Bulgaria, crisi permanente

Diciotto mesi dopo le manifestazioni che lo avevano cacciato dal potere, l’ex uomo forte della Bulgaria Boyko Borissov è stato richiamato a guidare il Paese. Ma se la destra bulgara ha vinto le elezioni anticipate, non ha portato a casa un risultato tale da permettergli di avere la maggioranza in Parlamento. Borissov ora è alla ricerca di una coalizione che nascerà all’insegna dell’incertezza.

Nulla sembra essere cambiato nel Paese più povero dell’Unione Europea, che accumula crisi su crisi – economia ferma, povertà, corruzione –  e soffre di una profonda instabilità politica. La Bulgaria deve fare i conti con una previsione di crescita dell’1,5%, rimanendo molto indietro rispetto alla media dell’Europa dell’Est, e con una forte flessione degli investimenti esteri, mentre l’emigrazione dei giovani laureati continua inesorabilmente. Lo stipendio medio è di 400 euro e una famiglia su cinque vive sotto la soglia di povertà. Secondo un recente studio, il 69% dei bulgari giudica le condizioni del  Paese “insopportabili”. Dal 2009 al 2013 Borissov, 55 anni, ex pompiere e guardia del corpo, aveva già governato con il suo Partito di centro-destra GERB. La sua popolarità, basata sull’immagine di uomo energico, si era però rapidamente smussata, fino a quando manifestazioni di massa contro la povertà e la corruzione non lo hanno spinto a dimissionare nel Febbraio del 2013. La squadra del “tecnocrate” Plamen Orecharski, resa operativa due mesi dopo, appoggiata dai socialisti e dal Partito della minoranza turca MDL, è stata fermata subito da nuove manifestazioni. Dopo aver tentato di sopravvivere, sottoposta a continui compromessi, ha finito per capitolare quest’estate. Domenica scorsa, come molti osservatori avevano previsto, gli elettori hanno scelto il male minore.

Boyko Borissov torna protagonista  in un momento molto difficile, quando riforme impopolari sulla salute, l’istruzione e le pensioni appaiono imprescindibili. Diverse sfide urgenti lo attendono ancor prima di queste scadenze. La crisi ucraina minaccia le forniture di gas russo, ma il Paese non sembra aver alternative per scaldare le case dei suoi abitanti e far funzionare le imprese. L’Unione Europea ha sospeso il pagamento di centinaia di milioni di euro di fondi europei per via di irregolarità nei mercati pubblici. La CCB, 4° banca del Paese, è quasi fallita e i suoi clienti non possono ritirare soldi da Giugno. Infine, la Bulgaria è soffocata dal flusso di rifugiati siriani che arrivano attraverso la Turchia. Boyko Borissov stesso afferma che “mesi incredibilmente duri  li attendono”, già la sera della Domenica delle elezioni Boyko Borissov aveva tratto delle conclusioni su questo scrutinio, presentato come quello dell’”ultima possibilità”. Se il Paese si ritrova senza un Governo stabile, “la crisi greca sarà nulla rispetto a quello che rischia la Bulgaria”, ha dichiarato cupamente. Il GERB (Cittadini uniti per lo sviluppo della Bulgaria – destra) Partito di Borissov ha preso il 34% delle preferenze, gli mancherebbero 36/38 seggi per avere la maggioranza assoluta.  I socialisti del PSB, che guidavano la coalizione al Governo uscente, hanno subito (per loro stessa ammissione) una pesante sconfitta raccogliendo 15% delle preferenze. Il compito di formare il prossimo Governo, il quinto in meno di due anni, è reso complicato dalla forte frammentazione del Parlamento, in seno al quale 8 Partiti, un record, saranno rappresentati. Segno della disaffezione dei cittadini nei confronti della classe politica, il tasso di partecipazione – meno del 50% – è stato il più scarso da quando la Bulgaria è uscita dal comunismo 25 anni fa.

Il capo del GERB sembra tuttavia voler rilevare la sfida e ha dichiarato essere pronto ad assumersi “tutti i rischi” pur di governare il Paese, anche se,  prova delle difficoltà che lo aspettano, un dirigente del Blocco riformista, considerato come l’alleato più probabile del GERB, ha già avvisato che non potrebbe ipotizzare un ritorno di Borissov come Primo Ministro. Impasse difficile da superare. In un’intervista rilasciata alla fine di Settembre alla Reuters, Boyko Borissov aveva detto di essere pronto a negoziare con la maggioranza dei Partiti, non per formare una grande coalizione, ma per ottenere un sostegno puntuale in Parlamento. “Chi ha ottenuto risultati con piccoli numeri deve fare la sua parte per la stabilità”, ha detto il leader del GERB. “Se non nasce una coalizione”, ha dichiarato ai leader degli altri Partiti, “ci saranno nuove elezioni, sinonimo di fallimento per la Bulgaria”. Gli esperti sono divisi. C’è chi vede probabile la creazione di un Governo di larga coalizione. Ma tale Governo dovrebbe nascere intorno ad un programma chiaro, a tempo determinato, per esempio con scadenza alle Presidenziali dell’Ottobre 2016. Altri sono convinti che l’instabilità continuerà, non per il numero di piccoli Partiti, ma per l’assenza di un chiaro orientamento destra/sinistra di questi Partiti, che sono formati artificialmente da interessi corporativistici.

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