Décollages a Milano, Mimmo Rotella
Palazzo Reale a Milano continua la sua programmazione dal moderno al contemporaneo, dopo Andy Warhol e Piero Manzoni, con “Mimmo Rotella. Décollages e Retro d’Affiches”, fino al 31 agosto. A curare l’esposizione è Germano Celant, non solo nome autorevole, ma soprattutto il più grande esperto di Rotella, con Antonella Soldaini, come curatrice associata. Quasi 150 opere focalizzano la visione sul decennio 1953-1964, dall’anno della creazione del primo décollage a quello della sua consacrazione alla XXXII Biennale d’Arte di Venezia. Milano, la città in cui l’inventore del décollage si trasferisce dagli anni ’80 e dal 2005 sede del suo archivio, accoglie entusiasta l’evento.
Rotella (1918-2006) viene in quest’occasione inquadrato come partecipante attivo nel panorama internazionale, interessando la propria generazione e quella emergente a lui successiva. Rotella si rapporta con la Francia del Nouveau Réalisme, a cui si unisce, e gli USA della Pop Art. Per contestualizzare l’opera di Rotella sono esposte opere di artisti a lui contemporanei, come Filippo Tommaso Marinetti, Enrico Prampolini, Hannah Höch, Alberto Burri, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Andy Warhol e Michelangelo Pistoletto.
La disposizione delle opere è cronologica, ma il pubblico è invitato alla rilettura del passato in riferimento alla realtà contemponea: la sperimentazione di allora va vista come contributo vitale risultante nell’arte d’oggi. Fisicamente il visitatore per uscire percorrerà la mostra a ritroso e apprezzerà nuovamente l’allestimento, che con taglio scientifico mira a ricreare i contesti in cui ha operato il maestro. I prestiti sono stati concessi da collezioni pubbliche e private, nazionali e internazionali, in questo percorso che vede il poster, sua unità di partenza a contatto con la tela grezza, base per la costruzione di un immaginario astratto e studio della forma che va a costituirsi sul retro del manifesto.
Celant dal 2002 collabora con la Fondazione Mimmo Rotella, nata per volere dell’artista, per la ricognizione delle opere e il reperimento dei materiali documentari al fine di ricostruire l’archivio dell’artista, nel 2004 ha curato Rotella per “GeNova04 Capitale Europea della Cultura” nella collettiva “Arti & Architettura 1900/2000”, ed è correntemente al lavoro per la stesura del Catalogo Ragionato “Mimmo Rotella”, previsto in diversi volumi. Ha optato per la presentazione del decennio che segue il periodo astratto 1947 – 1952, rifiutando la scelta antologica soffocante e caotica in spazi piccoli, che sminuisce l’attenzione meritata dalle opere.
Dopo il soggiorno americano, tra il ’51 e il ’52, Mimmo Rotella torna a Roma e vive un periodo di crisi di un anno, durante il quale si dedica quasi esclusivamente alla composizione della poesia epistaltica, che, secondo il terzo articolo del manifesto del ’49, consiste in “ciò che sul piano della scultura è l’arte polimaterica e su quello della pittura collage”. Arriva presto la rinascita operata attraverso l’ideazione di una tecnica del tutto nuova: i manifesti pubblicitari che l’artista lacera e accumula sotto il suo letto determinano la svolta. Il contesto urbano, dallo rimozione superficiale dell’immaterialità mediatica di massa e dallo scavo, costituisce la materia reale per la comunicazione di un nuovo significato. Materiale eterogeneo, non gerarchizzato, di dominio quotidianamente pubblico, non destinato alla produzione artistica, viene selezionato e diviene “materia” e arte, attraverso la trasposizione fisica sulla tela.
Nei retro d’affiches le tracce di colore, quando presenti, sono dovute alle lettere delle parole che, in questo caso presentate scritte al rovescio, perdono il loro significato e diventano segni astratti. Con l’andare del tempo i décollages comprendono sempre più l’intero manifesto e non singoli frammenti e convergono verso una iconografia Pop, concentrandosi su immagini dell’industria cinematografica e della presentazione pubblicitaria di prodotti, e i retro d’affiches verso un’accentuazione del senso materico. Per i décollages il titolo dell’opera è strettamente connesso alla componente tipografica delle scritte che compaiono sul manifesto utilizzato, mentre per i retro d’affiches risale alla fonte di reperimento o alle forme e ai colori presenti nella composizione o a storie e ricordi personali.
I frammenti dei manifesti pubblicitari, con una punta di un pennello o di un raschietto, in studio vengono assemblati e incollati su un supporto e poi lacerati. Tramite l’uso dello strappo interno o della lacerazione mediante il raschietto, l’artista saggia empiricamente il grado di visualità determinata dalla stratificazione, della cromaticità e della matericità dell’oggetto. Nel caso dei décollages, i manifesti vengono attaccati sul supporto al recto, invece in quello dei retro d’affiches al verso. I retro d’affiches, nati nel 1954, includono tracce di ruggine, pezzi di intonaco, colle, muffe, pezzetti di carta e terra, provenienti dal muro originale, rivelando una superficie generalmente nascosta. A lungo la terminologia è stata generalizzata e erroneamente impiegata. Una spazialità “tridimensionale” aggiunta, tra entità scollata o decostruita, abolisce la differenza tra davanti e dietro, attraverso la pratica gestuale di Rotella.
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