Gli studiosi contro la mostra di Sgarbi
Bologna – L’esposizione “Da Cimabue a Morandi. Felsina Pittrice. Dedicata a Roberto Longhi”, che vede lo storico e critico d’arte Vittorio Sgarbi nei panni di ideatore e curatore, non s’ha da fare. Daniele Benati, presidente dell’associazione Italia Nostra Bologna e professore all’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, si oppone ai prestiti annunciati in occasione della Rassegna, presso Palazzo Fava, Bologna, dal 14 febbraio prossimo. L’ennesima raccolta firme miete studiosi del settore, nazionali e internazionali. Sgarbi non si risparmia: il 5 dicembre, prima diffondendo ai giornali un comunicato stampa, poi in maniera più triviale che si addice al programma di Radio 24, “La Zanzara”.
Sgarbi è stato incaricato da Fondazione CARISBO (Cassa di Risparmio di Bologna) e da “Genus Bononiae: Musei nella Città”, per la Sua sede di Palazzo Fava, affrescato dai Carracci e centro interamente destinato a eventi ed esposizioni. L’ex-rettore Fabio Roversi Monaco, prima in qualità di presidente della Fondazione CARISBO e poi in quella di responsabile dei musei Genus Bononiae, ha affidato negli anni l’organizzazione di mostre a figure quali Philippe Daverio, Marco Goldin, e ora a Sgarbi. Soffia vento di tempesta, dove c’è Sgarbi; eppure Lui, questa volta, se ne era stato buono, buono.
Nell’appello indirizzato ai funzionari MiBACT, il Ministro Dario Franceschini e il Soprintendente Luigi Ficacci, Benati afferma: “La rassegna è priva di alcun disegno storico e della benché minima motivazione scientifica, un insulto alle opere, trattate come soprammobili, all’intelligenza del pubblico; alla memoria di Longhi e Arcangeli – e naturalmente un attacco ai musei, con la colpevole connivenza di chi li dirige.” È un poco radicale ed esagerato questo commento, in quanto Benati non è di fatto estraneo alla situazione; che poi insorgano interessi personali questo è un altro discorso.
La Mostra indaga in un campo di competenza in parte comune a quello di Benati, specialista dell’arte emiliano-romagnola. E molto probabilmente a Benati, figlio della Dotta, avrebbe fatto più che piacere curare una mostra simile. Sgarbi, che non è il primo forestiero a intervenire in casa Genus Bononiae (come già menzionato), si pronuncia in proposito, parlando di «Lobby bolognese dell’Università, a cui dà fastidio che io agisca su materie che considerano loro». “L’esempio più clamoroso – dichiara Sgarbi – è Anna Ottani Cavina che il giorno prima dell’appello aveva manifestato il suo plauso per l’esposizione di Cimabue, normalmente esposto in una cappella, di difficile accesso, di Santa Maria dei Servi.”
E ancora Sgarbi, durante “La Zanzara”, dice di Benati: “È un mercante che fa perizie a pagamento, è al soldo dell’antiquario Fondantico: perché non ha detto nulla quando due anni fa l'”Estasi di Santa Cecilia” è andato in un’altra mostra? Trovo strano che chi fa expertise poi difenda il patrimonio italiano. I 128 firmatari sono solo scimmie, in realtà Benati è disperato perché gli ho scippato la mostra.” Benati gli risponde: “Le farneticazioni di Sgarbi le conosciamo da anni e servono a buttare sul piano dell’insulto personale e gratuito una polemica nata con fini che finge di ignorare.” Benati sventola la bandiera di Italia Nostra, in favore dei «musei cittadini, espropriati dei loro dipinti più importanti per figurare in una mostra-show di “capolavori” allestita in una sede semiprivata».
Ma, prima che la querelle cada nell’ovvia prevedibilità dello Sgarbi-cane-sciolto, animale da talk show, è il caso di dare a Sgarbi ciò che è di Sgarbi. Sgarbi fa luce su ciò che Benati ignora: i rapporti tra il MiBACT, la Fondazione CARISBO e l’Accademia di Bologna. Difatti, il trasferimento a Palazzo Fava dell’“Estasi di Santa Cecilia” di Raffaello è determinato dal comune impegno per ristrutturare le sale della Pinacoteca che ospitano il dipinto. Si tratta di “fare rete”, e anche di rivalutare capolavori altrimenti difficili da visitare. Tutto il patrimonio bolognese, nei musei e nelle chiese, è di prassi sottostimato e poco visitato.
Con l’appoggio del direttore dell’Istituzione Musei di Bologna Gianfranco Maraniello e di Mina Gregori, storica dell’arte, allieva di Roberto Longhi e presidente della Fondazione Longhi, la rassegna di Sgarbi si farà. Prenderà come punto di partenza la raccolta di saggi di Longhi, appunto “Da Cimabue a Morandi” (1978), per poi passare per il testo-chiave “Felsina Pittrice: Vite de’ Pittori Bolognesi” (1678) di Carlo Cesare Malvasia; e concludersi attraversando, più o meno forzatamente, lo scritto “Giorgio Morandi” (2007, stesura inedita), ad opera del maestro di Sgarbi, il bolognese Francesco Arcangeli. Arcangeli è stato a lungo visto come “eretico”, un pasticcione, per avere accostato tra loro artisti come Jackson Pollock, Jean Fautrier e Giorgio Morandi. Arcangeli venne incaricato dallo stesso Morandi di stendere una monografia della propria opera; Morandi arrivò a sfiduciarlo e a criticarlo pesantemente.
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