Quantitative Easing, tutto rose e fiori?

Con Quantitative Easing si intende l’immissione di liquidità sul mercato da parte dell’autorità centrale bancaria, nel nostro caso la BCE. Tale operazione avviene tramite l’acquisto di titoli di stato o in possesso di banche, in quest’ultimo caso si tratta di solito di titoli ad alto rischio o bassissimo rendimento. Ciò porta quindi ad un calo generalizzato dei tassi e ad un alleggerimento della posizione qualitativa degli istituti di credito. Nei tempi moderni la prima a ricorrere a tale strumento fu la Bank Of Japan mettendo in atto la cosiddetta Abenomics (dall’allora primo ministro Shinzo Abe), poi la Bank of England ed in maniera massiva la Federal Reserve statunitense. Scopo di tale manovra è aumentare la massa monetaria in possesso delle banche finanziate combattendo quindi la deflazione, l’effetto inflattivo se tenuto attorno al 2% porta benefici di stimolo al mercato andando a lenire la spirale depressiva.

Tale politica non è stata attuata finora dalla BCE, le Outright Monetary Transactions ideate da Mario Draghi avevano lo scopo di ripristinare la corretta trasmissione delle politiche economiche ai mercati finanziari e di ripristinare il corretto funzionamento degli stessi, non di sostenere l’economia. Questo soprattutto per tenere a bada quello che è lo spettro maggiormente temuto dalla Bundesbank, l’inflazione incontrollata. A tale scopo la BCE in seguito all’acquisto di titoli del debito sovrano, drenava pari quantità di liquidità dalle banche mediante depositi fruttiferi. Il programma di sterilizzazione fu messo a punto dall’ex presidente della Bce Jean-Claude Trichet che a tal proposito dichiarò: «Il Securities Market Program non deve essere confuso con il Quantitative Easing. In parole semplici: non stiamo stampando moneta. Ciò conferma e rafforza il nostro impegno alla stabilità dei prezzi».

Con le OMT si è raggiunto l’obiettivo di stabilizzare lo spread, ma non di incidere su di una crisi che non esce dalla spirale malgrado i prestiti a lungo termine erogati alle banche al 1% (Longer term refinancing operation o LTRO) e un tasso d’interesse oramai in zona negativa. Questo ha portato la BCE a ipotizzare di sospendere la sterilizzazione settimanale attuata finora, attraverso cui ha drenato circa 175 miliardi di euro. L’intento di quest’altra manovra non convenzionale è di indebolire l’euro favorendo le esportazioni, portare l’inflazione al 2% stimolando la crescita economica e fare sì che le banche siano invogliate a dare denaro in prestito a minor costo tramite prestiti a famiglie e imprese.

Tutto rose e fiori dunque? Non proprio, come in tutte le cose ci sono i pro e i contro, le banche potrebbero semplicemente prendere meno denaro in prestito dalla Bce invece di prestarsi soldi fra di loro. C’è poi il pericolo che, alla luce di un paventato fallimento della politica di sterilizzazione attuata finora, che la credibilità della Bce ne venga danneggiata. Rimangiarsi la parola potrebbe non avere un positivo impatto sui mercati finanziari e insinuerebbe dubbi sugli altri impegni della Bce in altre ambiti, come la promessa di tenere i tassi d’interesse ultra-bassi per un periodo prolungato. Poi bisogna vedere se la Germania accetterà mai che l’eventuale acquisto di bond sia di ammontare illimitato, con il pericolo che possa trasformarsi in una monetizzazione del deficit o del debito pubblico di un Paese o interferisca con la formazione dei prezzi sul mercato.

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