Goletta Verde, coste inquinate
“Mare sporco? Segnalacelo!” L’invito a ‘fare rete’ viene da Legambiente e compare sulla pagina dedicata ai risultati dell’ultima campagna di Goletta Verde, appena conclusa: “Serve l’impegno di tutti per “scovare l’inquinamento nel mare e nei laghi. Segnalaci chiazze sospette, tubi che scaricano in acqua”, dice la storica associazione. Che promette di valorizzare lo sforzo di ognuno di noi per la tutela dell’ambiente: “Approfondiremo la tua denuncia e la faremo arrivare alle autorità competenti”.
Segnalare è strategico. Sui mari italiani infatti si affacciano oltre 500 strutture portuali, fra turistiche e commerciali. Inoltre, escluso l’ovest della Val Padana, la maggior parte delle città e delle aree industriali sono concentrate lungo le coste, essendo l’interno occupato dalle montagne delle Alpi nel florido Nord Est e dell’Appennino al Centro e Sud. La pericolosa vicinanza alle coste ha creato nel tempo migliaia di opportunità di scarico a mare in modo diretto e senza depurazione. Opportunità non sempre facili da controllare: le coste italiane si sviluppano infatti per ben 7.500 chilometri e sono spesso frastagliate. E c’è un altro fattore di rischio: la recente Campagna Nazionale di Tutela Ambientale svolta nella primavera di quest’anno dal Corpo della Capitaneria di Porto – Guardia Costiera con il coordinamento del Reparto Ambientale Marino del Ministero dell’Ambiente ha dimostrato che spesso gli ‘sversamenti’ di inquinanti in fiumi, canali o direttamente in mare avvengono in modo improvviso e temporaneo. Come quando un impianto ‘terrestre’ apre per una notte i contenitori dei fanghi inquinanti o una petroliera in navigazione lava le cisterne con acqua riversata in mare. Ce ne accorgiamo la mattina dopo, per le schiume e schiumette varie che troviamo nelle acque in cui ci bagniamo e sulle spiagge sulle quali passeggiamo. Ecco perché ‘fare rete’ è importantissimo per scoprire quelli che sono veri e propri reati, cosa che spesso ci sfugge, e che sono punibili dalla legge.
Per scoprire eventi e comportamenti inquinanti che sono improvvisi e temporanei l’attenzione di tutti e ‘la rete’ sono strumenti di grande importanza. Il lavoro di Goletta Verde 2014 si è però come sempre concentrato soprattutto sull’inquinamento ‘strutturale’, quello che non dura un attimo ma, nonostante sia fuorilegge, nel nostro Paese continua ad essere prodotto ostinatamente nel tempo. Nella campagna appena conclusa, realizzata anche grazie al contributo del Coou, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, di Novamont e Nau, il 55 per cento dei 264 campioni di acqua analizzati è risultato fuorilegge per i parametri microbiologici previsti dalla normativa. In pratica, un punto di inquinamento ogni 51 km di costa. Sono 124 i campioni inquinati prelevati presso foci di fiumi, canali e scarichi sospetti, mentre sono 22 quelli relativi a spiagge affollate di turisti. Situazioni critiche sono state riscontrate in quasi tutte le regioni italiane. La più alta percentuale di punti inquinati è stata registrata lungo le coste di Abruzzo e Marche, rispettivamente con l’88% e l’83% dei prelievi risultati inquinati; ma va tenuto conto che le due regioni sono state penalizzate dalle forti piogge dei giorni precedenti al campionamento e dall’elevato numero di corsi d’acqua e canali che sfociano in mare. Seguono nella classifica la Calabria, con il 79 per cento di punti critici, ed il Lazio con 75%. Il risultato migliore è quello relativo alla Sardegna che presenta solo il 10% di punti inquinati.
Dati simili rivelano un inquinamento di tipo strutturale. Dovuto a cosa? La risposta di Legambiente è semplice e chiara: in primo luogo la mancata depurazione, che riguarda un terzo degli Italiani. E che il problema sia strutturale lo rivela la successione delle sentenze di condanna per il mancato rispetto della direttiva sulla depurazione degli scarichi civili parte della Commissione Europea: dopo due sentenze, la prima nel 2012 e la seconda nell’aprile 2014, la Commissione ha avviato quest’anno la terza procedura d’infrazione, la 2014/2059. Il procedimento riguarda 880 agglomerati urbani in tutta Italia, il 28% del totale, per l’inadeguato trattamento degli scarichi fognari. Tra le Regioni maggiormente coinvolte Campania, con il 76% degli agglomerati sul totale regionale in procedura, Calabria (53%), Sicilia (52%) e Marche (50%). In termini di carico non trattato, a riversare il maggior apporto inquinante nei fiumi e nei mari italiani sono la Campania (con 2,4 milioni di abitanti serviti da inadeguati sistemi depurativi), il Lazio (1,8 milioni di abitanti), la Lombardia (1,6 milioni) e la Puglia (1,5 milioni).
Le acque del mare, a cominciare da quelle dove pensiamo di andare a fare il bagno, sono dunque spesso inquinate. Ma come facciamo a sapere dove possiamo entrare in acqua in sicurezza e dove no? Legambiente torna a polemizzare sui dati del Portale delle Acque del Ministero della Salute, ma anche sulle carenze dei doverosi cartelli di divieto di balneazione, laddove le acque non sono salubri, e della cartellonistica sulla qualità delle acque secondo classificazione e standard europei. E ricorda che “da quest’anno la Direttiva europea impone infatti l’obbligo per i comuni di apporre questi cartelli informativi, peccato però che i risultati sono davvero deprimenti come ha dimostrato il nostro monitoraggio. Negli oltre 260 punti campionati, solo nel 7% dei casi è stato possibile avvistare una cartellonistica con informazioni relative alla balneazione. Di una scarsa e poca corretta informazione sono convinti anche i cittadini. Ormai sono sempre di più i bagnati che ogni estate inviano a Goletta Verde richieste di informazione. Segnalazioni a volte disperate che descrivono situazioni al limite. Tutte accomunate da due aspetti: non avere la minima idea di dove consultare dati attendibili e la difficoltà di capire a chi appellarsi per chiedere un intervento quando si riscontrano forti criticità in mare”.
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