Disastri maltempo, non è solo colpa degli eventi meteo
“Ci sono vent’anni di politiche del territorio da rottamare”. Entra a gamba tesa il premier Matteo Renzi nella polemica con le Regioni sui danni causati dal maltempo. Nei giorni scorsi, con la Liguria ancora in ginocchio e Milano completamente allagata, invece di risposte concrete governo e Regioni litigano. Renzi da Sidney ha commentato così l’ipotesi di sforare il patto di stabilità: “Quando come primo atto di governo ho costituto un’unità di missione contro il dissesto idrogeologico mi hanno deriso. Ora spero sia chiaro il motivo”.
La polemica è servita. A tenere i toni alti ci pensa il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando: “Il problema del territorio di cui parla il presidente del Consiglio – ha detto – è legato anche ai condoni edilizi. Non li ha fatti il premier e non li abbiamo fatti noi, ma sono stati fatti a Roma. Tre condoni in 30 anni”. La replica di Renzi è piccata: “Non parlino di condoni a me, io ho fatto un piano a volumi zero. Ora pensiamo a mettere a posto i danni”. Il governatore della Liguria ha quantificato in un miliardo di euro il valore dei danni causati dalla furia del maltempo. Sono 300 – ha aggiunto Burlando – le strade interrotte da frane e cedimenti di carreggiate. Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, da Twitter ha precisato come “ci sia urgenza di procedere” e sulla Liguria serve “riconoscere una specificità in questo Paese ferito”. Il patto di stabilità “non deve essere un problema soprattutto per quelle realtà in piena emergenza”, ha concluso Delrio.
Pioggia straordinaria, certo, ma quanto si poteva e si può fare per mettere in sicurezza zone a rischio? “Il sindaco di Genova dovrebbe chiamare le ruspe e abbattere interi quartieri”. A dirlo è il geologo del Cnr, Fabio Luino, in un’intervista a La Stampa. “Purtroppo non ci sono altre soluzioni, oppure bisogna sperare che non piova mai più”. Per Erasmo D’Angelis, capo della missione voluta dal premier Renzi contro il dissesto idrogeologico, negli ultimi anni “sono stati sprecati 2,3 miliardi per opere urgenti, uno scandalo”. Soldi stanziati per mettere in sicurezza quartieri e zone a rischio, per cercare di arginare le situazioni di emergenza e che, invece, non sono mai stati impiegati. Dal 2009 il ministero dell’Ambiente ha finanziato opere per 2 miliardi di euro ma i lavori iniziati coprono a malapena la metà dei fondi. Tempi tecnici, burocrazia che rallenta e contenziosi giudiziari come nel caso del torrente Bisagno a Genova. Difficile capire, però, il motivo per cui non sono state avviate neanche le opere minori, quelle previste nei dieci anni precedenti, per un totale di oltre 200 milioni.
L’elenco è lungo, infinito. Un esempio su tutti: il Comune di Camaiore, in Toscana, su dieci progetti finanziati per circa 800mila euro quindici anni fa, non ne ha completato neanche uno. E a Napoli, tanto per proseguire l’elenco, sono serviti dodici anni per avere il progetto del primo lotto di sistemazione della frana in località Costone San Martino. Nel 2002 l’intervento era stato definito “urgente” e finanziato con 5 milioni di euro. I lavori di messa in sicurezza non sono mai iniziati e i soldi sono finiti chissà dove. Nel 2002 a Chiavari sono arrivati i primi otto milioni per sistemare gli argini del fiume Entella, per evitare altre alluvioni. Nel 2013, dopo undici anni, è arrivato il parere favorevole della Conferenza dei servizi, l’organo che riunisce tutti gli enti coinvolti.
Adesso partiranno gli appalti, forse. Appellarsi solo alla straordinarietà di eventi atmosferici, in caso di disastri, a questo punto risulta impossibile.
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