Valbruzzi (Ist. Cattaneo): Bologna, come vota la periferia

In seguito al voto del 4 marzo 2018 sono state pubblicate numerose analisi sulla correlazione tra caratteristiche socio-demografiche degli elettori e le decisioni di voto. Nomisma e Istituto Cattaneo propongono un’Analisi che si differenzia dalle altre per la granularità dei dati utilizzati e, in secondo luogo, per l’ambito territoriale scelto. Lo studio, infatti, analizza le possibili relazioni tra caratteristiche elettori e dinamiche di voto tra il 2013 e il 2018 a partire dalle sezioni di censimento e dai civici riferiti alle sezioni elettorali, per poi aggregarli al livello di aree statistiche. L’ambito territoriale oggetto di analisi è quello delle periferie bolognesi, luoghi in cui, negli ultimi anni, si è generata una domanda “di senso” al quale la politica è chiamata a dare risposte. A supporto nell’analisi Nomisma ha raccolto e sistematizzato i dati georeferenziati relativi alle zone scelte ragionando sull’interpretazione socio-economica delle dinamiche, mentre l’istituto Cattaneo si è focalizzato sui risultati del voto per singola sezione elettorale fornendo l’interpretazione politica. Sull’argomento abbiamo intervistato il curatore dell’analisi Marco Valbruzzi dell’Istituto Cattaneo, nonché ricercatore al Department of Political and social Sciences dell’European University Institute e autore di Primarie. Partecipazione e leadership (BUP, 2005). Nel 2010 ha curato Il potere dell’alternanza con G. Pasquino (BUP) e, nel 2012, con A. Seddone Primarie per il sindaco (Egea). È tra i fondatori diCandidate & Leader Selection.

Dalla vostra ricerca sul voto in periferia a Bologna, si è evidenziato come il PD sia stato premiato nel centro di Bologna (il centro è inteso entro la cinta muraria, NdR) e penalizzato nelle periferie, dove tradizionalmente aveva il suo bacino la sinistra.

Sì, questo è un processo che viene da lontano, la sinistra nasce dai quartieri popolari, rappresenta i territori popolari, ma negli ultimi dieci anni si era progressivamente allontanata dai settori popolari dell’elettorato. Il fattore interessante è che oggi troviamo i territori dentro le città. Se noi andiamo ad analizzare le città territorialmente, vediamo che il PD a Bologna, Roma, Torino, ha iniziato ad avere i suoi punti di forza non più nelle periferie, ma nelle zone centrali, quelle che possiamo definire a traffico limitato. Dentro le mura una porzione di elettorato particolarmente benestante, ovviamente rispetto a quella che vive nelle zone di periferia, si trova a suo agio nel voto al Partito Democratico. E’ il sintomo di una mutazione genetica, elettorale e programmatica, che riesce a dare risposta alle esigenze dei quartieri centrali, ma non riesce più ad intercettare le persone che vivono nei quartieri periferici.

Il ‘non voto’ quanto ha inciso a seconda delle zone? La percentuale è stata identica sia in centro che in periferia o differente? Si tende a dire che gli elettori del PD siano più portati all’astensionismo rispetto a quelli dei M5S e Lega.

Anche questo è interessante, perché abbiamo notato che il non voto ha cominciato a pesare di più in periferia, quel sentimento di esclusione, di perifericità sociale, il senso di non contare nelle scelte, ha inciso sul non voto e la percentuale del ‘non voto’ è stata maggiore nelle zone di periferia.

Quindi la percentuale di voti del M5S e Lega ha attinto in maniera ancora maggiore sui votanti?

Esatto, hanno intercettato tutta una fascia di voto proveniente dai quartieri popolari.

Altro fattore di cui si parla spesso riguardo al voto è la fascia di età dei votanti, pare che gli over 50 premino il PD e le fasce più giovani i M5S e Lega, corrisponde al vero?

