Mario Mauro (PpI): genocidio armeno, Governo Renzi latitante

Venerdì scorso si sono svolte a Erevan le commemorazioni del 24 aprile in occasione del centenario del genocidio armeno, con la presenza di numerose rappresentanze internazionali in ricordo di uno degli eccidi più controversi della storia. Il senatore Mario Mauro, Presidente dei Popolari per l’Italia, ha preso parte agli incontri e ai lavori parlamentari nella capitale dell’Armenia, riprendendo un tema già da tempo presente nel proprio percorso politico. Lo abbiamo intervistato di ritorno dal suo viaggio, per discutere degli esiti di una trasferta dal grande valore politico e di supporto al diritto internazionale.

In che veste ha assunto la guida di questa trasferta in Armenia?

La mia presenza in Armenia era prevista già da tempo. Da molti anni seguo il tema del riconoscimento del genocidio armeno, ne sono stato promotore anche al mio debutto come parlamentare europeo nel 1999. Al contrario di chi teme che si producano divisioni frutto di una lettura differente della storia, riconoscere il genocidio può aiutarci a maturare le condizioni per impedire ulteriori eventi del genere in futuro. Con la comunità internazionale chiediamo alla Turchia di prendere coscienza di una realtà terribile e atroce, ma ciò non vuol dire che ce l’abbiamo con i turchi. Quello che tutti noi chiediamo loro è di ripartire proprio dal riconoscimento delle malefatte, esattamente come l’esempio dato dalla Germania: un paese che, sulle ceneri della più terribile delle dittature, ha saputo costruire una democrazia con solidissime fondamenta.

Come si sono svolte le attività e gli eventi a cui ha preso parte a Erevan?

Il Global Forum per l’occasione era impostato in diverse sessioni, con oggetto non solo la memoria storica, ma anche il dibattito del diritto internazionale su come prevenire il genocidio. È stato in tal senso un evento di estremo interesse, con punte di forte commozione durante l’intervento dei protagonisti della diaspora armena da varie parti del mondo. Allo stesso tempo ha avuto altri contributi di rilievo come quello di Luís Moreno Campo, presidente della Corte internazionale contro il genocidio ruandese, che ha ben identificato gli elementi di natura giuridica e dei diritti umani che qualificano il genocidio; in questo senso ha sostenuto le ragioni per le quali si è addirittura arrivato a esprimere il Papa. Nella seconda giornata ha preso il via un dibattito parlamentare, cui abbiamo partecipato io e Gianluca Pini della Lega.

Global Forum Armenia - ErevanChe impressione ha avuto della rappresentanza italiana per l’occasione?

Durante il Global Forum, il Parlamento italiano era rappresentato soltanto da me e da Pini. So che nella giornata, in occasione della memoria cerimoniale, si sarebbero riuniti anche i presidenti delle commissioni esteri di Camera e Senato, Casini e Cicchitto, ma qui era completamente assente il Governo italiano. È stata un’assenza molto notata. Direi anzi che è stato un vero e proprio schiaffo alla memoria del genocidio, un atteggiamento pilatesco nei confronti di questa vicenda. Credo che sia per la prima volta il caso di un Governo che si autocensura su questo tema, tenuto conto che nel 2000 il Parlamento italiano aveva approvato non solo una risoluzione che riconosceva il genocidio armeno, ma anche una norma che stabilisce che chi lo nega sia perseguito fino a tre anni di carcere e con diecimila euro di ammenda. Quindi mi piacerebbe sapere cosa ne pensa realmente di questa vicenda il Governo italiano, del perché non si esprima anche nel giorno della ricorrenza. È un fatto che avrà senza alcun dubbio gravi conseguenze.

Il presidente turco Erdogan ha espresso una dura condanna alle parole di Papa Francesco, e ancora oggi in alcuni paesi si mantiene un negazionismo del genocidio. Quali dinamiche politiche e di potere si celano dietro questo atteggiamento?

