Energia e ambiente, gli impegni con l’Europa
L’Italia è uno dei paesi più duramente colpiti dai mutamenti climatici, la poca cura del territorio che è, purtroppo, patrimonio generazionale del nostro paese, è aggravata dal fatto che le temperature medie sono aumentate più della media mondiale. Il mar Mediterraneo ha registrato un aumento di 0,6° ogni decennio, mentre i ghiacciai alpini sono diminuiti del 55%, tutti questi mutamenti hanno portato agli eventi funesti, come alluvioni e frane, di cui siamo stati testimoni ultimamente.
Nella sessione primaverile del 2007 il Consiglio Europeo ha stabilito di intraprendere iniziative unilaterali che portino ad una economia a basso contenuto di carbonio con lo sviluppo di politiche energetiche che portino ad una forte lotta ai cambiamenti climatici. Un primo target è stato posto al 2020, prevedendo di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra del 20% rispetto ai livelli del 1990, con la possibilità di portare la quota al 30% nel caso di accordi programmatici a più forte impatto. Una riduzione del 20% dei consumi energetici; di portare la produzione di energia da fonti rinnovabili al 20% per coprire il fabbisogno energetico della UE; di migrare una quantità del 10% del combustibile usato nel settore trasporti a biocombustibili.
Ad integrazione di quanto disposto è stato previsto un quadro relativo alla tecnologia di cattura e sequestro del carbonio, sempre obiettivo 2020. Successivamente la Commissione Europea ha adottato lo scorso 22 gennaio, la Comunicazione sul “Quadro Clima-Energia 2030” che va ad analizzare e valutare i risultati del pacchetto 2008-2020. La Commissione si pone il traguardo, al 2030, di una riduzione del 32% delle emissioni e del 24% di fonti rinnovabili, le ricadute occupazioni di queste innovazioni tecnologiche sono valutate in 4,2 milioni di posti di lavoro nell’ambito delle eco-industrie in base ai dati Eurostat. Il raggiungimento degli obiettivi 2030 porterebbe ad una significativa riduzione dei gas serra del 40% a livello europeo, inoltre viene stabilito un target, vincolante, del 27% di produzione di energia da fonti rinnovabili.
I numeri possono anche apparire insufficienti rispetto alle aspettative, ma la real-politik si basa sul compromesso raggiunto dagli stati membri, che hanno visioni non sempre identiche sul tema ambientale. Il target sulle rinnovabili è lasciato alla sensibilità di ciascuno stato e non è stato deciso un vincolo normativo, la governance sull’argomento assicurerà comunque una coerenza degli stati rispetto all’obiettivo UE.
Le decisioni del Consiglio hanno portato al varo del “pacchetto clima-energia”, una serie di direttive che sono andate a sfociare nella decisione Effort Sharing e nella direttiva Emission Trading. La prima ripartisce tra gli stati membri la riduzione delle emissioni di gars serra per i settori agricoltura, trasporti, residenziale e civile. La seconda istituisce il mercato comunitario delle quote di gas serra o EU ETS. Per cercare di semplificare un argomento sicuramente ostico, in pratica, a partire dal 2013, solo alcuni settori, tipicamente i manifatturieri, potranno beneficiare del “permesso” di produrre gas serra a titolo gratuito. Il settore termoelettrico dovrà invece “acquistare” quote di emissione all’asta o sul mercato. Una quota rappresenta una tonnellata di CO2 che l’operatore titolare del diritto può rilasciare gratuitamente nell’atmosfera. Qualora l’operatore emetta un numero maggiore di quote durante l’anno, deve acquistarle, all’opposto se ne consuma meno, le può rivendere. Tramite la leva economica si cerca di incentivare un uso corretto delle risorse e dei sistemi andando a penalizzare i consumi extra-quota, questo dovrebbe invitare gli stakeholders a massimizzare l’efficienza dei propri impianti e catene di lavoro. Lo scorso 23 ottobre 2014 il Consiglio europeo ha approvato l’obiettivo vincolante di ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra di almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990. Per raggiungere questo obiettivo, è stata proposta una riforma dell’Eu Ets che prevede l’inclusione di un meccanismo di stabilizzazione del mercato del carbonio europeo, al fine di rendere tale mercato il principale strumento per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni. La principale riforma dell’Eu Ets sarà infatti l’inclusione, nel 2021, di una Market Stability Reserve (Msr). Questo strumento dovrebbe regolare automaticamente il volume annuo di permessi di emissioni disponibili sul mercato. Un prezzo del carbonio stabilmente crescente rappresenterà un chiaro segnale di lungo termine per gli investitori, che saranno incentivati a muovere verso lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie pulite.
Altri aspetti da valutare nel campo energetico sono la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, la diversificazione delle fonti di energia, sia per quanto riguarda le regioni d’origine che la logistica. Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda la stabilità delle reti e la risoluzione degli attuali problemi legati all’intermittenza e alla variabilità dell’energia elettrica prodotta dalle fonti rinnovabili. Questo richiama quindi l’esigenza di adeguare le infrastrutture.
L’Italia ha ridotto del 6% le emissioni di gas serra nel 2013 rispetto al 2012, questo si è ottenuto riducendo la componente di combustibili fossili, -5% il petrolio, -6% il gas, -14% il carbone. Sicuramente ha inciso la contrazione dell’1,8% del Pil, la crisi comporta sempre un calo dei consumi energetici andando ad incidere sulla capacità di spesa delle famiglie e con la chiusura di impianti industriali. Stando ai numeri, al momento, l’Italia è in linea con i parametri adottati rispetto al protocollo di Kyoto riducendo le emissioni del 7,8% rispetto al 1990 (previsto -6,5%), oltre il rispetto di quanto previsto sulle emissioni, anche il target sulle rinnovabili del 17% appare alla portata essendo già ora al 14%.
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