Studiare in Europa, quanto costa
L’Europa della conoscenza è già da tempo considerata come un insostituibile fattore di crescita sociale e umano, elemento indispensabile per arricchire e consolidare la cittadinanza europea partendo da una formazione di qualità delle nuove generazioni. In tale direzione, una delle iniziative comunitarie più rilevanti nell’ambito dell’educazione è il Processo di Bologna: si tratta di un accordo avviato nel 1999 tra i ministri dell’istruzione dei paesi dell’Unione, col principale obiettivo di realizzare uno Spazio europeo dell’istruzione superiore.
Questo processo di riforma mira a una riorganizzazione in chiave europea delle politiche sull’istruzione tramite la condivisione di precisi punti cardine concordati da tutti i paesi membri dell’UE, senza tuttavia voler influire sull’autonomia né sulle politiche dell’istruzione nazionali.
In base a un recente studio condotto da Eurydice, la rete di informazione sull’istruzione in Europa, risulta ad oggi una disomogeneità evidente nell’accesso agli studi nei vari paesi europei, soprattutto per quanto riguarda i costi delle tasse universitarie. Dalle analisi emerge che il Regno Unito sia la nazione con le rette annuali più alte d’Europa, con cifre che arrivano fino a 9000 sterline l’anno: tuttavia il sistema prevede che gli studenti paghino soltanto dopo la laurea, quando avranno già ottenuto uno stipendio minimo oltre una precisa soglia.
In questo panorama internazionale, i “primi della classe” sono però i paesi scandinavi, accompagnati da Germania, Grecia, Malta, Cipro e Turchia. Qui gli studenti non pagano alcun tipo di tassa per frequentare i corsi e sostenere gli esami universitari: un importante incentivo allo studio dunque, accompagnato in alcuni casi da borse di studio fornite a quasi tutti gli studenti, come nel caso della Norvegia, che consente ai giovani di amministrare una sorta di “stipendio” per vivere e non gravare sulle finanze della famiglia di origine.
I risultati dell’indagine classificano l’Italia come un paese con tassazioni universitarie relativamente elevate, che oscillano tra i 1,000 e i 5,000 euro l’anno; situazioni simili si ritrovano in Irlanda, Paesi Bassi, Slovenia, Ungheria e Lituania. Si tratta di sistemi in cui a ogni studente è richiesto il pagamento di una retta fissa obbligatoria, con agevolazioni correlate al merito e alle necessità economiche.
In Estonia vige da alcuni anni un regime innovativo, che correla l’ammontare delle tasse ai risultati ottenuti: pagano solo quegli studenti che non riescono a mantenersi al passo con gli studi, non maturando il numero minimo di crediti. In Spagna invece i conti salati arrivano per chi viene rimandato durante un esame: si può arrivare anche a 800 euro per ripetere più di una volta l’iscrizione all’appello.
L’accesso all’istruzione superiore in Europa risente ancora di regolamentazioni ancora troppo caratterizzate nazionalmente, ostacolando le possibilità che avrebbero di giovani di formarsi presso gli istituti di paesi che ritengono particolarmente utili al proprio futuro. Tuttavia, gli effetti positivi del processo di Bologna segnano l’avvio di un percorso virtuoso che potrebbe fra qualche anno equiparare i sistemi in un unico spazio condiviso della conoscenza.
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