Tunisia: Rivoluzione dei Gelsomini, atto secondo

La Tunisia non conosce ancora la portata della vittoria del Partito Nidaa Tounès, ma il Paese si rende conto dell’immensa occasione che  queste prime elezioni politiche avvenute dopo la destituzione di Zine Al Abdine Ben Ali, nel 2011, le stanno offrendo per portare avanti il lungo cammino verso la Democrazia.

Al di là del risultato, la tenuta di queste elezioni è già di per sé una vittoria democratica di grande valore.  Per quanto concerne l’astensionismo, annunciato come essere un possibile sgradito “ospite” (ci si aspettava un’astensione del 50%, ma alla fine hanno votato il 60% degli aventi diritto), il suo peso  non ha influito sulla portata dell’evento, anche se vi è stata una tangibile flessione rispetto al 2011, con un milione di elettori in meno. Tre anni dopo la caduta di Ben Ali, la vittoria di Nidaa Tounès sembrerebbe, a prima vista, mostrare  che la Tunisia non ha tagliato completamente i ponti con chi aveva collaborato con il regime. In seno alla formazione vincente,  ritroviamo in effetti vecchi dirigenti del “benalismo”, primo tra tutti il leader del movimento nostalgico, Beji Caiid Essebsi, 87 anni, che ha servito prima Burghiba e poi Ben Ali. Qualcuno parla di controrivoluzione di velluto, laddove la giustizia non ha forse fatto sufficientemente la sua parte lasciando a “piede libero” figure di un passato non proprio trasparente e pensa che oggi questo possa costituire un problema, insinuando il tarlo dell’impunità, un’impunità che verrebbe condonata di fatto,o per via legislativa, costituendo un problema per la democrazia. Ma per osservatori più “attenti” questa è stata una cattiva lettura fatta dai media occidentali del risultato di questa elezione. Si dimentica in effetti che 70% dell’elettorato è secolarizzato, che gli elettori non hanno più molta fiducia negli islamisti e che Nidaa Toudès è costituita si, da un’ala conservatrice formata dagli ex RCD ( Partito di Ben Ali), ma anche da un’ala sindacalista e più a sinistra, rappresentata Da Taieb Baccouche. La forza della Tunisia oggi sta proprio nella sua capacità di mediare tra vecchio e nuovo in una continua crescita verso la Democrzia.

I risultati delle elezioni dimostrano il bipolarismo della vita politica tunisina. Da una parte Ennahda, il Partito islamista. Dall’altra Nidaa Tounès, la formazione laica, o più precisamente “secolare con l’accezione anglosassone del termine” come tiene a precisare Baccouche, il Segretario generale del Partito. Durante la campagna elettorale, le forze politiche hanno giocato molto sui sentimenti anti Ennahda che dimostrava la popolazione, e in effetti Nidaa Tounès è riuscita a catalizzare il rigetto per gli islamisti che i tunisini ritengono responsabili per l’instabilità, l’insicurezza e la situazione economica e sociale. Ma il bipolarismo in Tunisia è relativo perché nessun Partito può governare da solo. Il Paese si sta quindi dirigendo verso una coalizione per via delle modalità delle elezioni. Chiunque sia il vincitore, Nidaa o Ennahda, il punto è che la Tunisia avrà bisogno di un Governo di  coalizione nazionale, di un politica consensuale. E’ proprio questo modo di fare politica che ha salvato il Paese da ciò che invece stanno attraversando gli altri Paesi coinvolti dalla Primavera Araba, ha fatto presente il leader di Ennahda, Rached Ghannouchi a cui va il pregio di aver saputo dar prova di saggezza tattica contenendo l’impazienza degli islamisti più radicali, capendo che non era forse un bene per il suo movimento prendere  tutto il potere in un solo colpo. I Fratelli Musulmani in Egitto ne stanno pagano ancora le conseguenze. Nidaa Tounès potrebbe allearsi al suo avversario? In questo momento tutti i giochi sono aperti. I leader dei due partiti si sono visti durante la campagna e un’alleanza sarebbe nell’interesse di tutti.

