UE, Trattato di Lisbona
Il Trattato di Lisbona è stato un passaggio fondamentale nella storia dell’Unione Europea, ha inciso in maniera profonda e strutturale nel tessuto normativo della Comunità andando a modificare pesantemente il Trattato sull’Unione europea ed il Trattato istitutivo del la Comunità europea. Firmato il 13 dicembre 2007, rispetto al precedente Trattato di Amsterdam, non solo ha modificato la sistemica normativa che è l’ossatura portante dell’UE definendo in maniera innovativa le diverse competenze tra Unione e Stati membri, ma ha introdotto il principio della difesa dei diritti dei cittadini europei conferendo alla Carta di Nizza il valore di Trattato. Ricordiamo poi come con la modifica dell’art.117 della Costituzione tale Carta, così come tutti i Trattati e norme europee, abbiano assunto valore costituzionale ponendosi tra la Costituzione stessa e la legislazione ordinaria.
Storicamente il Trattato di Lisbona è andato a sanare il vuoto creatosi con la bocciatura della Costituzione Europea da parte degli elettorati francese ed olandese nel 2005. A seguito di questi eventi era evidente che il momento non era propizio per creazione di un unico atto fondamentale costitutivo comune a tutti i popoli europei, da qui discese la volontà e la necessità di riformare i Trattati in essere recependo in una nuova forma giuridica molte delle idee che erano state alla base della redazione della Costituzione Europea.
Venendo incontro ai “malpancisti anti-europeisti” fu svolta un’opera di maquillage letterale togliendo ogni riferimento che potesse essere ricondotto a “leggi europee” ritornando alla vecchia dizione di “regolamenti e trattati”. Fu comunque salvaguardata la forma unionista della Comunità, pilastro portante della UE, fu cambiata la dizione Ministro degli Esteri trasformandolo nell’attuale Mr. o Mrs. PESC (oggi l’italiana Federica Mogherini). Importantissimo fu poi il cambiamento di visuale che è alla base dell’attuale governance europea, la nuova visione, frutto della crisi di fiducia evidenziata dalle due bocciature sopracitate, ha avuto il merito di indurre ad una svolta in senso democratico-parlamentare delle norme che sovraintendono il funzionamento e l’elezione degli organismi esecutivi europei. Il Presidente del Consiglio Europeo viene ora eletto dallo stesso Consiglio a maggioranza qualificata, comunque anche per la Commissione è previsto il “gradimento” da parte del Parlamento. Si è avuto in pratica un travaso di poteri verso il Parlamento eletto dai cittadini europei, quello che prima era più o meno un organo consultivo e propositivo, ha assunto valenza giuridica venendo coinvolto a pieno titolo nei processi formativi della legislazione comunitaria. E’ stato introdotto altresì il principio di sussidiarietà, che sta a significare che l’azione europea si esplicita solo quando risulti più efficace di quella nazionale. Anche alla luce dell’estensione dell’Unione a 28 paesi, è stata tolta l’unanimità nelle decisioni sostituendola con una ben più efficace maggioranza qualificata, questo dovrebbe portare maggiore efficienza nei processi decisionali comunitari. L’introduzione poi della Carta di Nizza relativamente ai diritti civili nel Trattato, se non ha visto molte differenze rispetto alla CEDU, ha dato piena valenza all’argomento, ed ha comportato a discesa l’assunzione della stessa a livello costituzionale, che per alcuni paesi ha sicuramente introdotto migliorie alla legislazione nazionale introducendo norme più favorevoli per i propri cittadini.
Il sistema di voto cosiddetto della “doppia maggioranza”, che la votazione è positiva se guadagna il voto favorevole del 55% degli Stati membri (minimo di 15, minoranza di blocco almeno 4 Stati). Se la delibera non si basa su una proposta della Commissione, la soglia minima passa dal 55% al 72% o del 65% della popolazione europea. Viene tuttavia previsto un ulteriore periodo transitorio, fino al 31 marzo 2017, durante il quale ciascuno Stato potrà richiedere, per la singola delibera, che venga impiegato il metodo della ponderazione dei voti.
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