Resta evidentemente il problema del rapporto con la Turchia, che nella sua ostinata convinzione si mantiene rigida a un’evoluzione sul tema dei diritti umani. Voglio ricordare peraltro che i lavori parlamentari sono stati presieduti dai rappresentanti di Francia, Gran Bretagna e Russia, paesi che all’indomani del genocidio promossero la nascita di commissioni d’inchiesta, oltre a rendersi attori di un convincimento nei confronti della Turchia, affinché promuovesse le corti marziali contro gli autori del genocidio. In realtà io ritengo deleterio l’atteggiamento dei governi che si rifiutano di riconoscere il genocidio armeno, perché lascia nella mente della gente l’idea che ci siano etnie, popoli e religioni che possono essere impunemente perseguitati, e che di loro non si occupano i potenti del mondo.  Nel complicato gioco della ragion di stato c’è sempre un problema più grande a cui guardare che consente di non occuparsi del problema che tutti abbiamo sotto gli occhi. A riguardo, devo riconoscere la linearità e risolutezza della Francia sul tema, in tutti questi anni. E anche dell’Unione europea, che è stata per molti versi più coraggiosa. Sono realmente dispiaciuto della posizione assunta da Renzi, che rivela un’incapacità a tenere la scena sul piano internazionale, che francamente non mi aspettavo.

L’Armenia si trova da sempre a cavallo tra Oriente e Occidente. Che tipo di rapporti potrà mantenere in futuro sia con l’Italia che con l’Unione europea?

In questo momento l’Armenia è ancora incastrata nel problema complesso del Nagorno Karabakh, e vive tra vicini potenti e incombenti come Russia, Iran e Turchia. È giusto quindi che mantenga buone relazioni con tutti, allo stesso tempo riconfermando la sua vocazione naturale; pur essendo il primo Stato del mondo a diventare cristiano, dove il Cristianesimo è diventato religione di Stato, è stata sempre un crocevia di incontri. Quindi tale impianto, anche nel rapporto con la cultura occidentale, non può che essere rafforzato costruendo sempre più ogni giorno un solido legame tra il nostro Paese e l’Armenia. Basta percorrere la strada principale di Erevan per capire ad esempio quanto sia amata l’Italia, con un fiorire di attività commerciali che si rifanno al nostro stile italiano.

Considera raggiunti gli obiettivi della sua trasferta?

Nel modo più assoluto. È stata la riconferma di una storica amicizia con il popolo armeno e con quello della diaspora armena, pari a dieci milioni di persone nel mondo. Un contributo dato alla verità, che nell’ottica di chi come me – da parlamentare europeo, già ministro della Difesa, e da parlamentare italiano – tiene a ricordare al mondo che i diritti umani e della dignità della persona sono il fondamento della pace e del superamento dei conflitti.

Che posizione assumono i Popolari per l’Italia in seguito a questo incontro?

Il tema internazionale è un contributo che il Partito Popolare Europeo ha sempre dato alla causa del genocidio armeno, e ancor più per il fatto che diversi partiti incontrati qui in questi giorni siano legati alla nostra famiglia politica: mi preme dirlo soprattutto da cristiano, da Popolare. È un tema scottante e convincente per le nostre latitudini di pensiero, e lo diventa cento volte di più quando si afferma come prospettiva politica in un contesto difficile come quello dell’area caucasica.

Papa Francesco ha ricordato il genocidio armeno come il primo del ventesimo secolo. Ancora oggi ci sono ritorsioni e violenze di una ideologia politica o religiosa contro altre, come la più recente dell’ISIS. Pensa sia cambiato qualcosa in questo secolo?

Per certi versi non c’è limite all’orrore. Il male è insito nel cuore dell’uomo, la sua fragilità strutturale ne fa l’essere capace di pregare Dio ma capace anche di uccidere i propri simili. Chi pensava di aver visto tutto con i forni crematori di Auschwitz si è dovuto ricredere, perché in una sorta di crescendo rossiniano siamo entrati nel terzo millennio ascoltando il suono cupo dei gulag staliniani, seguiti dall’infame mattanza di Pol Pot in Cambogia, alla strage di Srebrenica, alla vicenda drammatica e infinita del Ruanda, allo sterminio del Darfur, e da ultimo appunto questa follia dell’ISIS. In tutto questo dobbiamo tornare al punto di partenza: sapere che nell’uomo è insito il male, ma con la convinzione di sapere e voler fare bene. E sostenere la convinzione di richiamare l’uomo alla verità della sua storia, cioè che la stessa umanità si legittima fino in fondo costruendo le condizioni per la convivenza civile. Il contrario di questa visione, che è l’ideologia, finisce sempre col fare a pezzi la realtà, lasciando il dubbio che distruggerà anche la vita delle persone.

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