Renzi non è né mai sarà Fanfani

Alcuni commentatori, in modo del tutto superficiale, sono portati a identificare Renzi con Fanfani. Al di là del diverso spessore politico e culturale dei due, assolutamente incomparabili, le loro visioni sono inaccostabili. Solo le loro origini toscane e lo stile aspro e dinamico nel modo di procedere possono accomunarli. Perché, come dicevo, il modo di procedere e i relativi risultati conseguiti sono incompatibili in maniera macroscopica.

Il primo, l’attuale premier, tenta di dare velocemente un assetto istituzionale funzionale a una sua indiscutibile leadership che non accetta condizionamenti. Di qui l’insofferenza verso la minoranza del suo partito, il rifiuto di tutto ciò che gravita nel sociale (movimenti, associazioni, sindacato) che può impedirgli di spostarsi impunemente da sinistra a destra alla ricerca di consensi onnicomprensivi. Un’insofferenza fatta di proclami mediaticamente urlati, progetti non realizzati, cinismo incondizionato, culto mediatico della sua persona, ingiustificabile irruenza giovanilistica, costante individuazione di un nemico da rottamare a ogni costo e con qualunque mezzo. Una visione questa populista, di stampo peronista o gaullista con la differenza che, purtroppo per lui e per fortuna per noi, Renzi non ha lo spessore né dell’uno né dell’altro.

Fanfani, invece, è stato impegnato dal 1954 al 1959 con la sua segreteria Dc in un notevole sforzo organizzativo per fare del partito uno strumento ramificato all’interno della società, un moderno partito di massa basato sulla presenza di quadri attivi e dinamici, guidato dal centro ma non insensibile alle sollecitazioni della base, creatore di consenso utilizzando anche moderni strumenti di comunicazione in un rapporto costante con la realtà sociale del Paese. Una visione questa identica a noi Popolari. Per non parlare poi del suo grande disegno riformistico ispirato in gran parte alle linee del codice di Camaldoli.

Si tratta dunque di due storie diverse, che non hanno nulla in comune. Stiamo attenti a voler accostare ideali, programmi, ragioni di vita assolutamente opposti. Come segretario Fanfani è durato per quattro anni, Renzi non si sa quanto durerà. Dubito che, continuando così, possa eguagliarlo.

Noi Popolari per l’Italia, preoccupati per il deficit di democrazia che si acuisce sempre più in questi giorni, facendo appello all’unità di tutti coloro che si riconoscono nel Partito popolare europeo intendiamo fermamente arrestare questa deriva ponendoci in alternativa a coloro che invece si riconoscono nel Pd e quindi nel socialismo europeo. Possiamo governare insieme, quando le condizioni del Paese lo richiedono come necessità imprescindibile, ma è bene distinguere le identità per evitare di mischiarci con il populismo del sindaco di Firenze. Un proposito rischioso questo nostro? Lascio rispondere Ezra Pound: “Se un uomo non è disponibile a correre qualche rischio per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla o è lui che non vale nulla”.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo è Vicepresidente nazionale dei Popolari per l’Italia]

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