La giornata del 26 Ottobre è stata molto importante per la Tunisia. I tunisini sono andati a votare i loro Consiglio dei deputati del popolo per cinque anni. Come abbiamo visto, ci sono andati con una proporzione commentata da più parti – chi positivamente, chi negativamente – ma in numero sufficiente per legittimare l’istanza politica e il Governo che andrà a formarsi. È vero che i risultati hanno sancito il bipolarismo, che i piccoli Partiti denigravano e sembravano temere come un flagello per loro. I tunisini non li hanno però ascoltati e hanno consacrato il bipolarismo tra Nidaa e Ennahda. Alla loro lontana periferia ci sono due altri Partiti con i quali dovranno fare i conti ( anche se i voti presi non li rendono sufficientemente pericolosi) e con i quali dovranno condividere il peso della moderazione. Si tratta del Fronte popolare, una coalizione la cui base elettorale forse non riuscirà a costituire anche una base politica abbastanza solida e del Partito Tunisino Libero (PTL) del giovane imprenditore Slim Riahi accusato da qualcuno di arroganza finanziaria, ma che è riuscito a sedurre buona parte dell’elettorato, soprattutto giovanile. Da tenere sott’occhio anche il Partito del giovane tecnocrate Yacine Brahim, l’Afek Tounès, che potrebbe giocare un ruolo importante in futuro. Per quanto riguarda la pletora degli altri partiti ha prevalso il discredito (Partiti “vecchi” o litigiosi o con leader troppo egocentrici)o la semplice selezione naturale (per quei partiti con progetti privi di spessore e senza ideologia).

Il 26 Ottobre è venuta fuori la Tunisia dalla civiltà tre volte millenaria e dotata di un seme di Democrazia ereditato da Cartagine ancora fertile. Queste elezioni hanno sancito un importante passo della società civile tunisina, ma anche un grande progetto di incontro tra un Partito con una maggioranza popolare ancora suscettibile di ampliarsi visto che, non dimentichiamolo, i due terzi dei tunisini non ha votato. La “Troika” (Ennahda, CPR, Ettakol) non ha funzionato e ora la Tunisia non deve cadere nella trappola di un Governo di unità nazionale che sia la sua caricatura, con la sola differenza di avere una base più larga. Un Partito eletto con una maggioranza ha il dovere di attuare il suo programma sulla base di un’ideologia ben delineata. Nidaa sembra avere  la competenza necessaria per condurre il suo mandato: sta a lui ora di vedere con chi allearsi, come preannunciato nel suo programma elettorale, in base ad affinità ideologiche e di condivisione dei valori etici che permetteranno alla Tunisia, soprattutto ai giovani, di avere un vero futuro. I tunisini sanno di aver assistito ad un evento incredibile: la nascita di un polo secolare, non islamista e attivo, che è stato capace di non cadere nella trappola dei brogli, delle manipolazioni, senza esercito che lo spalleggiasse ma che ha vinto grazie all’aiuto delle classi medie e delle elite imprenditoriali che si sono mobilitate per lui.

Culla della Primavera Araba, la Tunisia ha vissuto un altro “D day” importante. Finora è riuscita a smentire la tesi cara ai partigiani dello statu quo nella regione che avevano decretato in una sorta di ipoteca sulla sicurezza del Paese, che qualsiasi cambiamento politico avrebbe aperto la porta verso il caos. Fino ad oggi la Tunisia ha dato prova di avere i nervi saldi. Adesso il Paese ripone le sue speranze nel vedere costituirsi un’Assemblea tanto equilibrata quanto rappresentativa. Una seconda vita per la Rivoluzione dei Gelsomini è forse possibile. Adesso aspettiamo il prossimo appuntamento, tra un mese, che sancirà l’elezione del Presidente della Repubblica. In contrasto con il Presidente uscente, Moncef Marzouki, e con il Presidente dell’Assemblea nazionale costituente, Mustapha Ben Jaafar, il leader di Nidaa Tounès, Eji Caid Essebsi sembra ormai posto sulla rampa di lancio. Secondo gli esperti beneficerà della spinta elettorale di queste politica, anche perché Ennahda non ha presentato nessun candidato ufficiale. Ma anche se ha carte buone in mano, la partita è tutta da giocare.

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