Pirati dei nostri tempi
Marco Pantani fu ucciso “perché aveva scoperto qualcosa”. La mamma del Pirata, ha commentato così la notizia della riapertura del caso: “E’ una vittoria, io ho sempre detto che Marco era una vittima, che non si era tolto la vita e che non sono stati gli spacciatori a ucciderlo. Io l’ho detto agli avvocati e dopo la mossa della Procura provo ancora più rabbia”.
Vorrei dire che capisco che una madre si attacchi al ricordo del figlio in modo morboso, specie se scomparso prematuramente e in modo violento, ma mi chiedo se è così importante? La Procura non ha altro da fare? Cosa cambierebbe se scoprissero altre storie? Ne patirebbe l’ordine mondiale? Francamente non capisco questo accanimento terapeutico da tempo in atto; la volontà di scoprire il colpevole anche quando non ce ne sono. Ora la procura di Rimini, forse stufa di fare indagini su bagnini e bagnanti e bagnarole, vuole un pochino di notorietà e riapre il caso tuonando: Marco fu ucciso.
Mi piaceva il Pirata; il ciclismo è uno sport che non amo molto, ma lui lo seguivo, mi piaceva quello scricciolo con quella grande volontà di vittoria, capace di imprese eroiche; certo è che parliamo anche di uno sport che porta gli esseri umani a livelli di superman e che spesso, inevitabilmente, fa scivolare qualcuno su bucce di banane chimiche.
Però che grinta! Che ardore. Perché non lasciare le cose così, perché non affidarsi al tempo che, galantuomo, fa ricordare le cose eclatanti e straordinarie delle persone e stende un velo sulle cose poco nobili, dando la possibilità di far risaltare solo i bei ricordi? Perché aggrapparsi alla ricerca di una verità che non cambierà lo stato delle cose? Il Pirata è morto e nulla lo riporterà in vita. Ma forse, per la madre di Pantani, andare avanti è anche questo.
Devo dire che la dietrologia è in Italia uno sport nazionale; a volte non si è lasciato in pace nemmeno il suicida, quello che ha voluto con tutte le sue disperate forze farla finita; a tale proposito mi viene in mente il caso Tenco. Ma poi, per distaccarmi da un facile sentimentalismo, vorrei chiedere in modo brutale: ma queste indagini quanto ci costano?
Anche il neo campione Nibali ha espresso perplessità su questa nuova inchiesta; dice che non fa bene al ciclismo. Sono d’accordo con lui: in questo sport, forse è meglio lasciare le provette dormire.
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