Auguri a Lady PESC

La nomina di Federica Mogherini a Ministro degli Esteri dell’Unione Europea è prova della buona immagine dell’Italia, ma soprattutto del peso obiettivo che il PD ha acquistato dopo le elezioni europee dello scorso maggio in seno al gruppo socialista rispetto ai partiti fratelli di Francia, Spagna, Germania ed Inghilterra. È per la posizione di maggioranza relativa nel gruppo del PSE a Strasburgo che il PD ha potuto mettere a segno due buoni risultati, prima con l’elezione di Gianni Pittella a Presidente del gruppo e ora con la nomina della Mogherini. Una nomina su cui pochi erano pronti a scommettere, data la fronda dei Paesi dell’Est (questi sono stati tacitati con la scelta di un polacco per la Presidenza del Consiglio, cosa in sé non proprio felice) ma su cui il Premier si è giocato molto del suo prestigio escludendo altre alternative.

Un successo, dunque, ma non un dono gratuito. L’incarico è, infatti, uno dei più spinosi nel quadro delle istituzioni europee. Gli altri commissari (così come Mario Draghi a Presidente della BCE) hanno portafogli e poteri autonomi, nel contesto di competenze chiaramente definite dai Trattati. Ma il Ministro degli Esteri opera in una zona ancora grigia, in cui poteri e competenze dell’Unione sono sfumati e perpetuamente rimessi in gioco. Mentre i Paesi membri accettano limiti e condizionamenti derivanti dai Trattati, la politica estera (con la difesa) è infatti uno dei settori nei quali più radicata e gelosa resta la sovranità nazionale, non solo da parte dei grandi Paesi con interessi marcati e una politica internazionale a largo raggio, ma anche dei Paesi minori, spesso gelosi dei loro piccoli orticelli d’indipendenza e talvolta delle loro idiosincrasie.

Parlo per esperienza: il posto della Mogherini ha un lontano (ma non poi tanto) capostipite in quello di Capo del Segretariato della Cooperazione Politica Europea creato con l’Atto Unico del 1986 e che fui richiamato a coprire fino al 1991. Il suo ruolo non era stato definito in alcun testo e cozzava con una difficoltà maggiore: alle diplomazie nazionali il Segretariato e il suo Capo rischiavano di fare ombra, se appena appena uscivano da funzioni puramente esecutive e di supporto, e quindi si preoccupavano di controllarlo e limitarne l’attività. Per riuscire a fare il nostro lavoro nello spirito dell’Atto Unico,  occorsero tempo, pazienza, qualche mossa audace e soprattutto tre fattori: la spinta decisiva di alcune presidenze nazionali di turno al cui servizio lavorammo (la greca, la spagnola, la lussemburghese e l’italiana), che decisero di dare al Segretariato uno spazio che altre gli negavano; la simpatia e l’appoggio del Parlamento Europeo, sempre favorevole agli organi non nazionali, e il fatto che, data la condizione di funzionari, mia e dei miei cinque collaboratori, le gelosie che suscitavamo riguardavano le burocrazie dei rispettivi Ministeri degli Esteri. AI Ministri – stante il loro livello di politici – non facevamo ombra, essi vedevano invece il vantaggio di disporre di un organo professionale e indipendente, che spesso serviva loro a dare un parere imparziale sulle posizioni e iniziative suggerite dalle rispettive burocrazie.

Le cose, ovviamente, sono cambiate: il Segretariato è passato da cinque a quasi cinquanta collaboratori, con il Trattato di Amsterdam si è creata la figura dell’Alto Rappresentante, coperta per molti anni in modo eccellente da Javier Solana (ex-Ministro degli Esteri spagnolo ed ex-Segretario Generale della NATO). Con il Trattato di Lisbona, si è istituita la figura dell’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune (il Ministro degli Esteri della UE), che unisce le tradizionali funzioni del responsabile del settore esterno della Commissione e quelle che erano state di Solana e costituisce l’elemento personale di collegamento tra Commissione e Consiglio.  Compiti, senza dubbio, di profilo assai maggiore di quello del Capo del Segretariato, ma non per questo meno agevoli, anzi: l’ombra il Ministro la fa direttamente ai Governi dei Paesi membri, tanto più se, come è normale per un personaggio politico, vuole crearsi uno spazio proprio. Molte colpe sono state gettate sulla signora Ashton e può darsi che essa avesse serie carenze personali, ma la scarsa rilevanza del suo lavoro è stata dovuta anche alle difficoltà obiettive. Il paradosso dell’UE è che – per le sue stesse dimensioni – è obbligata a condurre una politica estera attiva e di largo raggio ma, per la sua incompiutezza istituzionale, trova grandi difficoltà a farlo e spesso il responsabile è costretto a una defatigante mediazione tra punti di vista diversi se non opposti, con risultati inefficaci e mediocri.

Per di più, Il terreno in cui dovrà operare la signora Mogherini è in questa fase della vita internazionale specialmente accidentato. Sul suo tavolo ci sono dossier spinosissimi: i rapporti con gli Stati Uniti e con la Cina, certo, il conflitto israelo-palestinese, la situazione in Irak e in Siria,  (anche essa finirà con il toccare piuttosto alla NATO) ma soprattutto il problema bruciante dei rapporti con la Russia. La linea neo-imperialista di Putin in Ucraina costituisce una minaccia a cui l’Europa è obbligata a rispondere. D’altra parte, a medio e lungo termine, rapporti normali con Mosca  sono un’esigenza di base, se si considera la complementarità economica e l’analogia di interessi tra Europa e Russia di fronte alla minaccia dell’estremismo islamico. In seno alla stessa Unione queste due esigenze trovano sensibilità diverse: non è un mistero che Germania, Francia e Italia propendono per una certa cautela, mentre Gran Bretagna e Paesi dell’Est premono per una politica dura. Trovare un punto di ragionevole equilibrio che sia però efficace e saperlo esprimere nell’azione quotidiana richiederà saggezza e talento diplomatici quasi infiniti e non sono sicuro che sia materialmente possibile.

Insomma, per la specialità delle sue funzioni e per la delicatezza dei temi da affrontare, Federica Mogherini dovrà mostrare qualità davvero eccezionali (lei stessa ha mostrato di saperlo, quando ha parlato di “sfida immane”). A lei, dunque, auguri di tutto cuore: ne avrà certamente bisogno.

©Futuro Europa®

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