Salatto (vicepresidente PI): unire le forze dei Popolari è una necessità
Qualche sera fa Mario Mauro, Renato Schifani, Gaetano Quagliariello e Lorenzo Cesa si sono visti ed hanno parlato di Costituente Popolare. Non è una riedizione del Terzo Polo: il primo passo è la formazione di Gruppi unici alla Camera e al Senato, ma la prospettiva è dare finalmente una casa italiana al Popolarismo in chiave europea. Ne abbiamo parlato con Potito Salatto, vicepresidente Nazionale del Popolari per l’Italia, fra i primi a immaginare, oltre un anno fa, il progetto divenuto Partito lo scorso gennaio e sostenitore di una unità delle forze Popolari.
PI, Ncd, Udc insieme. E’ un anno che se ne parla, quest’unione s’ha da fare oppure no?
“Le affermazioni di Alfano alla vigilia della direzione nazionale dell’Ncd e le dichiarazioni del vice segretario De Poli all’indomani della direzione dell’Udc, stanno a significare che ormai si è presa piena coscienza dell’opportunità, della necessità di unire gli sforzi di tutti i Popolari per offrire un punto di riferimento politico a quegli elettori che oggi non si sentono rappresentati in Parlamento. Una tesi questa che incessantemente Mario Mauro e noi tutti Popolari per l’Italia andiamo sostenendo pur conoscendo le legittime difficoltà di un percorso del genere. Amalgamare esperienze e sensibilità diverse è qualcosa che richiede intelligente rispetto, obiettivi comuni chiari, umiltà per organigrammi adeguati, assenza di volontà egemoniche. Ora però i tempi stringono e le scelte vanno fatte immediatamente”.
Però è proprio sul sostegno o meno a Renzi che le componenti popolari si sono divise. Anche all’interno di PI stesso.
“Il sostegno a Renzi è ancora fuori discussione. Si tratta di scegliere tra due strade: voler essere partner di una maggioranza composita che sempre richiede la mediazione oppure diventare una stampella silenziosa e amorfa del Governo. Noi apparteniamo alla prima categoria. Nessuno di noi ha mai pensato di fare il servo sciocco del potente. Non lo abbiamo fatto con Berlusconi, figuriamoci se lo faremo con Renzi”.
Onorevole, non sarà che oltre a trovare vantaggiose le future ‘nomine’ in un Senato non elettivo, Ncd, Fi e Udc sono felici di reggere l’ombrello al nuovo Uomo Forte, ovvero Renzi?
“Ho troppa stima per Alfano (Ncd) e Cesa (Udc) per immaginare che vogliano giocare un ruolo secondario nel Governo. Si tratta piuttosto di avere una rappresentanza parlamentare più ampia e coesa. Per questo diciamo di unire le nostre forze. Per ciò che riguarda Forza Italia è ovvio che l’atteggiamento verso Renzi varia a seconda degli interessi di Berlusconi. Ma questo non è un nostro problema”.
Non è che la fermezza sui principi della democrazia del presidente dei Popolari per l’Italia, Mario Mauro, resta l’unica ragion d’essere di un popolarismo alternativo al populismo renziano?
“L’unità dei Popolari non significa certo un loro unanimismo. Il problema è che rinchiudersi, come oggi, ognuno nelle sue sigle di appartenenza, spesso rende la visione dei problemi più circoscritta agli interessi della propria parte. Cosa questa che certo non piace agli elettori. Di qui la necessità di omogeneizzare linee strategiche e contenuti affinché siano frutto di un’intelligente mediazione. La ragione di essere attori del popolarismo italiano significa avere una visione originale delle soluzioni ai problemi del Paese, certo in alternativa a qualsiasi forma di populismo anche se renziano. La nostra battaglia al Senato è a favore di uno dei principi cardine della democrazia: la rappresentatività delle istituzioni con il consenso diretto degli elettori”.
Vicepresidente, Renzi taglia corto e sentenzia: ‘Le riforme le faremo’. In pratica usa la ‘tagliola’ non solo in Parlamento, ma prima ancora quando parla al Paese. E chi non è d’accordo passa per ‘dissidente’, come sono stati etichettati i ‘non allineati’ del Pd, di FI e di Popolari per l’Italia. Come fare a uscire dall’angolo e parlare con altrettanta efficacia e ‘cipiglio’ – come lei ha definito quello di Renzi – alla pancia, ma soprattutto al cervello del Paese?
“Affrontandone i reali problemi che sono innanzitutto economici. Distogliere l’attenzione su vicende come quella della riforma del Senato è uno spreco di tempo ed energie rispetto alle immediate esigenze dei cittadini colpiti dalla crisi. E’ un atteggiamento che fa correre il rischio di cadere in un modo sbagliato e truffaldino di intendere la politica. Renzi forse non si rende conto di essere responsabile di una situazione che prima o poi sarà affrontata con maggiore drammaticità. Fare il rottamatore significa parlare alla pancia, costruire vuol dire parlare al cervello del Paese. Noi Popolari per l’Italia di Mario Mauro dobbiamo rappresentare questa seconda volontà non da soli, ma con tutti coloro che si candidano a costruire qualcosa di serio per l’Italia. E non abbiamo nessuna intenzione di fermarci”.
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