Donadio (Hitrea): la Social Organization è una sfida culturale
Il prossimo 20 novembre a Milano si terrà la prima edizione del Social Organization Day (SOD), un evento organizzato da Hitrea, società del Gruppo GSO Company che dal 1995 si occupa di offrire formazione e supporto alle direzioni HR, in collaborazione con l’Associazione Culturale Luoghi di Relazione e dell’OssCom (Osservatorio sulla Comunicazione dell’Università Cattolica di Milano). Per prepararsi all’evento, abbiamo intervistato Alessandro Donadio, partner Hitrea, che per l’occasione ci darà una prima infarinatura sui concetti alla base della Social Organization o Social Enterprise.
In che modo i social media stanno trasformando le aziende?
I social media si stanno gradualmente affermando anche in ambito aziendale, dove vengono utilizzati al fine di migliorare produttività e collaborazione interna. In questo scenario il web 2.0 è da intendersi come una componente abilitante, che mette a disposizione piattaforme di comunicazione e interazione (i social networks). Per prepararsi ai cambiamenti tuttora in corsa è necessaria una riconfigurazione dei processi organizzativi in chiave collaborativa, volta a superare il tradizionale modello comando-controllo. Il grande challenging non è tanto dunque nella componente tecnologica, ma in quella culturale in quanto il management fatica per definizione a devolvere il suo potere.
Il change agent su cui far leva per mettere in moto la trasformazione social delle aziende è la funzione delle risorse umane (HR), in quanto solo quest’ultima può intervenire sui processi organizzativi sviluppando competenze digital e al contempo presidiando le partnership con l’IT per l’introduzione di nuove piattaforme tecnologiche. Il ruolo delle HR è, quindi, trasversale e copre tutte le diverse funzioni – dal recruitment al training e talent management, passando per la comunicazione interna. Se, come nel caso delle PMI o delle startup, la funzione delle HR non è presente o comunque poco strutturata, si agisce sui ruoli chiave collaterali che possono impattare sul modello e sulla struttura organizzativa.
I social media possono considerarsi come l’evoluzione della intranet aziendale?
I social media costituiscono il cuore del cosiddetto web 2.0, in cui la produzione dei contenuti non è più centralizzata e demandata ai tradizionali gatekeepers ma diffusa tra vecchi e nuovi contributori. Rispetto al passato i contenuti vengono raccolti laddove vengono prodotti, cresce la quantità e la complessità dei contenuti trasferibili. Lo stesso avviene in ambito aziendale, dove, anche se rimane il livello di propagazione 1 a molti, aumenta il numero dei soggetti direttamente e indirettamente coinvolti (le persone vengono invitate interagire, lasciando contributi e commenti utili ad avviare una discussione). Al centro del modello non ci sono più quindi i singoli, ma le reti di persone. Queste ultime devono essere oggetto di un’analisi socio-antropologica, volta ad analizzare le relazioni e i contenuti che le tengono insieme. Tale approccio prevede che si affrontino tre diversi step evolutivi: quella del sapere, del saper fare (ossia provare e sperimentare il modello in un ambiente “protetto”, attraverso per esempio aule di project working) e, infine, del saper essere (il modello appresso deve essere interiorizzato e portato nella vita di tutti i giorni; deve diventare una routine consolidata).
Quanto è importante lo sviluppo di nuove competenze?
La trasformazione in atto nelle aziende contemporanee presuppone lo sviluppo di nuove competenze. Si comincia con la formazione tecnica sull’uso del web e dei device digitali (la maggior parte delle organizzazioni è gestita da persone appartenenti alla precedente generazione, i c.d. Baby Boomers, che salvo eccezioni sono poco avvezzi a questi strumenti). La seconda dimensione è costituita dalle competenze cognitive (pensiamo per esempio alle mail, dove è evidente che le capacità di lettura e scrittura richieste sono completamente diverse rispetto ai media tradizionali e più in generale all’offline). Infine, il terzo livello è rappresentato dalle competenze social, grazie alle quali le HR possono identificare e premiare i migliori contributori, ingaggiare nuove persone e porsi il tema della governance. Tuttavia, perché la trasformazione sia effettiva, queste skills non devono essere di dominio esclusivo di una funzione ma devono essere spalmate su tutti i ruoli organizzativi presenti in azienda (le Risorse Umane sono un’entry point).
Perché esiste ancora una certa resistenza a parlare di social media in azienda?
Come evidenziato da una survey che abbiamo condotto in collaborazione con Osscom, stiamo uscendo dalla fase in cui i manager si chiedevano che cosa fossero i social media. Oggi si chiedono piuttosto che cosa farne e soprattutto come usarli per liberarne appieno il potenziale. In quanto consulenti, il nostro ruolo primario dovrebbe essere quello di accompagnare il cliente, trasferirgli i modelli e le competenze che in futuro, una volta acquisiti, gli permettano di operare in piena autonomia e di comprendere gli eventuali fabbisogni da soddisfare – fosse anche con l’assunzione di nuove risorse.
Una piccola curiosità finale. Il SOD gode del Patrocinio della Fondazione Adriano Olivetti: ci spieghi qual è il legame della Social Organization con la dottrina di matrice olivettiana?
I temi della Social Organization sono fortemente connessi con la Fondazione Olivetti, soprattutto per quanto riguarda le tematiche di promozione del modello manageriale. La dottrina olivettiana delle origini propone, infatti, un modello organizzativo partecipativo, molto sensibile ai bisogni dei dipendenti anche se paternalistico per i tempi moderni (la fabbrica è considerata una grande famiglia, un luogo di aggregazione verso il quale gli operai nutrono un forte senso di appartenenza e affiliazione). Dopo alcuni anni di oscuramento dovuti all’affermarsi del paradigma fordista-taylorista, questo stesso modello sembra finalmente ritornare in auge. Il senso di partecipazione ed engagement nelle aziende è in calo da 15 anni e i social media possono aiutare a superare le rigidità, attivando modalità inedite di collaborazione e interazione; ed ecco che il richiamo a Olivetti e al suo modo di concepire il lavoro viene automatico.
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