E’ vero che i due movimenti riescono ad intercettare il voto giovanile, in realtà l’espansione del Movimento 5 Stelle che è cresciuto dal 2013 lo ha reso un movimento nazionale. Non è più solo un movimento giovanile come è nato, ma ha aggregato fasce di tutta l’età. E’ interessante notare come si sia ribaltato il meccanismo per cui erano i genitori ad indirizzare il voto dei giovani, oggi sono i figli che si uniscono al Movimento 5 Stelle e convincono anche i genitori a votarlo. Siamo in uno scenario totalmente diverso rispetto la vecchia socializzazione della politica, dove si parlava di politica in famiglie ed i genitori influenzavano i figli. Oggi invece, appunto, sono i giovani a portare i genitori, ed anche i nonni dove ci sono, a votare Movimento 5 Stelle. Anche la Lega si è allargata, ma non tanto sui giovani, più sulle fasce dei 30-40 che vivono sulla propria pelle le insicurezze e le paure urbane.

Bologna, oggetto della vostra ricerca, può essere presa come esempio nazionale?

Non so se Bologna è un caso di laboratorio, ma sicuramente le stesse situazioni si verificano in altre grandi città come Roma, confrontando ad esempio i Parioli con Tor Sapienza e Tor Bellamonica, dove c’è proprio un vero crollo per i partiti tradizionali. Ovviamente ogni città ha le sue caratteristiche, dove a volte le periferie stanno in centro come Firenze, parliamo di periferie sociali, non geografiche.

Altro punto che mi ha colpito è stato che la periferia, zona di immigrazione, ha premiato la Lega che fa proprio della lotta all’immigrazione il punto forte del suo programma.

Non so se è strano o paradossale, ma in questo caso è proprio la paura dell’immigrato, del diverso. Gli abitanti delle periferie si sentono minacciati non solo per la propria sicurezza personale, ma anche quella culturale; arriva lo straniero e mi ruba parte del mio patrimonio sociale. Poi c’è la paura economica, l’immigrato non può entrare in competizione con chi abita nel centro, ma con i lavori a basso livello tipici delle periferie.

Negli Stati Uniti i trumpiani accusano i democratici di voler favorire l’immigrazione per ampliare il proprio bacino di voti, la vostra ricerca ha interessato anche questo ambito?

Non abbiamo fatto questo tipo di ricerca, ma quello che abbiamo visto a Bologna ed in Italia è assimilabile a quanto è capitato nelle elezioni americane. Le zone più periferiche come il mid-west, hanno votato Trump per le paure legate all’immigrazione, all’idea di Trump di rimettere l’America al centro. Quindi c’è un filo comune che lega le periferie italiane a quelle americane che hanno votato Trump, le periferie inglesi che hanno votato per la Brexit, quelle catalane che hanno votato per la secessione.

Mi pare che in queste elezioni ci siano state similitudini con il voto francese a Macron di En Marche, avete fatto analisi in questo senso? Le banlieu francesi sono molto simili con le nostre.
No, ma la nostra ricerca parte anche da lì, è un momento di rivolta da parte di chi si sente periferico, quelli che abitano nelle campagne francesi votano per il FN di Le Pen, in Germania per l’estrema destra. Quando prendiamo una città e spacchettiamo il voto notiamo come ci sia una spaccatura tra chi si sente periferico e chi si definisce al centro città.

Fra i vostri grafici ce ne è anche uno relativo al reddito, pare che chi ha un reddito medio, medio-alto, voti Lega. Siamo di fronte una nuova guerra tra ricchi e poveri?

Storicamente la Lega prendeva voti nei quartieri benestanti, ad esempio sui colli bolognesi la Lega già otteneva ottimi risultati. Adesso prendono anche i voti degli operai che prima votavano Partito Democratico, che hanno la paura dell’immigrato che arriva a rubargli il lavoro. Sono quelli che si pongono in opposizione all’establishment e si rivolgono principalmente alla Lega, ed in seconda battuta al Movimento 5 Stelle. All’interno del Partito Democratico quelli che si definiscono ‘operai’ sono una parte minima rispetto quelli che si definiscono ‘dirigenti’. I dirigenti e manager sono oggi la parte più importante dell’elettorato del PD.

Per finire, secondo Lei, le periferie saranno la nuova sfida del nostro paese, non solo dal punto di vista elettorale?

Il tema delle periferie sarà il filone più importante dei prossimi anni, non solo come voto, ma socialmente. La politica dovrà affrontare il problema, ed è interessante che i partiti oggi al governo siano espressione proprio delle periferie; vedremo se quindi riusciranno a risolvere i problemi che li hanno portati al potere. L’altro aspetto è che i partiti tradizionali hanno perso ogni contatto, sede, rappresentanze,  nelle zone periferiche, anche qui sarà interessante vedere come affronteranno il problema.

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