Assolto Mubarak, l’Egitto torna alla casella di partenza?
Mubarak scagionato, al-Sissi commenta: “il nuovo Egitto non potrà mai tornare indietro”. Il Presidente ha assicurato che il suo Paese avrebbe continuato a guardare al futuro, malgrado la controversa decisione di far cadere l’accusa di omicidio nei confronti dell’ex Capo di Stato, Hosni Mubarak. Ma la sensazione è che la rivoluzione sia stata cancellata con un colpo di spugna e che si sia tornati alla casella di partenza.
“Il nuovo Egitto, che è il risultato delle due rivoluzioni del 25 Gennaio (2011) e 30 Giugno (2013), sta andando nella direzione dell’insediamento di uno Stato democratico e moderno, fondato sulla giustizia, la libertà, l’eguaglianza e la lotta contro la corruzione”, ha affermato Abdel Fatah al-Sissi, secondo un comunicato diffuso Domenica 30 Novembre dalla Presidenza. “Questo nuovo Egitto – ha assicurato il Presidente – guarda verso il futuro, e non potrebbe mai tornare indietro”. Abdel Fatah al-Sissi si è pronunciato all’indomani della decisione presa dalla magistratura nei confronti dell’ex Rais di 86 anni, che veniva processato per il ruolo avuto nella repressione delle manifestazioni fiume del Gennaio-Febbraio 2011, che hanno messo fine ai suoi 30 anni di potere, e durante le quali più di 846 persone sono state uccise. Il tribunale ha fatto cadere l’accusa contro Mubarak per la complicità negli omicidi, ma lo ha anche prosciolto dalle accuse di corruzione.
Al-Sissi ha fatto presente che non poteva commentare questa decisione, insistendo spesso le autorità egiziane sull’”indipendenza della magistratura”. Il Presidente ha anche ordinato al Governo di rivedere i compensi erogati alle “famiglie dei martiri e dei feriti della rivoluzione” del 2011. Ha chiesto al comitato legislativo di studiare la riforma del Codice Penale proposte dal tribunale di Hosni Mubarak, che ha fatto notare che le accuse contro l’ex Presidente erano cadute per via di oscuri punti procedurali. Dopo l’annuncio delle decisione, un migliaio di manifestanti si sono riuniti a Piazza Tahrir al Cairo, epicentro delle rivolta del 2011, per denunciarla. Militanti e difensori dei diritti umani accusano regolarmente Abdel Fattah al-Sissi, architetto della destituzione dell’islamista Mohamed Morsi nel Luglio del 2013, di aver istaurato un regime ancora più autoritario di quello di Mubarak. Dalla destituzione di Morsi, almeno 1400 dei suoi simpatizzanti sono stati uccisi, la maggior parte manifestanti. Più di 15mila persone sono incarcerate mentre centinaia di pro Morsi sono stati condannati a morte in processi di massa sommari, chiusi in pochi minuti. Il potere se l’è anche presa con l’opposizione laica e di sinistra, arrestando centinaia di giovani per aver infranto la controversa legge che limita il diritto di manifestare.
Questo processo era l’ultima speranza che avevano coloro che non si erano sottomessi. Dopo essersi fatti brutalmente cacciare dalle piazze, dopo essere stati disillusi durante la parentesi del “Fratello” Morsi, dopo aver perso il loro diritto di manifestare con al-Sissi il militare, si aggrappavano con discrezione al sogno di veder Mubarak condannato per la violenta repressione perpetrata contro i manifestanti che portarono alla sua caduta. La decisione di scagionarlo è stata per loro come un taglio netto di ghigliottina sulla rivoluzione. Sembra che i giornalisti “nostalgici” presenti nell’aula di Tribunale si siano lasciati andare a grida di gioia, scandendo le seguenti parole: “di la verità, sii audace, Hosni Mubarak è innocente!”. Per Fari del-Deeb, l’avvocato dell’ex Rais, questo verdetto dimostra “l’integrità” del regime dell’ex Presidente. Fuori dall’edificio, dove stazionava qualche rivoluzionario disincantato, l’atmosfera era carica di collera scoppiata in tafferugli tra polizia e manifestanti, laici e appartenenti all’ormai clandestina confraternita dei Fratelli musulmani, riuniti e confinati in una blindata Piazza Tahrir. C’è stato un morto. La cosa strana è che al di là di Piazza Tahrir, messa sotto altissima sorveglianza, il Cairo era relativamente tranquillo Sabato scorso. Ma ci si chiede: fino a quando? Perché il sentimento di ingiustizia, al quale si aggiunge una repressione sempre più forte, sembra spingere qualcuno alla radicalizzazione. Agendo così, il regime dà alla gente tutti i motivi per non credere più in un cambiamento politico e pacifico, tentando il popolo ad usare la violenza.
Mentre Mubarak veniva scagionato per la morte di 846 oppositori, 78 adolescenti venivano condannati dai 2 ai 5 anni di carcere per aver manifestato. Peggio ancora. Se Mubarak rimane momentaneamente agli arresti in un ospedale militare del Cairo (dove sta scontando tre anni per un altro caso di corruzione), sembra che possa presto beneficiare di una liberazione anticipata per aver già scontato i due terzi della pena. Il verdetto emanato nei suoi confronti sembra aver un valore altamente simbolico, che mostra una magistratura selettiva, più preoccupata a sanzionare gli oppositori che a far rispettare la legge. I 78 minori sono stati condannati per aver bloccato delle strade e per la loro vicinanza alla confraternita dei Fratelli Musulmani, dichiarati “terroristi” dalle autorità. Con questa “pantomima giudiziaria” come è stata definita da alcuni esperti, il regime non sembra neanche più voler salvare le apparenze: il regime di Mubarak è stato in parte riabilitato nell’opinione pubblica ed è stato accolto nell’indifferenza. O forse sì, una parvenza di legittimità sta forse nella richiesta del Procuratore generale egiziano che ha deciso di impugnare il verdetto invocando dei “vizi procedurali”, anche se in realtà questa mossa era attesa da tutti perché parte integrante del diritto egiziano. Ma rimane il fatto che la voglia di cambiamento scatenata dalla rivoluzione sembra essersi tristemente spenta.
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