statunitense. Il Populismo dei tempi moderni identifica uno stretto legame tra il leader e le masse da lui guidate, caratterizzato da ampia retorica, termine che, se rimane vago nella sue identità, è sicuramente destinato a produrre facili entusiasmi. Oltre la ridondante retorica, il populismo punta molto sulla contrapposizione tra i cosiddetti poteri forti, le oligarchie, da una parte, ed il popolino che lavora per mantenere una classe politica pigra e corrotta.
Stati di crisi economica e sociale, una rappresentanza politica incerta in cui non ci si riconosce più ed una situazione generale di emergenza sono il framework in cui prolifera il populismo. L’individuazione di un nemico alle porte è la miccia che accende le masse e fa da detonatore alle pulsioni di leader a caccia di facile visibilità. Xenofobia, nazionalismo, odio verso l’Europa, sono i temi portanti di partiti come Alba Dorata, l’UKIP di Nigel Farage e Lega Nord in Italia.
Il fatto che esempi tragici, ma sintomatici, siano stati il fascismo ed il nazismo, ha portato all’identificazione del fenomeno con una connotazione fortemente negativa. Ma è d’altronde anche vero che è possibile individuare aspetti positivi qualora la mission si espliciti nella richiesta di una maggiore partecipazione e rappresentatività democratica. Questo ci porta al cuore del problema, se così lo vogliamo definire, che è il populismo rapportato all’Europa nell’indicare tutto il male e le colpe della crisi non in dissennate politiche nazionali, ma in una Eurozona che fra mille errori ed errori strategici, non può che prendere atto di essere composta da 18 diversi bilanci nazionali ed altrettante politiche fiscali. L’uscita dall’Eurozona e dalla UE come semplicisticamente affermato, non solo è tecnicamente impossibile, ma politicamente assurdo.
Una governance migliore deve puntare su eurobond, politiche di austerity interpretate in maniera più morbida, gestione dell’immigrazione in modo integrato, Fiscal policies comuni più che un fiscal compact calato di peso e sentito dai cittadini come un moloch divora-tutto. Bisogna affrontare seriamente il problema del welfare e, come ricorda Mario Mauro, su 500 milioni di abitanti, solo una piccola percentuale, 75 milioni, sono giovani, questo è un problema che richiede risposte, ed in tempi brevi. “Come ‘Popolari per l’Italia’ noi crediamo nell’Europa dei Popoli: un soggetto politico nato dall’idea dei padri fondatori di costruire un’Europa capace di mettere in comune l’essenziale e di garantire 70 anni di pace e di sviluppo per il nostro continente”, aggiunge il senatore, riassumendo in questa frase la lotta all’anti-europeismo e la necessità e la volontà invece di costruire un’altra Europa che ritrovi e richiami i valori che furono alla nascita della Comunità.
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