Italia e Strategia Europa 2020

A seguito della crisi mondiale da cui ancora non si è usciti, la UE ha ideato una strategia volta ad attuare nel periodo 2014-2020 una fase di ammodernamento e crescita economico-sociale volta a superare i limiti del Trattato di Lisbona. Gli obiettivi individuati sono di una crescita ad alto livello qualitativo, sostenibile dal punto di vista ambientale e con un deciso aumento del tasso occupazionale. Su queste basi, annualmente la Commissione europea elabora per ciascuno Stato membro un documento analitico in cui fotografa la situazione ed individua i provvedimenti necessari da adottare a livello nazionale per giungere al target programmato nell’arco dei successivi 18 mesi. Il documento rispecchia i problemi specifici che lo Stato membro deve affrontare e prende in esame un’ampia gamma di aspetti: stato delle finanze pubbliche, riforma delle pensioni, misure per creare nuovi posti di lavoro e combattere la disoccupazione, sfide nel campo dell’istruzione e dell’innovazione, ecc.  L’adozione dei correttivi necessari è demandato al Consiglio Europeo dove siedono i Primi ministri degli stati membri.

Riguardo all’Italia, la Commissione ha segnalato problemi nell’elevato debito pubblico e nella perdita di competitività esterna, la scarsa crescita crea i principali squilibri macroeconomici dell’economia italiana. Fra l’altro questi dati non comprendono ancora gli ultimi dati che hanno portato il nostro paese ad essere l’unico, con Cipro, in zona negativa. I provvedimenti finora attuati non hanno dato i risultati auspicati, la spending review di Cottarelli è stata spazzata via dal cambio di guida al governo del paese ed il lavoro di studio fatto dall’ex tecnico del FMI ha seguito Enrico Letta nell’oblio. Purtroppo non si sono viste poste sostitutive atte a correggere i problemi strutturali e sistemici che affliggono il paese. Il deficit che macina nuovi record ogni mese, uno dei punti deboli esposti per il nostro paese riguardo la Strategia 2020, non è assalito da nessuna misura messa in cantiere dal governo. Il bonus degli 80 euro così come è stato concepito, secondo i dati Istat non ha portato nessun aumento della spesa da parte dei consumatori, gli economisti d’altronde lo avevano previsto in tempi non sospetti. Gli 8 miliardi spesi in questo modo sono andati a debito senza generare aumenti di Pil e dei 36 miliardi che compongono la finanziari in corso di varo, ben 11 sono a debito.

Tra le sei raccomandazioni che la Commissione Europea ha formulato per consigliare all’Italia un percorso che la porti al raggiungimento dei target, oltre l’elevato debito troviamo la scarsa efficienza del sistema amministrativo, un sistema giudiziario inadeguato ed una complicata situazione imprenditoriale. L’Italia ha adottato provvedimenti ambiziosi e di vasta portata per migliorare questi settori, ma per ora si rimane ancora in una fase embrionale e/o legislativa senza effettive riforme portino i loro frutti. Un altro punto dolente su cui si sono fermati gli appunti europei, è la  corruzione, come si è visto recentemente anche con l’affaire Expo,  resta una grande sfida che richiede interventi per rafforzare il quadro giuridico esistente per la sua repressione.

Un altro problema rilevato riguarda il settore bancario, anche qui la raccomandazione non comprende il recente risultato degli stress test che avrebbe ulteriormente aggravato il giudizio da parte della Commissione. La capacità di sostenere l’attività economica, un aspetto critico se si considera il ruolo centrale svolto dalle banche nel finanziamento delle imprese, è intaccato dal problema dei prestiti in sofferenza e dalla scarsa capitalizzazione delle stesse. Un fattore che affonda le radici anche nella tipologia di governance alla base di molte di esse e senza considerare il nodo delle Fondazioni, tuttora irrisolto. Andrebbe inoltre migliorato l’accesso al credito e a strumenti alternativi a quelli bancari per promuovere l’innovazione e la crescita delle imprese che non hanno accesso diretto al mercato finanziario tramite la Borsa

Il raggiungimento del target occupazionale appare affidato più a speranze che a fatti concreti. Individuata una fascia da 20 a 64 anni su cui operare l’analisi e stabilire i target, la Commissione ha posto l’asticella da raggiungere al 75% della popolazione in questa fascia d’età. I dati consolidati al 2013 segnano un 70% a livello europeo ed un misero 61% per quello nazionale, l’obiettivo da raggiungere come primo step per l’Italia si colloca tra il 64 ed il 69%, immaginare che il Jobs Act possa portare ad un aumento così repentino in pochi mesi è qualcosa che assomiglia molto ad affidarsi all’italico stellone più che ad analisi tecniche. Sul mercato del lavoro si innesta il deficit qualitativo sistemico e storico sulla qualità del livello di istruzione in Italia, che rimane basso. Azioni mirate per migliorare la situazione attuale sono una priorità.

Il sistema fiscale italiano resta complesso e soffre di elevati livelli di evasione. Spostare l’onere fiscale sul consumo, i beni e l’ambiente, in modo da ridurre la pressione fiscale sul lavoro e i capitali, senza incidere sul gettito, è essenziale per promuovere la crescita economica e la competitività. Affrontare il problema dell’economia sommersa e del lavoro nero migliorerebbe l’efficienza complessiva del sistema rendendolo più equo. Anche qui duole rilevare come invece di spostare la fiscalità dal settore delle imposte dirette ai consumi, si siano semplicemente aumentate tasse sui consumi andando a creare deflazione piuttosto che equità sociale e lotta all’evasione.

L’apertura dei mercati dei servizi e di rete alla concorrenza in modo da migliorare i servizi ed abbattere i costi a carico dei consumatori stimolando quindi la ripresa non ha finora sortito risultati. I costi dei trasporti e dell’energia ad esempio rimangono molto più elevati e gravati di oneri impropri, il ventilato inserimento del Canone TV nella bolletta elettrica è solo l’ultimo caso di distonia tra annunci e realtà. A fronte di un’agricoltura che paga costi di trasporto al top in Europa e di aziende che affrontano costi energetici insostenibili in un’economia globale, una sfoltita alla miriade di accise storiche che gravano sul prezzo finale dei carburanti e di costi impropri assimilabili alla trasformazione dei fornitori di servizi in sostituti d’imposta, avrebbero effetti benefici, anche in termini di generazione di fiducia da parte degli stakeholder, molto più elevati rispetto alla distribuzione più o meno occasionale di elargizioni.

Anche la riforma degli ordini e degli albi professionali, cosa che ha pochi riscontri oltre frontiera, è tra i consigli della Commissione, ma anche qui ai tanti buoni propositi espressi non sono seguite effettive azioni mirate alla rottura di monopoli medievali.

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