Camera di Consiglio
Non sempre chi tampona ha torto. Ecco un caso in cui chi ha tamponato ha avuto ragione. La conducente di un’auto si fermava improvvisamente sulla banchina al lato della carreggiata creando evidente intralcio, banchina dalla quale proveniva un ciclista, peraltro a velocità piuttosto sostenuta, che, trovatosi di fronte il veicolo fermo, lo tamponava e cadeva rovinosamente riportando lesioni gravi. L’automobilista veniva condannata in primo grado, assolta in secondo ed infine condannata dalla Cassazione, che riformava la sentenza di appello.
Le norme qui applicabili sono gli articoli 140 e 157 del Codice della Strada. Il secondo, disciplinando l’arresto, la fermata e la sosta dei veicoli, stabilisce che “ fuori dei centri abitati, i veicoli in sosta o in fermata devono essere collocati fuori della carreggiata, ma non sulle piste per velocipedi né, salvo che sia appositamente segnalato, sulle banchine”, mentre il primo stabilisce il principio generale secondo cui “gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale”.
Il ragionamento che aveva portato all’assoluzione in secondo grado si fondava sul fatto che, pur avendo l’automobilista violato l’art.157 del Codice della Strada, che, appunto, vieta la fermata sulle banchine, non sarebbero sussistiti elementi per determinarne la colpevolezza dato che la norma non rispettata non avrebbe la finalità di prevenire il rischio di tamponamenti e, peraltro, l’automobilista non avrebbe potuto prevedere l’arrivo di un ciclista ad alta velocità proveniente dalla banchina, dove in effetti non avrebbe dovuto transitare.
Di contraria opinione è stata la Suprema Corte, la quale, dopo un’introduzione di carattere sistematico, ha ricordato che le norme di cui al Titolo V del Codice della strada (tra cui i su detti artt.140 e 157) hanno il generale scopo di garantire in bene della “sicurezza stradale“ e, pertanto, di evitare situazioni di potenziale pericolo. Inoltre i ciclisti possono essere assimilati ai pendoni, come utenti deboli della strada, ma vi è di più, infatti la banchina fa parte strutturale della strada e , pur essendo deputata al transito dei pedoni, può essere utilizzata dai veicoli in condizioni speciali di traffico o per evitare collisioni, pertanto ben poteva essere utilizzata dal ciclista.
Conseguentemente l’automobilista poteva e doveva prevedere il pericolo che costituiva la sua repentina fermata e la violazione dell’art. 157, nonché quella del generale dovere di prudenza di cui all’art.140, facevano ravvisare la sua responsabilità nella causazione del sinistro, peraltro, nel caso di specie, il sopraggiungere di ciclisti era prevedibilissimo, considerato che la stessa imputata aveva riferito di aver visto e superato delle biciclette prima di fermarsi sulla banchina.
In conclusione, quindi, non è vero che chi tampona ha sempre torto; diciamo che ha quasi sempre torto.
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[NdR – L’autore dell’articolo, avvocato, è membro del “Progetto Mediazione” del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma]